Chiesa di San Giovanni Maggiore Napoli

E' una chiesa di Napoli inglobata nel fitto edilizio del Sedile di Porto, con facciata prospisciente l'omonimo emiciclo sul quale si apre anche il Palazzo Filomarino.

E' di giurisdizione alla vicinissima chiesa di Santa Maria dell'Aiuto e la sua storia è segnata da gravi dissesti strutturali incisi dai terremoti e dagli incendi, a cui si è aggiunto il reiterato, vandalico saccheggio delle opere d'arte che in esse venivano custodite dovuto alla lunga chiusura al culto del monumento.


Afflitta dai gravissimi dissesti alla struttura dal terremoto del 1980 e benché in minima parte anche dal sisma del febbraio del 1981, è stata oggetto di recupero architettonico avviato dall'Arcidiocesi di Napoli e solo nel gennaio del 2012, col contributo del Comune è stata restituita alla città in occasione della Giornata Italiana della Memoria sulla Shoah.


Fu realizzato a partire dal 1980 un programma di recupero della Basilica da parte delle Soprintendenze napoletane – l’Archeologica, l’Architettonica, quella ai Beni storico- artistici ed etnoantropologici -, che ha permesso di ricomporne, in linea generale, i tratti peculiari, sia dal punto di vista architettonico che storico- artistico.

In tutti gli interventi conservativi si è posto il problema metodologico di scegliere, tra le numerose stratificazioni, la facies da conservare.
Le complesse modifiche intervenute nei secoli sedicesimo, diciassettesimo, diciottesimo e diciannovesimo ne hanno infatti alterato in maniera irreversibile l’aspetto paleocristiano, e conservato scarse tracce di quello medioevale e barocco, e pertanto a causa dell’eterogeneità degli stili architettonici e delle superstiti testimonianze artistiche, i vari restauri sono stati effettuati nel rispetto delle emergenze di singole zone e di singoli oggetti.

I lavori principali, eseguiti fin dal 1978 sono stati:
  • rimozione del tetto originale, sostituito e completato con l’attuale controsoffittatura in legno;
  • consolidamento e restauro dell’abside e dell’intradosso della volta di copertura;
  • campagne di scavo archeologico documentate da rilievi grafici e fotografici;
  • consolidamento del piano ipogeo e delle volte di copertura dello stesso;
  • consolidamento della cupola;
  • restauro delle pertinenze decorative, degli altari e sculture in stucco ed in legno del Cappellone del Crocifisso, dei dipinti murali, delle lapidi e dei monumenti funerari terragni ed a parete nelle cappelle laterali;
  • recupero dell’intera decorazione parietale a fintomarmo, presumibilmente risalente alla fine del XIX secolo;
  • restauro dei ben mobili;
  • restauro della Congrega del LXVI Sacerdoti, della Congrega del SS. Sacramento e dell’ambiente a destra dell’abside.
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Storia brevissima della chiesa di San Giovanni Maggiore.

I lavori nella Basilica nel giorno della riapertura al pubblico, il 27 gennaio del 2012 poterono considerarsi in larga misura conclusi, sebbene rimaste ancora delle zone del monumento da mettere definitivamente a punto.

  • Il D'Engenio univocamente al De Lellis assicura sulla base di scritture private, mai date alle stampe, quindi probabilmente espunte dai memorandum sulle Cancellerie angioine ed aragonesi dell'Archivio di Stato al Monastero dei Santi Severino e Sossio, che la chiesa di San Giovanni Maggiore sorge sulle vestigia di una prima forma di tempio pagano, individuato con la locuzione secentesca di tempio dedicato ai falsi numi, fondato dal gruppo più vicino all'imperatore Adriano Augusto di stanza sulla Baia di Napoli, ivi residenti in avamposto ai di Matromania e dell'Arsenale sull'isola di Capri. E nel tentativo medesimo di dar retta a quest'ipotesi che è verosimile credere sia stata eretta in posizione favorevole al panorama libero sulla destra del portale che si poteva godere fino alla fine del Seicento, aperto sulla baia, con a Ponente il sistema delle isole destinate a dimora degli ultimi imperatori di Roma. Successivamente si è posta la tesi secondo cui, la chiesa sia stata rigenerata sacra a San Giovanni il Battista e la Santa Lucia Vergine e Martire per volere di Costantino il Grande e sua figlia Costanza all'avvento nell'episcopato napoletano del Rito romano su quello greco, in luogo del dominio della Chiesa di Roma da esercitare sulle terre a Sud dell'Italia citeriore contro l'insediamento disperso dei Normanni forti dell'esperienza della Chiesa di Bisanzio. Antonio Caracciolo, a testimonianza della effettiva dimensione della fede petrina del popolo napoletano, la indica nel suo documento sui monumenti sacri di Napoli fondata dallo stesso Adriano, pietoso assai verso la nuova comunità di seguaci di Cristo, non come tempio pagano, bensì come autentica chiesa romanica dedicata a Cristo il Salvatore del Mondo sedente tra gli Apostoli com'era d'uso a quei tempi. Nel tempo, così come si legge in un'epigrafe, la chiesa venne fin dal suo nascere rifatta dal suo commendatario arcivescovo Marzio cardinal Ginetti antichissima, di nobilissima memoria dell'estinta famiglia dei Cangiano, sepolta in questa chiesa riveduta e legata primariamente alla suggestiva teoria delle reliquie costantiniane.

La suggestiva teoria delle reliquie costantiniane in San Giovanni Maggiore:
 
  • un legno della Croce,
  • un spina della Corona,
  • un pezzo della spugna che di fiele e d'aceto ha abbeverato il Cristo sofferente sulla Croce,
  • un osso della gamba di San Filippo l'Apostolo,
  • un pezzo del cranio di San Mattia,
  • un dente molare di San Giovanni Battista,
  • un occhio di santa Lucia Vergine e martire,
  • un pezzo di osso di San Lorenzo martire, e di Sant’Elisabetta, di San Leone papa, di San Sabino, del sangue di San Zaccaria,
  • reliquia di san Simone, 
  • del sangue d’Isaia profeta, 
  • reliquie di san Giovanni papa primo, de’ santi Cosma e Damiano, di sant’Antonio Abbate, di san Bonifacio, di san Christoforo, di santa Vincenza Donati, di san Zenone martire, di san Pancratio martire, di san Festo martire, 
  • una pietra con la quale fu lapidato santo Stefano,
  • il freno e le redini di San Giorgio,
  • il sangue di santa Colaramones vergine e martire,
  • un velo usato dalle proprie mani di santa Margherita, 
  • e un dente di san Fortunato martire.

Oltre all'antichissimo ritratto di Gesù affisso in Croce tema di numerose grazie dispensate all'adorazione dell'effige un tempo esposta in una cappella a mano destra dell'altare.
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Il sistema delle Cappelle.

Transetto destro: Cappellone di Santa Lucia.
  • L'attuale configurazione del cappellone, simmetrico a quello del Crocifisso, nel lato opposto del transetto è il risultato dei lavori condotti nella chiesa dopo il 1870; l'impaginazione della cona mostra infatti impronta neoclassica visibile nel sobrio altare in marmo e nel coronamento con timpano e nicchie laterali scompartite da colonne e lesene sormontate da capitelli. Il dipinto d'altare raffigura La Trinità le Sante Lucia e Elena ed un chiaro riferimento alla fondazione della basilica (Sant'Elena fu madre dell'Imperatore Costantino) e alla dedicazione del Cappellone alla santa Martire. La tela, di gusto rotaille è stata riferita al pittore Corrado Giaquinto (Molfetta 1699 -- Napoli 1765) e pare che fu inviata da Roma nel 1742 circa, tuttavia l'attribuzione e la notizia dell'esecuzione romana non sono confortate dalle fonti.

Transetto di sinistro Cappellone del Crocifisso.
  • Questo ambiente trova fondamento nelle origini della Confraternita della Croce, e di un’omonima cappella sorta nel XII secolo attorno all’Immagine di un Crocifisso; nel 1472 fu assegnata alla Confraternita delle Acquarie e vent’anni dopo fu poi spostata presso il Seggio di Porto. Su proposta del sacerdote, Ottavio Acquaviva, nel 1619, lo spazio dell’ex cappella della Croce, intitolata a San Francesco dei Bordoni, tornò nuovamente ad ospitare la confraternita e nel 1621, l’abate Pier Paolo Caputo ne concesse l’uso al sodalizio, le cui regole furono poi approvate con decreto da papa Gregorio XV. L’aspetto attuale del Cappellone lo si deve all’opera maestra di Dionisio Lazzari, già ampiamente coinvolto nel cantiere della Cappella dell’Assunta ai Girolamini di via Tribunali, che qui in questo ambiente dedica tempo ed energie soprattutto per la cupola, terminata nel 1686, affidando il resto dell’operazione di decoro ed impaginazione ai maestri Gian Domenico Vinaccia e Lorenzo Vaccaro, padre, di quel Domenico autore della chiesa di Sant’Arcangelo al Mercatello di piazza Dante. La grande cona del cappellone presenta Dio Padre con Angeli nel fastigio superiore e statue in stucco sui mensoloni ritraente: Costantino e la figlia Costanza, che si dice siano stati i fondatori medesimi di questa cappella voluta come ex voto al Crocifisso per uno scampato naufragio.

I cappella di destra.

  • È detta Cappella Mascara di patronato dell’omonima famiglia nel 1871, dedicata alla Madonna delle Grazie per il dipinto d'altare di analogo soggetto, oggi sostituito dalla tela centinata, proveniente da un altro luogo sempre della stessa chiesa e raffigurante La Madonna con Bambino e Santi, di artista napoletano del primo quarto del secolo XVIII. Sulla parete destra il dipinto secentesco raffigurante S. Antonio da Padova. Forse proveniente dalla III cappella sinistra: sulla parete sinistra la cosiddetta Madonna Nera, probabilmente una replica del dipinto che nel 1678 andò a sostituire nella seconda cappella di sinistra la veneratissima icona della Madonna di San Luca. In tempi più recenti la cappella e stata intitolata al Presepe per la presenza di un presepio in terracotta del XVIII secolo, purtroppo non rintracciato.

II Cappella di destra.

  • È la cappella del Cuore di Maria già dedicata nel 1742 all'Angelo Custode per l’immagine cinquecentesca scomparsa a seguito del crollo del avvenuto nel 1870, e comunemente ricordata con la dedicazione al Cuore di Maria per l'immagine devozionale della Madonna che vi era esposta. L'altare in commesso marmoreo è della prima meta del XVIII secolo. Sulle pareti laterali due dipinti di ambito napoletano databili al primo quarto del XVIII secolo: a sinistra San Gennaro, primo patrono di Napoli, in abito vescovile con i simboli dcl martiri; a destra San Cristofaro protettore dei viaggiatori, e invocato particolarmente durante le epidemie di peste.

III Cappella di destra.

  • È la cappella del Cuore di Gesù, un tempo dedicata al culto della Vergine della Compassione, giustificata dalla presenza sul posto di un magnifico affresco che ne chiarisce il concetto, riportato a regime nell’ultimo restauro del 1712. Tuttavia è ancora ricordata come la cappella del Cuore di Gesù, per l’immagine devozionale oggi esposta in altra sede della medesima chiesa. Sulla parete di sinistra La Visione di San Brunone, già segnalata qui e riferita alla fine del Settecento, ma più verosimilmente databile al primo quarto del secolo: a destra Santa Dorotea, riconoscibile per gli attributi, un cesto di rose e di mele. Ed infine un dipinto secentesco che per ignoti motivi fu modificato in Santa Cecilia, cosi viene ricordata in questa cappella.

IV Cappella di destra.

  •   È detta Cappella Borgia di patronato dell’omonima famiglia dal 1678. In epoca più recente la cappella è stata intitolata alla Natività, in riferimento al quadro d’altare, raffigurante L’Adorazione dei Magi, attribuita alla bottega di Andrea Sabatini da Salerno e già collocata nel Cappellone di Santa Lucia, attualmente custodita in altra cede. Sulle pareti laterali i dipinti secenteschi già citati nella cappella: Il Sacrificio d’Isacco (a destra) e San Gaetano da Thiene (a sinistra); nel coronamento della parete d'altare L’eterno Padre, parte di una pia vasta pala settecentesca.

I cappella di Sinistra.

  • È dedicata dal 1844 all’Arcangelo Raffaele, ma molto prima era dedicata a San Carlo Borromeo. Sulla parete di destra un bozzetto a tempera sul soffitto con pannello centrale, ritraente il Battesimo di Gesù Cristo, realizzato secondo ikl progetto grandioso di Nicola Montagono per la parte figurativa, e Domenico Leggieri per il suo ornato. Il lavoro terminò nel 1870, salvo poi, perdere ogni cosa in un incendio scoppiato cent’anni dopo, nel 1970 ed ovvero dieci anni prima che la chiesa fosse stata chiusa per i disastrosi effetti del sisma del 1980. Sulla parete di sinistra, un dipinto datato 1737 e firmato Didacus Sexxa P. Fuori dalla cappella, in alto sulla sinistra ancora un altro dipinto ritrae L’Addolorata con Santa Lucia e San Nicola, datato 1722 e firmato G. F. Scala. Infine nell’intercolumnio, un Fonte battesimale con vasca di marmo del Settecento, più una gradinata aggiunta nel corso dell’Ottocento ed una balaustra in legno architettata tutto intorno nel corso del Novecento.

II Cappella di sinistra.
 

  • Fu dedicata fin dal suo nascere a Santa Maria dei Greci, giustificata dal fatto che in questo ambiente si ospitarono le riunioni dei profughi d’oriente; ma allorquando la sede di costoro fu fatta spostare presso la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo ai Fiorentini, la cappella assunse l’attuale denominazione. Sul fondo della cappella sulla mensola di un altare un affresco ritrae una Madonna in trono e San Pietro con un donatore, quest’ultimo pezzo dell’affresco tra l’altro è anche poco leggibile: fu qui portato in seguito ad un ardito lavoro di restauro dal Cappellone di Santa Lucia. Sul marmo dell’altare è inciso un testo, pro manoscriptum, e racconta della perduta e veneratissima Madonna di San Luca, tradizione vuole che sia stata qui dipinta, in loco, proprio da San Luca. In alto alla mensola dell’altare, della prima metà del XIV secolo, vi è un San Giovanni Benedicente, in legno. Mentre le lapidi sepolcrali, murate nella parete bassa alla fine del 1680, ricordano, Raffaele Guarracino di questa chiesa, morto nel 1563, Gianfrancesco Giano Anisio, umanista e poeta, morto nel 1541 ed ultimo, l’abate Giovan Leonardo Basso.

III Cappella di sinistra.

  •   La cappella è dedicata a San Giovanni Battista, risulta di patronato della famiglia Ravaschieri fin dal 1534, sebbene fosse situato in altro luogo della chiesa e fu qui ricostruita nel corso dei lavori secenteschi. L'altare è in marmo commesso sormontato dal retablo di Giovanni Merliano da Nola ( Nola 1488 ca. Napoli 1558) databile al quarto decennio del XVI secolo. Il retablo si compone di due ordini sovrapposti: quello inferiore, di ordine composito, presenta il Battesimo di Gesù Cristo, e nei laterali, uno stupendo San Francesco di Paola (a sinistra) e San Giacomo della Marca (a destra), interamente di mano del Merliano: quello superiore, di ordine ionico raffigura la Crocifissione, sormontata dal tondo con Gesù risorto sorretto dagli angeli reggifestoni nel quale è stata ipotizzata la presenza di aiuti. Sulla parete sinistra il dipinto di ambito napoletano. della metà del XVII secolo, raffigurante Predicazione di Sant’Antonio da Padova. Sulla parete destra il Battesimo di Cristo attribuibile a Francesco De Mura (Napoli 1696 – 1782) databile al 1732 ca.

IV Cappella di sinistra. 

  • È dedicata a Sant’Anna dal 1712 in poi, ed un altare in marmo commesso del Seicento ne occupa parte del fondo. Una complessa e graziosa bacheca in marmo, realizzata da Donato Troccoli, accoglie una Statua di Sant’Anna, opera di Gennaro Vassallo del 1740. Molto deteriorati restano alle pareti laterali dipinti di un Santo Vescovo a sinistra ed una Santa Martire a destra. Forse collocata un tempo alla Cappella Santa Maria di Costantinopoli, seconda cappella di sinistra, sulla parete di fondo della cappella medesima, in un tondo di marmo è scolpita una Madonna con Bambino databile fine Quattrocento. Mentre invece è del primo trentennio del Settecento e di squisitissima scuola napoletana l’Immacolata delicata, un dipinto che sta nel coronamento della cappella; ed infine, allievo oltre che amico appassionato dello sculto Giuseppe Sanmartino, è Salvatore Franco, (1770-1815) autore del medaglione centrale al sepolcro sulla parete di destra che ritrae il personaggio storico di Adamo Fontunato Spasiano.

V Cappella di sinistra.

  •   È dedicata a Sant’Adriano ed è di patronato della Famiglia Folliero. L’altare che oggi occupa il fuoco visivo del fondo della cappella trovò ivi posto solo nel 1635, assieme alla preziosissima pala marmorea che, negli anni, ha subito diverse attribuzioni: fu dapprima assegnata a Giovanni da Nola, poi in seguito ad Annibale Caccavello ed infine alla bottega di Girolamo D’Auria, artista, al quale, quasi sicuramente è stata definitivamente assegnata la paternità dell’opera. L’opera ritrae Il Martirio di sant’Adriano e nella lunetta superiore, è ritratta una pietà coi santi Filippo e Giacomo, riferendosi al martirio di sant’Adriano, ufficiale della città di Nicomedia, convertitosi al Cristianesimo nel 306 d.C. Suggestivo oltre che straziante, alla sua destra, si riconosce ritratta la moglie che assiste al supplizio capitale, riuscendo a nascondere tra le pieghe dell’abito, la mano del marito e conservarla come reliquia. Alla parete opposta un Cristo deposto dalla Croce, del 1530 è tradizionalmente attribuito a Giovan Bernardo Lama; ed infine, ricordato su questa parete un dipinto di ignoto autore napoletano del Seicento, ritraente un San Girolamo penitente.