Cappelle ai Santi Apostoli di Napoli

Sono le cappelle a destra e a sinistra del presbiterio della chiesa dei Santi Apostoli di Napoli1.

La prima cappella a destra della navata è dedicata a San Nicola da Bari; sull’altare maggiore, di Nicola Malinconico, una tela ritrae il Santo che abbatte gli idoli. Alla parete destra, San Nicola che rovescia in acqua una colonna dell’abbattuto tempio di Diana, ed ancora a sinistra, San Nicola che fa scaturire l’acqua. Nei pennacchi vi sono Le Virtù. 

Nel cupolino della cappella medesima troviamo invece un San Nicola che appare ai marinai in tempesta, San Nicola che resuscita un fanciullo ed infine San Nicola che appare ad un banchetto.

La seconda cappella di destra è sacra a Sant’Ivo. 

E concessa nel 1735 alla Congrega che portava il suo nome, col proposito che la stessa s’impegnasse a patrocinare gratuitamente gli imputati napoletani dinnanzi al Tribunale di Giustizia.

  • All’altare maggiore una tela ritrae Sant’Ivo che riceve suppliche dai poverelli, attribuito a Domenico Fiasella, giovane artista d’estrazione in quel di Genova, che seppe distinguersi anche per altri lavori nella città partenopea. Alle pareti laterali di questa cappella lavori di Paolo De Matteis; a destra un dipinto ritrae Sant’Ivo che distribuisce pane ai poveri, e a sinistra lo stesso santo che celebra messa. Si segnala in questa cappella, opera di Giuseppe Sanmartino del 1776, la tomba del giurista napoletano, Vincenzo Ippolito, presidente del Sacro Regio Consiglio. Il sarcofago esprime chiaro e pulito il messaggio operista dell’architettura funebre del Settecento in opera sulle prescrizioni dettate dai regolamenti che determinarono l’andamento dell’architettura funebre del Seicento, che a Napoli trova il suo epicentro nel misterioso caso dell’Anonima Dama di Restituita al Duomo di Napoli. Alla base del sepolcro del giurista, una lapide ne ricorda i meriti e ai lati due putti ne impreziosiscono in linguaggio.

Nella terza cappella, dedicata al Crocifisso.  

Ancora governano antiche tracce dell’arciconfraternita, concessa nel 1749 a don Raffaello Riario, di cui lo stemma ai piedi dell’altare ne conserva la memoria; sull’altare del Settecento un sudario bronzeo con su inciso il Volto del Cristo e gli angioletti ai lati. La tomba del 1877 è quella dell’arcivescovo di Napoli, Sisto Riario Sforza.

La quarta cappella, sacra a Sant’Andrea d’Avellino.

Fu di patronato della nobilissima famiglia abruzzese degli Antinori.

  • Che qui in questo posto ebbero acquistato un proprio suolo per edificarci prima del 1639, una piccola chiesetta dedicata all’Immacolata, ma che non venne mai costruita poiché, il suolo, venne riscattato dai Teatini ed in luogo della chiesa messa a progetto sorse invece questa cappella, totalmente rifatta negli stucchi e negli affreschi commessi da Flaminio, figlio di Orazio, signore di Brindisi, al servizio di Filippo III nella guerra delle Fiandre, in ricordo di una cappella che portava il sigillo del suo casato alla Cattedrale di Napoli, andata distrutta per sempre. In cappella i due sepolcri di Flaminio e Fabrizio e due busti pagati a Giuliano Finelli, ma realizzati solo più tardi dallo scultore Bartolomeo Mori e dal marmoraro Pietr’Antonio Valentini tra il 1656 ed il 1657. Sono del Finelli anche i due angeli di marmo inizialmente lavorati per esser installati per la cappella San Michele ed in seguito messi a stare ai lati del timpano spezzato dell’altar maggiore realizzato nel 1649 da Simone Tacca, mentre ai lati due tele di Nicola Malinconico ritraggono, a destra Sant’Andrea d’Avellino colpito da apoplessia davanti ad un altare e a sinistra Sant’Andrea ricevuto da un cardinale. Nell’area del presbiterio a destra il cappellone dell’Immacolata e a sinistra quello dell’Annunziata.

La quarta cappella a sinistra dell’ingresso, è dedicata a San Michele.

Già cappella Seripando o di Casapuzzano.

  • Sull’altare una bellissima tavola di Marco Pino, ritrae l’Apparizione della Vergine e dei Santi Pietro, Paolo e San Michele Arcangelo alle anime purganti. Ai lati dell’altare affreschi del Beinaschi ritraggono a destra San Michele Arcangelo che scaccia all’inferno gli angeli ribelli e a destra il Santo che adora l’Eterno Padre.

La terza cappella di sinistra, è dedicata a San Gaetano;

l’altare è di Matteo Pelliccia e Francesco Mozzetti e sopra vi è collocata la tela della Madonna che porge il Bambino a San Gaetano, di Agostino Beltrano.

  • Autografata dallo steso e datata 1655; gli affreschi ai lati sono del pittore Giacomo Farelli, scuola di Luca Giordano, che racconta gli episodi della pesta napoletana del 1656; con datata prossima al 1671, nei pennacchi Quattro figure simboliche presentano San Gaetano che intercede presso Dio per gli appestati a destra e San Gaetano che riceve il Bambino dagli Angeli a sinistra. La seconda cappella a sinistra è dedicata a San Gregorio; all’altare la tela che ritrae San Cirillo d’Alessandria, cui San Giovanni l’Evangelista indica la Madonna che mostra l’incipit del Vangelo. Gli affreschi nella medesima cappella riferibili al 1716, forse anche 1717, sono tutti firmati Giacomo del Po, realizzati dal maestro che nel dissenso degli intenti dei critici d’arte, egli s’appresta assai nella premessa della pittura impreziosita da elementi dello stile della roccaglia. In quest’ambiente, quasi come un ninfeo imperiale, son stati ritratti il Giovane martire San Troade, mentre viene tentato da una donna in piena catechesi, e, l’Apparizione del Santo taumaturgo Gregorio a San Troade.

La prima cappella quindi a sinistra è dedicata al beato Paolo Burali d’Arezzo. 

Arcivescovo metropolita di Napoli del 1576.

  • Sull’altare uno degli ultimi esemplari della produzione di Francesco De Mura, l’unico tra i presenti artisti di pittura commessa, ad importare regole d’impaginazione escogitate dal pensiero europeo illuminato e razionalista e tecnicamente, in termini di classicismo, è il più aggiornato di tutti. In cappella la sua opera presenta il beato Paolo Burali d’Arezzo e Giovanni Marinoni del 1775; sulla parete a sinistra è collocata una tela attribuita dal De Dominici a Carlo De Rosa, ritraente l’eminente figura di San Carlo Borromeo. Nella cripta, di Belisario Corenzio del 1636 vi sono La Deposizione, il Compianto sul Cristo Morto, la Resurrezione dei Giusti, la Resurrezione di Lazzaro, la Dormitio Virginis, la Resurrezione dei Dannati, e, Gesù che resuscita la figlia del Giairo. Ed infine in quest’ambiente si conservano le ceneri del poeta Giovan Battista Marino.


Spazio note

(1) Napoli Sacra *2. itinerario pag 107/ [testi di] Leonardo Di Mauro ... [et al.]. - Napoli : Elio De Rosa, ©1993. - P. 65-128 : ill.; 33 cm. Codice BN NAP0159853 Fa parte di Napoli sacra: guida alle chiese della città. Napoli 19-5-1622.