Chiesa dell'Incoronata a via Medina Napoli

E' una delle chiese chiuse di Napoli, conosciuta pure come la chiesa della Spina Corona1(2)(2bis) .

Di fondazione regia, ai limiti della cosiddetta "Corsea", settore meridionale del rione San Giuseppe-Carità, la chiesa ha il suo ingresso a Via Medina, ed è stata lasciata aperta alle attività diversificate, di poco distaccata da Castelnuovo col quale forma un'unica entità comunale per l'esposizione permanente della fortunatissima serie di opere d'arte di Roberto d'Oderisio.

Questa chiesa è interrata, un salto quota sotto rispetto alla pavimentazione stradale, ai piedi dell'altra chiesa chiusa di San Giorgio dei Genovesi, di fronte alla chiesa parrocchiale della Pietà dei Turchini.

Un documento datato 18 maggio 1525 condivide l'antichissimo altare maggiore di questa chiesa, intitolato alla Madonna coi vicinissimi edifici storici di San Diego dell'Ospedaletto e di Santa Maria a Rua Catalana lato mare e della bellissima chiesa dei Santi Pietro e Paolo dei Greci lato monte.

Non v'è rimasto più nulla delle suppellettili trecentesche e dei pollittici di quell'epoca e degli affreschi che ne ornavano le pareti a parte solo la notizia probabile di una "Madonna con Bambino e corteo di angeli" oggi sul fondo di una cappella minore della chiesa di Santa Maria del Soccorso al regresso di Capodimonte.

Insolita situazione di quest'edificio sacro del suo abside, coi lati che sembrano convergere sul fondo e la volta separata in due nuclei distinti scandita da due archi trasversali. Unici precedenti si trovano presso le chiese di San Domenico Maggiore a Spaccanapoli, il Duomo, e Santa Maria in Donnaregina Vecchia.


Storia brevissima della chiesa dell'Incoronata.

La chiesa dell'Incoronata si presenta anzitutto con estrema semplicità delle modanature.

  • In linea con le commissioni sugli edifici di culto della prima età angioina con elevati interessi sulle imprese delle arti napoletane trecentesche specie nei periodi di Carlo II e re Roberto. Oltre queste, a parte quella dei due portali, mancano altre decorazioni scultoree, i capitelli son materiale di riuso del portico, ma soprattutto la chiesa è interessante per il fatto che è composta di sole due navati disuguali, dettaglio architettonico condiviso in Europa solo con le chiese di SS. Ulrich e Afra ad Ausburg, S. Juan de la Peña in Aragona e SS. Lorenzo e Pancrazio a Cagliari3. Quest'ultimo particolare sulla doppia navata richiama oltre alla faccenda rimasta scarsa in considerazione del doppio rito greco e latino assieme4. Potrebbe trattarsi dell'usanza degli Ordini religiosi legati alle facoltà pontificie, i Domenicani primi tra tutti, ovviamente appresso a loro anche i Francescani ancora in età angioina, per la indefessa abitudine di questi gruppi di richiamarsi a soluzioni che avessero scelto la chiesa con doppia navata in rapporto di dipendenza tra area necessitata a luogo di culto e la stessa adattata per le conferenze generali di natura capitolare o addirittura per la refezione e la ricreazione studentesca. Questa diversa duplice funzione per niente rara in Europa collega la chiesa napoletana dell'Incoronata con le chiesa di Santa Caterina ad Ausburg, San Nicola e Medardo a Brauweiler, santa Trinità a Vendôme e San Giovanni a Stralsund5. Ma esisterebbe una ragione più profonda atta a giustificare la situazione contingente dell'Incoronata come chiesa ospedaliera a doppia navata, che per il momento resta più suggestiva che storica; questa ragione è da individuare nel decennio francese tra il 1342 e il 1352 negli anni di fondazione della Sala dell'Udienza fatta costruire da Clemente VI ad Avignone su quel che restava dell'opera di papa Giovanni XXII, all'interno della quale venne ospitata il Tribunale della Rota posto in una delle cinque cappellucce ricavate tra le due navate della struttura. Furono quelli gli anni in cui Giovanna I trascorse un breve periodo di esilio in fuga dagli ungheresi e durante il qual soggiorno la regina dovette quasi sicuramente esser rimasta sedotta dalla cultura che il papa Clemente mostrava fiero d'esserne pieno oltre che del suo amor per le arti e la sua indiscussa mondanità e la capacità ch'ebbe di presidiare una qualche forma di papato in Francia. Il vanto delle sue gloriose costruzioni sul qual esempio, tennero informata la regina, vennero erette anche altre chiese a doppia navata in Polonia da Casimiro il Grande, nelle quali lo stesso re, si dice, ci raccolse la porzione di popolo a lui particolrmente gradito per la sua comprovata fedeltà6. Nulla toglie che la regina avesse potuto suggerire le idee indotte dalla particolare convivenza francese nelle scelte napoletane di costruire la chiesa dell'Incoronata a doppia navata, la quale, per il resto, si segnalano quattro campate che internamente son voltate per contenersi nello spazio esiguo dell'edificio, con volte a crociera delle quali i costoloni scaricano sulle mensole pensili innestate nei peducci degli archi.

Questa chiesa richiama ad un gusto gotico arditamente napoletano.

Individuato nelle mura e nei contrafforti piatti e nei soffitti a capriate, i transetti elevati, le ogive altrettanto, i profondi ampi spazi lasciati "appostamente" vuoti.

  • O pressocchè spogli d'ogni ornamento, ma specie il riutilizzo già all'epoca dell'antico, segnò la volontà degli stessi sovrani che ne hanno patrocinato nei secoli la paternità di integrare le scelte di sobrietà tipico del gotico europeo alla cultura architettonica locale. L'ambiente di originaria semplicità è frutto di una campagna di restauri condotta da Gino Chierici nel quinquennio 1925-1930 durante i quali la chiesa è stata spogliata delle decorazioni settecentesche e degli altari barocchi mantenendo soltanto quello maggiore per il quale, scrive il Chierici, «parve assai meglio mantenere quella espressione sincera e non volgare di arte barocca, anziché sostituire ad essa una fredda imitazione trecentesca»7; vennero rinforzati con l'acciaio i piloni del portico sottostante oltre a metter mano sugli evidenti segni di schiacciamento della chiesa dal peso enorme dell'edificio che un tempo le venne costruito letteralmente sulle sue spalle, anticipando i tempi di un progetto avanzato al Comune di Napoli da parte dell'architetto Guido Milone per conto della Società napoletana del Risanamento classe 1937, secondo il quale si sarebbe dovuto costruire una rampa a tre curve e relativa scenografia che in un qualche modo la isolasse dal contesto. Il progetto venne approvato in Comune nel 1938, senza esser però mai realizzato. Invece il recupero pressoché totale della chiesa venne completato dai lavori diretti a nome di Graziana Del Quercio negli anni Cinquanta che tanto per cominciare eliminò definitivamente la struttura costruita su di essa in parte già distrutta dai bombardamenti del 1943. Senza battuta d'arresto venne riportata a vita nuova la copertura originaria del complesso a volte estradossate, molto simile alle altre strutture tardo medievali come la certosa di Capri ugualmente fondata dalla stessa regina nel 1371; al restauro del tetto vennero restituiti alla sostanza il battuto di lapilli di cui ne era composto per il quale si è sorprendentemente scoperto come le condotte per lo scolo delle acque piovane vennero progettate in simil modo perchè potessero rimaner visibili. Le antichissime grondaie però, onde preservarle dalla forza degli elementi, vennero nascoste dalle coperture più artificiose che ne insediassero la bellezza e l'utilità e dai lavori di scavo operati tutt'intorno alla chiesa medesima vennero alla luce le basi semicircolare di un primo campanile all'altezza dell'abside e di una pianta rettangolare di un secondo campanile aggiunto nel corso del XV secolo. Finalmente negli anni Sessanta del Novecento, ad opera dell'architetto Mario Zampino, il portale maggiore venne ricollocato nella sua posizione originaria, inizialmente spostati altrove ed ivi giacenti per tutta la durata del cantiere durante il qual periodo, la chiesa fu interdetta alle visite pubbliche; quindi risistemato il portale, essa si presentava integrata nelle sue parti mancanti, ed ovvero delle preziosissime rifiniture in marmi di Carrara ed i vecchi battenti di legno vennero sostituiti con dei nuovi. La bolla di Pio V del 1565 sancisce uno stato dei fatti attorno alla chiesa dell'Incoronata riferibile a quarant'anni prima e cioè nel 1525 anno in cui i locali attigui alla vecchia chiesa ospedaliera vennero già da assai tempo prima dati in affitto; gli equivoci cui è andata soggetto nel corso dei secoli questa chiesa, per esempio la notizia, forse vera forse falsa, che la navata minore fosse stata costruita in epoca più tarda rispetto alla data di fondazione o che diversamente esistesse una terza navata ovviamente abbattuta o ancora che il portico di questa chiesa era tutto sommato una sede per le affissioni degli atti di un tribunale, mai saputo quanto provvisorio, nascono dal fatto che questa chiesa ben presto venne destrutturata dalla sua funzione all'interno del complesso edificato tutt'intorno, e quindi la sua insolita tipologia architettonica a due navate, rientra perfettamente nelle categorie che le vennero assegnate nel corso dei secoli. Gli anni della fondazione della chiesa dell'Incoronata, costruita con notevoli fondi privati appartenuti proprio alla regina Giovanna I entro i quali vi confluirono le ricchissime rendite d'Aversa e dei privilegi fiscali legati ai lasciti di re Roberto d'Angiò, son costituiti con quasi certezza nei documenti e negli atti esitati da Enderlein cui riferiscono di un'epoca di costruzione databile tra il 1368 ed il 1373, all'incirca lo stesso periodo in cui si registrano atti di compravendita degli spazi antistanti e circostanti la chiesa sulla piazza delle corregge, sottratti al bene comune, si legge, per la edificazione del complesso ospedaliero e soprattutto dagli inventari preziosissimi di Vincenzo Pirozzi del 17718 in parte tradotti a stampa e conservati all'Archivio di Stato in Napoli presso il monastero dei Santi Severino e Sossio, importanti per la memoria che si tiene del complesso ospedaliero sventrato per intero, dei suoi beni incamerati dai monaci della Certosa di San Martino, appresso alle rendite ad esso collegate, alle indulgenze imposte, alle esenzione dei pagamenti vescovili e a quant'altro se ne producesse in virtù dei diritti di prelazione a patto, però, che fosse mantenuta aperta la chiesa dell'Incoronata.


Spazio note

(1) Estratto da tesi di dottorato XIX ciclo in Scienze Archeologiche e Storico-Artistiche; dottorato di Paola Vitolo su Chiesa di napoli dell'Incoronata, settore scentifico-disciplinari MIUR Università degli Studi di Napoli Federico II
(2) [appunto per una Spina della Corona del Cristo come reliquia di cui la stessa chiesa ne è dotata proveniente dal tesoro della Sainte-Chapella di Parigi fatta giungere sul posto per volere della stessa regina in seguito alle sue istanze inoltrate alla signoria del papa, anche se per storia data fu Carlo V a donare detta Spina alla regina [cfr.Tromby, Storia critico-cronologica cit., pp. XX-XXVI; ASN, c.r.s., 2117; 2054 inventario dei ben (cfr.Tromby, Storia critico-cronologica cit., pp. XXXVI-XXXVIII). Il 16 giugno 1374 Giovanna I scrive al vicario della regia curia di Aversa affinché siano liberati beni appartenenti alle rendite dell’Incoronata occupati illecitamente cfr. Ibidem, pp. XVIII-XXX; di estrazione postuma alla traduzione dei testi di L. Enderlein, Die Gründungsgeschichte der Incoronata in Neapel, in “Römisches Jahrbuch der biblioteca Hertziana, 31, 1996, pp. 15-46)]
(2bis) Secondo il Porcaro ed il Borrelli, la real Cappella della Sommaria di Napoli potrebbe corrispondere alla Cappella Sant’Agata proprio all’interno del palazzo della Vicaria nell’omonimo rione. Il luogo cioè scelto da Giovanna, la prima regina, per conservarvi la Spina della Corona di Cristo donatele dal re di Francia, poi fatta traslare alla chiesa dell’Incoronata di Via Medina. G. Porcaro e G. Borrelli. La real Cappella della Sommaria in Castel Capuano, Napoli, 1968. Pagine 19 e 23. Nota numero 26 a pagina 125 di Luciana di Lernia, Vittorio Barrella Castel Capuano. Memoria storica di un monumento. Da fortilizio a Tribunale. Prefazione di Giancarlo Alisio, Edizioni Scientifiche Italiane, Novembre 1993.
(3) (R. A. Sundt, The Jacobin church of Toulouse and the origi of its double-nave plan, in “Art Bulletin”, LXXI, 989 pp. 185-207, qui nota 9 p. 187.)
(4) A. Venditti, Architettura bizantina nell’Italia meridionale. Campania Calabria Lucania, Napoli 1967, pp. 342-344.
(5) [(H. Stein-Kecks, Der Kapitelsaal in der mittelalterlichen Klosterbaukunst. Studien zu den Bildprogrammen, Berlin 2004 ed ancora: M. Piacentini, Nota sulle chiese a due navate, in “Palladio”, XIX, 1941, pp. 126-132 con bibliografia precedente.]
(6) G. Colombe, Au Palais des Papes d’Avignon. Recherches critiques et archeologiques. La rota de la Grande Audience, in “Memoires de l’Academie de Vaucluse” XXI, 1921 pp. 1-12. e ancora: Sul Palazzo dei Papi di Avignone e le varie fasi del suo ampliamento cfr. L. H. Labande, Le Palais des Papes et les monuments d’Avignon au XIVe siécle, Marsiglia 1925; D. Vingtain, Avignon. Le Palais des Papes, Paris 1978; Monument de l’Histoire. Costruire, reconstruire le Palais des Papes XIV-XX siècle, catalogo della mostra (Avignone 29 giugno-29 settembre 2002), Avignone 2002. Per gli aspetti dell’organizzazione del cantiere cfr. F. Piola Castelli, La costruzione del Palazzo dei Papi di Avignone 1316-1367, Milano 1981; P. Dautrey, Les chantiers de 1344-1345 à travers leurs comptes in Monument de l’Histoire, cit., pp. 41-46; P. Bernardo, Un chantier médiéval in ibidem, pp. 47-53
(7) (G. Chierici, Il restauro della chiesa dell’incoronata a Napoli, in “Bollettino d’arte”, II, 19291930, pp. 410-423.)
(8) (V. Pirozzi, Inventario di tutte le scritture esistenti nell’Archivio della Real Certosa di San Martino appartenenti alla procura dell’Incoronata ed a diverse cose importanti che riguardano la fondazione, privilegi ed esenzioni concesse al monastero compilato dal D. D. Vincenzo Pirozzi e terminato nell’anno 1771, ASN, c. r. s., 2374)