Monastero di Santa Chiara Napoli

E' la sede fisica della curia provinciale dei Frati Minori napoletani, oltre che, epicentro di una congregazione di parrocchie ed istituti religiosi installati in edifici secolari rappresentativi del Centro Storico UNESCO, attraversato e tagliato in due dal decumano inferiore, Spaccanapoli.
E' dedicata al Sacro Corpo di Cristo, anche se già da documenti angioini viene ricordata col nome di Santa Chiara. Fu eretta, nello spazio a settentrione dell’orto di Donnalbina nel 1310, assieme al convento dei Minori. E' stata vista per la prima volta nelle incisioni antiche di Napoli là dov'era e com'era prima della totale distruzione del 4 agosto 1943 sulla Tavola Strozzi ed in rilievo anche sulla successiva tavola del francese Lafrery del 1566.
Consacrata chiesa regia nel 1340, divenne per decreto del sovrano la sede delle adunanze del Regno e delle cerimonie, tra cui, tra quelle più significative, spicca per devozione popolare, la processione del Corpus Domini, che la trova come ultima stazione, anche per la processione del Busto d'Oro e delle Ampolle del Sangue di San Gennaro nel novenario di Maggio, durante la festa dell'Inghirlandata.
La forma architettonica del Trecento verrà sostituita dal barocco imposto durante un lavoro di restauro profondo durato ventisette anni, tra il 1742 ed il 1769, sotto la direzione di Gaetano Bonocore e Domenico Antonio Vaccaro, autore tra l’altro della sistemazione attuale del chiostro maiolicato.
- La basilica aulare in quelle occasioni venne rivestita di stucchi e di marmi policromi e decorazioni in cartapesta e legno dipinto in similoro, datati e firmati dagli artisti Francesco De Mura, Sebastiano Conca, Giuseppe Bonito e Paolo De Maio. Nel triennio 1733 1736 venne rifatto completamente l’altare maggiore, ridisegnato dall’originale ad opera di Muzio Nauclerio ed eseguito dal marmoraro Giovan Battista Massotti. Nel 1763 Ferdinando Fuga terminerà il pavimento in marmi commessi. La chiesa di Santa Chiara verrà completamente distrutta dalle bombe del 19432 ; dieci anni dopo venne nuovamente restituita all’ufficio di culto cattolico ripresa nelle originarie forme gotiche. La basilica, è circondata da un recinto murario con ingresso ufficiale su Via Benedetto Croce; anticipa e posticipa l’ingresso alla chiesa di Santa Marta all’angolo di Via San Sebastiano. Oltre il recinto s’impone la facciata in tufo giallo alta 46 metri all’apice della quale è ben visibile un rosone formato da un traforo di marmo suddiviso in sei cerchi tangenti tra loro contenenti ognuno cinque tondi. L’ingresso alla chiesa oltre il pronao del recinto, presenta vaghe ispirazioni islamiche con elementi modanati nell’intradosso e da alti piedritti; sul portale impreziosito da marmi rossi e gialli campeggia lo stemma del casato dei Sancia.
Cronostoria di Santa Chiara a Napoli.
- Nel 1309 re Roberto il Saggio viene proclamato re ed un anno dopo, l’arcivescovo Uberto d’Ormont assiste alla posa della prima pietra della cittadella monastica, sorta per volere del nuovo re e della consorte la regina Sancia di Maiorca. Sette anni più tardi, il proto maestro dell’opera, Leonadro di Vito riceverà l’orto in consegna per i lavori eseguiti in Santa Chiara. Nel 1321, Sancia di Majorca detta la Costitutio regulae, aderente alla regola di Santa Chiara bollata da Innocenzo IV, e, nel 1328 inizia la costruzione della torre campanaria, mai portata a termine. Tra quest’ultima data ed il 1330 Giotto affresca la basilica con Gli episodi dell’Apocalisse e le Storie del Vecchio Testamento.
- Nel 1333 Tino da Camaino esegue il sepolcro di Carlo di Calabria prima tomba nell’ordine di appartenenza alla corte angioina e della consorte Violante d’Aragona; nel 1338 eseguirà quella di Maria di Valois. Due anni dopo la basilica di Santa Chiara, dedicata all’Ostia Santa, viene consacrata chiesa regia. Il 19 gennaio del 1943, re Roberto muore; al trono, pur non essendo ancor regina, gli seguirà la nipote Giovanna, che nel medesimo anno di morte, commissionerà a Giovanni e Pacio Bertini il sepolcro di re Roberto attualmente collocato nello spazio dell’altare maggiore della chiesa addossato al muro di confine dell’Oratorio di Santa Chiara. L’anno successivo Giovanna verrà proclamata regina, nella chiesa dell’Incoronata a via Medina. E l’anno dopo ancora, la regina Sancia di Maiorca muore.
- Durante il corso dell’anno 1456 un disastroso terremoto butterà giù la torre campanaria; a Napoli di quell’episodio ne pagheranno le conseguenze la volta della Cappella Palatina del Maschio Angioino e la chiesa di San Pietro ad Aram.
- Nel 1530, Giovanni da Nola eseguirà il sepolcro di Antonia Gaudino, completamente perduto e lo spazio lasciato vuoto, oggi è diventata l’entrata secondaria di Santa Chiara.
- Nel corso del 1544 Vasari compie una visita in Santa Chiara Gli affreschi appena ricordati, dei quali esistono tutt'ora dubbi sulla reale paternità giottesca, son stati tenuti in vita e riportati all'attenzione degli studiosi a partire dai silenzi del Petrarca sull'iconografia classica di Giotto reperita in città.
- I capolavori realizzati in Santa Chiara, con sospetti mai realmente accertati che non fossero stati fatti dall'artista, ma da qualcuno a lui molto vicino3 e, quindi, vennero appostamente fatti distruggere nel Cinquecento per ordine di Bernardino Barrionovo; tratti in salvo appena un lacerto del ”Compianto Cristo Morto” nel coro femminile del monastero. Nel 1550 un incendio divampa distruggendo tutto quanto compreso anche i locali dell’archivio.
- Nel 1596 si conclude il capitolato sulla torre campanaria; i lavori di riordino dell’opera sono affidati a Mario Marasi che provvederà pure a realizzare il coro ligneo dei Frati Minori sul nartece della basilica. A differenza del fato che porta data 1603 un documento che attesta che son state portate per la fabbricazione della Torre 172 canne di pietra dolce cavate dal cortile. Due anni dopo verranno collocate all’ingresso della chiesa le due acquasantiere fatte eseguire dalla maestranza locale su commissione della badessa Maria Spessa. Nel 1615, Girolamo del Balzo riscatterà il patronato della settima cappella di sinistra e l’8 settembre del 1694 il tetto della chiesa crollerà in seguito ad un violentissimo terremoto. Tre anni dopo verrà sistemata la copertura del tetto di piombo.
- Nel 1705 verrà disegnata dal Guidetti la prima e la più antica planimetria della chiesa oggi in custodia all’Archivio di Stato di Napoli presso il monastero dei Santi Severino e Sossio.
- Nel 1735 al Nauclerio verrà commissionato l’altare maggiore che però finirà dieci anni dopo l’architetto Guglielmo Sanfelice e nel biennio 1742 1745, sotto il badessato di Ippolita Carmignano verranno eseguiti i lavori di ammodernamento del chiostro grande di Santa Chiara, oggi esitato nello splendore del chiostro maiolicato opera di Domenico Antonio Vaccaro; le maioliche sono della bottega di Donato e Giuseppe Massa.
- Nel 1759 Giovanni del Gaizo provvederà a realizzare la terrazza di copertura in luogo del tetto andato distrutto in corrispondenza dell’ala nord laddove segnano le celle ed i cameroni per il dormitorio.
- Tre anni più tardi verranno sostituiti i pavimenti dell’aula in marmi commessi su disegno di Ferdinando Fuga, medesimo autore del sepolcro di Filippo di Borbone il figlio scemo di Carlo III, morto a soli trent’anni. I due angeli che ne piangono la dipartita sono lavori di Giuseppe Sanmartino.
- Il progetto per l’ampliamento della cappella San Tommaso, dei dormitori del vicino convento dei Minori, il braccio meridionale del chiostro grande, tutto a partire dal 1763 iniziò a declinare, più forti sotto il segno dell’arrivo dei re francesi che non favorivano più gli Ordini religiosi e dei Borbone che al loro ritorno ritrovarono una città non più la stessa. Le forme barocche della chiesa prima della Restaurazione non piacquero più e già dai primi anni Dieci dell’Ottocento si è pensato ad una restituzione della basilica alla sua originaria veste gotica. Nel 1845, al Congresso Scientifico degli Italiani, Stanislao Aloe accuserà gli architetti del Settecento e il badessato di quello stesso secolo di aver ridotto il complesso ”…al pessimo gusto che si vede oggidì”. I segni del degrado storico e materico di tutto l’impianto sarà visibilissimo nella pianta del complesso redatta da Gaetano Genovese nel 1864; gli spazi del piano terra messi a vista sulla pianta, lasciati abbandonati verranno utilizzati abusivamente per approntarvi le botteghe.
- Nel 1901, Ettore Bernich, architetto della Soprintendenza ai monumenti che a quell’epoca si chiamava Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti delle Provincie Meridionali, riaprì la questione del recupero della cittadella francescana, partendo da coperture ogivali inefficaci tra l’altro per la massima pressione che queste avrebbero esercitato sulle altissime pareti della Basilica e del rivestimento della Torre Campanaria da farla somigliare al Campanile di Giotto a Firenze4.
- I disegni dell’architetto vennero pubblicati in occasione della presentazione del nuovo testo su Santa Chiara a Napoli, redatto da padre Benedetto Spila da Subiaco5 col quale, presentò ai lettori anche la Sezione longitudinale della chiesa di Santa Chiara com’era nel XIV secolo disegnata dal Bernich. Del libro del padre Spila, corrisponde una recensione ricca di riferibilissime perplessità su Napoli Nobilissima6 a firma don Ferrante e don Fastidio, dietro le quali si nascosero i nomi illustri di Giuseppe Ceci e Benedetto Croce7.
- Inevitabile la replica di Padre Benedetto Spila nel fascicolo successivo della stessa rivista, alimentando la polemica sulle, anche se eleganti farneticazioni di Ettore Bernich e così portata avanti fino al 1920, ripresa a sua volta quello stesso anno da Aldo de Rinaldis e da Salvatore Di Giacomo che pubblicherà una foto del cancello nell’atrio della chiesa di Santa Chiara.
- Nel 1924 la basilica passa in uso alla Custodia di Terra Santa e di Frati Minori alloggiati nel loro convento si trasferiscono al Monastero e le Clarisse, ormai ridotte di numero, passeranno al convento dei Minori.
- Il 4 agosto del 1943, la chiesa di Santa Chiara, durante i bombardamenti alleati, venne completamente distrutta. Non restò quasi nulla della basilica secolare, salvandosi appena i resti delle tombe dei Borbone, ed il sarcofago di età greco-romana alla Cappella Sanfelice.
Santa Chiara di Napoli: la ricostruzione.
Dopo i disastri della Seconda Guerra Mondiale, l’area della Basilica di Santa Chiara fu ricomposta pietra dopo pietra seguendo un criterio logico volto innanzi tutto a recuperare l’originaria veste gotica della basilica, a partire dalla ricomposizione fedelissima dei sepolcri abbattuti.
- Si tratta delle tombe sacre alle persone di Re Roberto, di Carlo, duca di Calabria, di Maria di Valois, di Maria di Durazzo; fu ripreso tale e quale il pavimento installato da Ferdinando Fuga, risistemata la Cappella dei Del Balzo, il coro sul nartece non fu mai più ricostruito, rifatto il tetto a capriate lignee con rivestimento esterno in piombo, ma nel restauro della Basilica aulare furono commesse delle ingenuità; la chiesa venne riportata alla funzionalità pertinente la comunità minoritica napoletana, ispirata al messaggio francescano di nudità e povertà, ma ben lungi dal gusto del suo fondatore, Re Roberto, che la pensò, invece, ricca di adorni, e di sculture rappresentative del potere regio e soprattutto con gli affreschi alle pareti firmati da Giotto. Roberto Pane lo ha visto e recensito chiaramente come un errore imperdonabile, quello, ad esempio, di inserire vetrate policrome alle finestre, antico retaggio dell’uso dell’alabastro delle chiese cistercensi, ma non del gotico d’Oltrealpe, dove, in vero, le vetrate erano funzionali alla luce del sole, ampie, pulite, con piano di inclinazione aggettante, agganciate alle esili pareti. Sotto il crollo del soffitto durante il bombardamento del 1943, venne completamente distrutta tutta quanta la Storia di Santa Caterina nello spazio della tribuna del coro dei monaci. Questo apparato non è mai più stato ricostruito.
La ricostruzione dell’impianto aulare di Santa Chiara ha così restituito il sistema delle cappelle:
- seconda e terza cappella di sinistra dall’ingresso, sono le cappelle del Drago Merloto di suo figlio Perrotto.
- La settima cappella a sinistra è dedicata oggi al Santo Poverello d’Assisi, mentre il suo patronato è e resta della nobilissima famiglia Del Balzo.
- La nona cappella di sinistra è di patronato della famiglia Sanfelice, il luogo dove è possibile ammirare lo stupendo sarcofago di età greca.
- Al centro del presbiterio, area antistante l'oratorio interno delle Clarisse, così è chiamato dai documenti il grande coro che sorge alle spalle del muro di testata della chiesa si leva l'altare gotico.
- L'ultima cappella in cornu epistolae è conosciuta come la Cappella dei Borbone, ma è dedicata alla figura di Tommaso, l'Apostolo di Gesù.
Spazio note
(1) Gran parte del complesso monastico di Santa Chiara a Napoli è stata musealizzata, con criterio che ha per base il principio di massimo intervento e minima percezione dei trattamenti conservativi e reintegrazioni delle parti che mancano. Liberamente estratto da: Monastero di Santa Chiara Guioda Electa Napoli a cura di Annalisa Alabisio BNN SEZ NAP VI B 1625(2) [Centro Studi Real Monastero di Santa Chiara. Una fiaccola che risplende. Santa Chiara 25 anni dopo la riapertura al culto. A Cura di Padre Gabriele Favali. Introduzione di Giancrisostomo Gaudino. Napoli Arti Grafiche Licenziato 1979BNN B 8144]
(3) [ A. Perriccioli Saggese, Modelli giotteschi nella miniatura napoletana del Trecento in Medioevo: i modelli, atti del convegno internazionale di studi (Parma 27 settembre-1 ottobre 1999), a cura di A. C. Quintavalle, Parma 2002, pp. 661-667.) ]
(4) [Napoli Nobilissima, 1901, X volume, fascicoli III, in Notizie e Osservazioni” e a firma di Don Fastidio Nuovi studi su Santa Chiara]
(5) ] [Un monumento di Sancia in Napoli Napoli 1901 *Annales minorum in quibus res omnes trium ordinum a S. Francisco institutorum... asseruntur... authore R.P.F. Luca Waddingo... Tomus septimus [octavus]. - Lugduni-Romae : Prest et Devenet; I.P. Collinius, 1648-1654. - 2 v.; 36 cm Codice SBN LIAN009142 Luogo pubblicazione Roma ]
(6) [Napoli Nobilissima 1902 fascicolo II, vol. XI]
(7) [Gino Doria Presentazione alla ristampa di Napoli Nobilissima a cura di Arturo Berisio, Napoli 1969]
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