Statua del dio Nilo o Corpo di Napoli

Si tratta del gruppo scultoreo noto tradizionalmente come il Corpo di Napoli1(2) venerando simulacro del dio Nilo, una categoria di dio di rango inferiore, nonchè, copia romana di un originale greco eseguito nel II secolo d.C., dai mercanti alessandrini della regio Nilensis a Napoli
Venne qui allestita una copia benemerita in seguito ad un ritrovamento della statua di cui se ne persero momentaneamente le tracce.

Ritrovata e rimessa in ottima posizione scenografica nella piazzetta all'angolo di via Palladino con Spaccanapoli a cui ha anche dato nome, stretto tra le angolature del palazzo Carafa dei Montorio e del Panormita alle sue spalle.

Benedetto De Falco nel 15493 e Luigi Contarino4 nel 1569 la spacciano, non è ben chiaro se indotti nell'errore o se per realizzare forse un nuovo mito nella storia di Napoli, per la statua di una donna con molte poppe pronta ad allattare molti fantoli.

E nella vaghezza dei riferimenti ognuno prevalente sull'altro vi è da aggiungere che la scultura del dio Nilo è visibile ad ogni modo nella carta Baratta del 1629, sul basamento e nell'esatta ubicazione che tuttora ricopre.


La storia mutila della statua del dio Nilo.

Secondo una consueta formula iconografica, l'allegoria fluviale ritraeva qualche tempo prima che finisse mutila di molti suoi elementi, disteso un uomo barbuto, con Testa di Sfinge. 

  • La testa che fu poi ricollocata al suo posto nel 2014, ed un Coccodrillo simbolo del Nilo d'Egitto, assai simile alla figura biblica del Leviathan, una cornucopia simbolo dell'Abbondanza, relativa tanto alla fertilità riprodotta dalle frequenti inondazioni del fiume egiziano, quanto alla prolificità delle nascite ed infine una teoria di putti alludenti all'idea dell'abbondanza che nella realtà avrebbero dovuto rappresentare gli affluenti del Nilo, salvo poi intercettare dietrologie del tipo di quelle che contestualizzarono il cippo ebraico alle catacombe di San Gennaro sotto l'omonimo ospedale al Rione Sanità. Perse le tracce del monumento in tarda antichità, se ne registrò il ritrovamento nel corso del Medioevo durante gli scavi per la costruzione del vicino Seggio. Ritrovato senza testa, identificato con l'oggetto andato perduto, il gruppo scultoreo avrebbe poi dato nome allo stesso Seggio, noto anche con la denominazione di Seggio di Nido. La scultura dovette restar per molto tempo visibile al pubblico all'aperto come lo individua la Chronica de Parthenope redatta verso la metà del XIV secolo, clamorosamente smentita dal Capasso nel 1905 che invece l'ebbe individuata chiusa nella chiesa di Santa Maria in Donnaromita alle spalle della Cappella Brancaccio. Da un'iscrizione del 1734 visibile tutt'oggi, si sa che i nobili del Seggio di Nido commissionarono nel 1657 a Bartolomeo Mori, poco conosciuto a Napoli, attivo anche per la chiesa dei Santi Apostoli a Santa Sofia, l'esecuzione ex novo del braccio e della testa della scultura e di altri elementi sufficienti a diradare ogni dubbio sull'effettiva ed originaria fattezza5

Tomografia descritta del simulacro.

  • Della scultura gli elementi sicuramente antichi sono il corpo della figura, dalle gambe al torso con la spalla ed il braccio sinistro, tutto il corpo della Sfinge tranne le zampe, tutto il corpo del Coccodrillo tranne la punta della coda assieme a quel che rimane del putto ad esso più vicino ed infine le onde sottostanti con qualche segno evidente di molteplici rilavorazioni. Per quanto riguarda i modelli per rifare la statua non ne sarebbero mancati per il Mori; esami susseguitisi negli anni fecero luce su questo punto emergendo talvolta lavorazioni proprie del Bernini e di tecniche riconosciute nelle statue romane di Alessandro Algardi e fra essi il più vicino addirittura detto anche il più ovvio sarà stato sicuramente il Nilo ora nel Braccio Nuovo dei Musei Vaticani in Roma, un importantissimo pezzo dell'età dell'imperatore Adriano esposto dal 1523 con funzione di fontana nel bel mezzo del cortile del Belvedere6. Tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento analoghi inserti vennero eseguiti da Angelo Viva. Durante l'ultima fase di restauro è stato ampiamente difficile caratterizzare la pietra della statua che l'analisi esitò come marmo italico almeno per la colorazione fredda del bianco e venature grigiastre.


Spazio note

(1) Lo *sguardo del Nilo : storia e recupero del Corpo di Napoli / scritti di Massimo Clemente ... [et al.] ; presentazione di Stefano De Caro e Nicola Spinosa ; introduzione di Nino Masucci. - [Napoli] : Colonnese, stampa 1993. - 123 p., 7 p. di tav. : ill. ; 24 cm Per le storie del mito dallo stesso testo parla Fiammetta Rutoli. La scheda tecnica è stata redatta da Egon Albisser e Vittoria D'Antò.
(2) [Secondo Ovidio dal latino Corpus sarebbe da dirsi il tronco o il busto; i testicoli per Fedro; edificio oppure Organismo dello Stato per Cicerone; l'insieme di uomini che legiferano secondo Virgilio ed infine per Livio, Giustino starebbe ad indicare una casta, una corporazione, una società di uomini scelti. Per il dialetto napoletano, cuorpe significa anche il Municipio]
(3) [Benedetto De Falco, Descrizione dei luoghi antichi di Napoli..., 1549 fo FV]
(4) [Luigi Contarino, La nobiltà di Napoli, Napoli 1569 pagg. 14 e 15]
(5) [Banco del Salvatore, giornale del 1656, matr.71 per i deputati della Fortificazione Mattonata ed Acqua]
(6) [N. Amelung, Die Sculpturen des vaticanischen Museums, Berlino 1903; vedasi anche A. Adriani, Repertorio d'arte dell'Egitto grego-romano Palermo, 1961, II n 194 ss, tav. 89-97]