San Carlo di Napoli: il Settecento

Le attività del teatro inteso come fenomeno sociale specializzato del dramma e della lirica, durante la dominazione austriaca a Napoli1, soffrirono i mancati rispetti sugli accordi presi dai precedenti governi spagnoli, almeno per quanto riguarda i finanziamenti a questo tipo di attività.

Anche se tutt'altro che uno spirito artistico2 solo con Carlo di Borbone, nel riordino della città e delle attività ad essa legata, vennero inglobati al generale piano di riforma provvedimenti che favorissero elargizioni statali per il settore delle arti e del teatro.

Ripristinando, tanto per cominciare, i tremila ducati assegnati al San Bartolomeo momentaneamente bloccati.

Di questo teatro tra l'altro, nel 1734 il Capitano di Guardia Lelio Carafa, marchese d'Arienzo, faceva prendere atto a Carlo di Borbone, delle tristi condizioni in cui versava, suggerendo che ...”sarebbe stato meglio ristabilire le ottimali condizioni dello stabile qui presente piuttosto che costruirne uno di nuovo”.
Tuttavia, nello scenario globale della città venne escluso il riutilizzo del teatro San Bartolomeo effettivamente troppo piccolo per il segiuito di Carlo di Borbone e le parti materiche in legno del vecchio teatro vennero recuperate quasi tutte per la realizzazione del nuovo teatro che si sarebbe chiamato fin da subito, Teatro San Carlo.


L'opera di fondazione del teatro San Carlo venne affidata nel 1736 all'architetto Giovanni Antonio Medrano.

Coaudiuvato dall'impresario Angelo Carasale3. Non vi sono sufficienti testimonianze bibliografiche sulla fondazone del teatro ad opera del Medrano e Carasale.

  • Se non, le incisioni dello Schetchbook, i disegni del Dumont, le tavole di Vincenzo Re e le copie plastiche dell’Encyclopedie di Diderot e D'Alambert che lo presentano con ambienti occupati da un sistema di scale a doppia rampa, e che ebbero, come comune piano di smonto, una galleria, a sua volta collegata ad altre scale, le quali, quella centrale, conduceva alla platea e le altre due laterali servivano i palchi. Il luogo prescelto fu uno slargo nei pressi di Largo di Palazzo, ancora ben visibile nella carta del Duca di Noja del 17754. L'impostazione iniziale del teatro, secondo i disegni del Dumont, rispettò la composizione della sala data da sei ordini di palchi con ventotto logge nei primi tre palchi e trenta negli altri ordini ed infine il palco reale, che da solo, occupava spazio pari a due logge in altezza ed in larghezza ed altro spazio ancora assorbito dal corridoio che portava alla platea. Tutto era costurito in legno in favore di una buona acustica, le stesse decorazioni ghirlandee che impaginavano l'ampiezza della prima fila dei palchi assolveva al compito di migliorare le esibizioni del suono sempre più perforrmante. Ancora altre ghirlande al secondo piano e al terzo intrecciate con altri fregi ritraenti strumenti musicali e fino all'ultimo piano il tema delle ghirlande fu l'unico motivo floreale di sintesi decorativa e performativa del suono. Il Mancini, che invece, si àncora ad un disegno del Courtauld Institut su come sarebbe stato il San Bartolomeo come teatro, confuta i disegni stessi del Dumont, giustificando che le ghirlande viste un po' ovnunque in sala non esistevano affatto e vennero lì sui disegni apposti solo per fantasia. E visto che era pur vero che parecchio legname venne riutilizzato da quello proveniente dallo scomparso teatro San Bartolomeo non fu certo inverosimile che la sala fosse stata davvero impreziosita ed arricchita da elementi decorativi molto più stravaganti di semplici ghirlande, tipo i cannoni, le lire, le tavolozze, i cartigli. Cesare De Seta conferma nella sua ultima descrizione fatta per il teatro San Carlo, il carattere militaresco che alla fabbrica esterna ebbe dato la soluzione architettonica firmata dal Medrano. La facciata, non superando la corrispondenza della seconda fila di palchi e con un con un sovrapporta ricco di decorazioni, si sarebbe sviluppata inizialmente dal corpo di fabbirca che ospitva il vano scale. Un secondo ordine della stessa facciata, si presentava a due spioventi aprendosi al centro con un grande occhio di bue dal quale veniva fatta filtrare abbastanza luce solare da illuminare ed areare l'enorma cava del sottotetto. Dal 1737 anno della fondazione al 1741 il regio Teatro di San Carlo venne affidato alla gestione di Angelo Carasale, che venne insignito del gradi di capitano e colonnello, salvo poi rintrovarsi incarcerato a Castel Sant'Elmo, accusato di malversazione sulla somma delle quote versate a nome del re. Angelo Carasale morì di prigionia nel 1742, ed a lui vi successe il barone Liveri, fino al 1747 anno in cui per il Teatro San Carlo fu deciso di ritornare al sistema delle gare d'appalto privato. Il teatro Sabn Carlo di Napoli venne ripensato e nuovamente realizzato secondo canoni di scenografia contributiva che non poco avviarono il palcoscenico ad un lento ed inesorabile logorio, dal momento che sopra vi fecero montare, per esigenze di sceneggiatura, veri cammelli, veri elefanti e cavalli. E l'acustica moderna, grazie all'uso di un cornicione aggettante sette palmi installato tra otto nuovi palchetti sempre in legno a ridosso del boccascena, e certi candelabri giganti con specchi altrettanto giganti, tutto per mano dell'architetto Ferdinando Fuga nel 1767, onde offrirlo come gradito e grandioso omaggio alla maestà di Ferdinando, figlio di Carlo, in occasione del suo matrimonio con Maria Carolina, arciduchessa d'Austria. Salvo solo qualche appuntata critica di Pietro Napoli Signorelli, che osserva, colpa proprio questi dichiarati miglioramenti, come fosse stata invece corrotta l'acustica del teatro5. Mentre invece, in onore di Francesco, figlio di Ferdinando, in occasione delle nozze di costui con Maria Clementina d'Austria, un'ulteriore opera di restauro fu affidata all'ingenger, nonché anche scenografo di regno, Domenico Chelli, che pensò anzitutto di rimuovere gli apparati e le installazioni fughiane in luogo di introdurre, il testo indica, una pesante coltre di arabeschi ed ancora un altro ordine di palchetti ed una controsoffittatura che in un modo o nell'altro finì per stravolgere le armonie di decoro originarie.

Il San Carlo di Napoli dal 1737 in poi.


L'inizio dei lavori, è detto, porta la data 1737, conclusisi 270 giorni dopo, il 4 novembre di quello stesso anno.  

  • In tempo per l'onomastico del Sovrano illuminato Carlo di Borbone, con prima opera l'Achille in Sciro di Domenico Sarro su libretto di Pietro Metastasio, notte di galà in cui emergerà per le eccelse voci del Settecento Angelo Amorevoli, mentre per il contralto Vittoria Tesi-Tramontini, quella data sarà solo un brutto ricordo da dimenticare.
Gli interventi di Antonio Niccolini per il Teatro San Carlo di Napoli.

Il teatro San Carlo di Napoli, durante la tumultuosa stagione della rivoluzione popolare del 1799, coi morti afforcati a piazza Mercato, venne chiamato semplicemente Teatro Nazionale. 

  • Fu usato solo per metter in scena esibizioni equestri e nove anni dopo, Gioacchino Murat lo realizza nella forma nuova di teatro educativo. Per aggiungere, tra l'altro certi comodi che gli vennero a mancare per poter poi diventare un teatro di necessità massima e cioè aver pure un ristorante, una sorbetteria e dei ridotti, vennero messi in cantiere progetti firmati questa volta da Lecompte. Sottoposti a giudizio di Antonio Niccolini, però detti progetti vennero, si dice, respinti e su suggerimento proprio del Niccolini indetto invece concorso pubblico, al quale prese parte e vinse lui personalmente. Ma altre fonti dichiarano che vi sia stata influenza dell'impresario Barbaja nell'assegnazione dei lavori in appalto al Niccolini in luogo di affrettare la sistemazione all'interno del teatro comode sale da gioco d'azzardo6. Ridotto ad appena conidizione di ristoro e ricreazione sociale, nel 1809, i lavori di sistemazione del Teatro Nazionale, furono affidati a Giacinto De Bernanrdo Tutti avvenimenti, questi, di natura nevralgica, che spezzeranno per sempre il legame dello stabilimento teatrale con la vita di corte a Palazzo Reale, assorbendolo via a via sempre più tra le strutture pubbliche. Segnato quindi ad una nuova epoca per il teatro d'Europa, oggi resta il ricordo suggetivo di quegli anni, di quel secolo nei disegni raccolti per il Fondo Niccolini e conservati nel Gabinetto dei disegni e delle stampe nella Sezione teatrale del Museo di San Martino, univoci del ragionamento che portò lo stesso Niccolini alla definitiva forma del teatro dentro e fuori, cercando in primo luogo di non alterare la struttura muraria considerando soltanto il problema di allineare la facciata nuova alla cortina più antica ed ancora vicereale. Si nota nei disegni del fondo Niccolini il pian terreno del teatro San Carlo più o meno come lo si vede oggi e cioè le due sale d'aspetto che corrisposero alle due rampe di scale laterali già esistenti, collegati tra loro per tramite di un ballatoio intervallato da un gruppo di scalini. Stando ai disegni, il primo piano, o anche il Piano della Trattoria ospitò per lungo tempo i locali cucina, un sala da pranzo enorme ed altre otto sale da pranzo molto più piccole, mentre la Sala da Gioco stava al secondo piano e attorno a questa furono organizzate altre quattro stanze adibite all'uso di conversazione, due di queste per il Corpo di Guardia e d'Ispezione e le altre due di queste dette stanze, ve n'era una conosciuta come Stanza di Rispetto con tanto di camino. Ed infine l'ultimo piano che occupava tutta l'area del sottotetto, lo scenografo fiorentino la destinò all'uso della realizzazione pittorica delle scene, detta quindi Piano del Locale per il Pittore.


Spazio note

(1) [Liberamente estratto da: Università degli Studi di Napoli Federico II, dottorato di ricerca in rilievo e rappresentazione dell'architettura e dell'ambiente (XXII ciclo), Il rilievo architettonico del Teatro San Carlo di Napoli. Metodologie e innovazione tecnologica per la restituzione e la documentazione dei beni monumentali eccellenti della città storica Dottoranda: Valeria Cappellini, Tutor prof. Arch. Massimiliano Campi, Cotutor Prof. Arch. Juan Josè Fernandez Martin, Coordinatore prof. Arch. Mariella Dell’Aquila]
(2) [Charles de Brosses giurò d'averlo visto chiacchierare la prima metà di un'opera e dormire nella seconda. (a cura di M. R. Colomb), Le President de Brosses en Itale, lettres familieres ecrites d’Italie en 1739 et 1740 Si veda anche I *Teatri di Napoli : sec. 15.-18. / Benedetto Croce. - Napoli : Arturo Berisio Editore, 1968. - 2 v. ( 4 , 663 p. compless., 4 c. di tav.) ; 29 cm. (( Ed. di 655 esempl. num. ristampa dell'ed. Napoli : L. Pierro, 1891, Dider, Parigi 1858, vol. I, p. 383.]
(3) [Franco Mancini, Il Teatro di San Carlo 1737-1987, Electa Napoli, 1987, p. 27].
(4) [Cartografia della citta di Napoli : lineamenti dell'evoluzione urbana / [a cura di] Cesare de' Seta ; introduzione di Francesco Compagna>> 3 / Cesare de' Seta. - Napoli : Edizioni scientifiche italiane, 1969. - 1 cartella (35 c. di tav.) + 18 p. ; 33 cm. ((A fogli sciolti. - Contiene: Lettera ad un amico contenente alcune considerazioni sull'utilita e gloria che si trarrebbe da una esatta carta topografica della citta di Napoli e del suo contado, In Napoli, 1750. Codice SBN VEA0052201].
(5) [*Addizioni alla storia critica de' teatri antichi e moderni di Pietro Napoli Signorelli. - Napoli : presso Michele Migliaccio, 1798. - [8], 344, [8] p. ; 8. ((Segn.: [pi greco]4 A-Y8.Codice SBN SBLE003810. ]
(6) [Domenico Barbaia a Napoli (1809-1840) : meccanismi di gestione teatrale / Paologiovanni Maione, Francesca Seller. - Pesaro : Fondazione Rossini, [1994]. - P. 403-429 ; 24 cm. ((Tit. dell'intitolazione. - Estr. da: Gioachino Rossini 1792-1992 : Il testo e la scena, Pesaro, 1994. Codice SBN NAP0420910 Autore Maione, Paologiovanni Seller, Francesca Soggettario Firenze Barbaja, Domenico - I Luogo pubblicazione Pesaro Editori Fondazione Rossini Anno pubblicazione 1994]