Chiesa Santa Antida a Fonseca Napoli

E' una delle chiese del centro storico di Napoli. Espleta le principali e organizzate funzioni liturgiche aderenti il rito cattolico romano e tutte le attività conformi ai canoni del diritto ecclesiastico che le riconosce la titolarità di parrocchia, con funzioni di coordinamento del territorio a cui si riferisce per l'attuazione del piano pastorale.

La chiesa è inglobata tra edifici di nuova fondazione a mezzo colle del quartiere Stella, prosecuzione a sud dei lotti di Materdei, e Santa Teresa degli Scalzi.

E' questa la chiesa dov'è custodito, in ottimo stato di conservazione, l'atto di battesimo del pittore napoletano Bernardo Celentano2, assieme all'atto di morte del grande poeta e scrittore Giacomo Leopardi3 sistemato nella Tomba nuova al parco del Colombario Virgiliano di Mergellina.

E' stata fondata nel 1620 da Decio Carafa vescovo napoletano, nipote di Mario Decio Carafa cardinal della città di Napoli pure lui; nel 1613 dopo esser stato al servizio come Collettore Pontificio a Lisbona per conto dei curiali della corte di papa Paolo V; è stato nominato Nunzio delle Fiandre e contemporaneamente vescovo di Damasco, compito cui abdicherà per rientrare a Napoli sua città natale il 7 agosto del 1613.

Sette anni dopo fonderà l'anzidetto ufficio parrocchiale dando il via al sacrosanto ordine cronologico delle sante visite pastorali nella media dei quarant'anni alla volta a cominciare dal Cardinal Francesco Buoncompagno nel 1627, e poi a seguire dal Cardinal Ascanio Filomarino nel 1647, dal Cardinal Innico Caracciolo nel 1677, dal Cardinal Antonio Pignatelli nel 1688, dal Cardinal Giacomo Cantelmo nel 1692, dal Cardinal Francesco Pignatelli nel 1711.

Ed ancora dal Cardinal Giuseppe Capece Zurlo nel 1789, dal Cardinal Guglielmo Sanfelice nel 1885, dal Cardinal Giuseppe Prisco nel 1903, dal Cardinal Alessio Ascalesi nel 1930, dal Cardinal Corrado Ursi nel 1984, dal Cardinal Michele Giordano. Segue la visita del Cardinal Crescenzio Sepe.

I parrocci che si son succeduti nel governo della chiesa sono il sacerdote Vincenzo Amalfitano nel 1627, don Bartolomeo Giordano nel 1638, don Fabrizio Sessa del 1662, don Gaetano Rossi del 1693, don Francesco De Novellis del 1727 poi divenuto vescovo di Nicotera e di Sarno, don Francesco Manzi del 1736 e don Onofrio Grimaldi del 1747; don Costantino De Luise del 1781 e don Salvatore Aurora del 1794; don Domenico Ciavarrìa poi ordinato vescovo di Avellino, don Michele Bonetti del 1818 e don Paquale Ricciardi del 1837; don Gaetano Fera del 1852 e don Eduardo Menna del 1870 poi Vicario generale della Chiesa di Napoli. E ancora: don Arcangelo Rajola del 1900 e don Antonio Sorrentino del 1929; don Domenico Maglione del 1945 e don Federico Russi del 1949; don Vincenzo Spina del 1978 e don Giuseppe Provitera del 1981; don Giosuè Aldo Scatola del 1991 e don Raffaele Pescicolo del 1996.

Fino agli ultimi vent'anni prima della Seconda Guerra Mondiale le chiese sottostanti alla cura della parrocchia di Maria Santissima a Fonseca di Santa Giovanna Antida Thouret, con sudditanza giurisdizionale corrispondevano alle chiese di Santa Maria dei Vergini inglobata nell'omonimo rione, della chiesa di Santa Maria della Sanità degli Alcantarini, la chiesa dei Minimi, la chiesa di Santa Teresa degli Scalzi, la Sacra Famiglia dei PP Cinesi, la chiesa dell'Immacolata alla Palma dei PP Riformati, la chiesa chiusa dei Santi Bernardo e Margherita, la chiesa rettoria dei Santi Pietro e Gennaro, la chiesa rettoria dell'Immacolata a San Vincenzo, la chiesa di Santa Maria del Soccorso a Capodimonte, la chiesa delle Stimmatine, delle Elisabettine, la chiesa della Congrega del SS Rosario al Rione Sanità, la chiesa della Congrega delll'Assunta ai Cinesi, la chiesa della Congrega di Sant'Antonio Abate sulle Scale di Santa Teresa, la Cappella Serotina dell'Immacolata detta degli Amoretti, la Cappella della Famiglia Garzillo ai Pirozzoli, la Cappella padronata della Famiglia Cagnazzi ai Pirozzoli, la Cappella padronata della Famiglia Megale alla Penninata, la Cappella padronata della Famiglia Barbarise alla salita Mauro e per finire la Cappella del Carmine ai Pirozzoli. La chiesa oggi si presenta a navata unica con decorazioni buone ed in ottimo stato materico sulla scorta di imponenti innovazioni apportate alla stessa chiesa dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, a partire dallo spostamento dell'altare al centro del presbiterio a suggerimento dell'altare come mensa eucaristica; innovazioni che non hanno però risparmiato la distruzione degli altari e delle rispettive cappelle laterali di destra in alabastro.

I marmi in esubero ai lavori di riammodernamento dell'intera struttura furono riutilizzati ed oggi ne troviamo uno sul fondale della “Sede Presidenziale” posizionato a mo' di lapide sulla destra del presbiterio, un altro nella zona sottostante il quadro dell' “Annunciazione” e altri ancora usati per la realizzazione dell'attuale altare.

Non vi è rimasta alcuna traccia degli affreschi che ricoprivano la volta della chiesa, probabilmente andati distrutti dal rifacimento del tetto sfondato dai bombardamenti del 1943 e della cui esistenza v'è certezza sulla base di un progetto architettonico di ristrutturazione risalente agli inizi dell'800.

E quindi oggi la chiesa si presenta anche così: la facciata, ha visto in occasione del centenario dell'Apparizione di Lourdes, il posizionamento di una Madonnina di fattura comune e senza pregio sulla parete superiore.

All'interno a sinistra e a destra del portale d'ingresso sono state ricavate due nicchie col posizionamento di un Bambinello di Praga e di San Pio da Pietrelcina di pessimo disegno. Avanzando sul lato destro troviamo una statua della Madonna Addolorata, si dice mal vestita d'abiti non originari alla fattura della statua stessa, proveniente dalla chiesa chiusa di Santa Margherita a Fonsecae dalla stessa chiesa in affidamento un crocefisso sullo stile di quello di Sant'Alfonso Maria de' Liguori posto sulla Cappella delle Confessioni creata laddove prima c'era la sacrestia.

Ancora più avanti c'è un trittico di quadri con al centro la Madonna di Pompei, e sui lati Santa Giovanna Antida Thouret e San Giuseppe Moscati tutti senza alcun valore artistico e lì dove c'era la statua lignea dell'Immacolata, preziosa e pregevole opera del '700, oggi trova posto una statua di San Giuseppe di analoga fattura. Quindi troviamo un quadro raffigurante “Sant'Antonio”, antico indubbiamente ma di pochissimo valore artistico quasi sicuramente.

Il presbiterio vede sempre al centro l' “Annunciazione” di Luca Giordano, sul lato sinistro una nicchia con alloggiato il Battistero e sulla sua destra la Sede Presidenziale.
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Spazio note

(1) Estratto da: SS Annunziata a Fonseca Origini e Storia per gentile concessione di Edoardo Manco stampato da Tipografia Gaeta a Napoli nel 1999 in occasione dell' Anno Domini Iubilaei. In copertina: Progetto grafico della facciata realizzato da Adalgisa Manocchio. Impaginazione grafica di Elvira Sarpa.
(2) Coi nomi di Bernardo , Giuseppe, Piero, Gennaro, Francesco, Paolo Celentano appena figlio di Vincenzo e Giuseppa Belliazzi, battezzato da D.Pancrazio Monaco e lev. Antonia Di Franco; coetaneo del Morelli, nato in questo quartiere nel 1835 nella via che oggi prende il suo nome, studiò all'Accademia di Napoli specializzandosi nella grande pittura con stile freddamente illustrativo; è morto a Roma nel 1863.
(3) Dal Libro dei Morti “Libro X defuncto” alla pagina 124 giugno 1837 così si legge: “Giorno 16, don Giacomo Leopardi Conte, figlio di don Monaldo e Adelaide Antici, di ani 38, munito dei Santissimi Sacramenti, morto il 14, sepolto idem, domiciliato in vico Pero, 2” Su quest'atto di morte si celebra da oltre cinquant'anni il processo sulla certezza dei dati storici ch'esso tramanda in special modo sulla confidenza fatta di saper se il poeta fosse morto consacrato per davvero ai sacramenti e non piuttosto la dicitura “munito dei Santissimi sacramenti” fosse solo una formula lessicale convenzionale per completare l'atto stesso. Oltre alla discussione tutt'ora aperta su quell'idem circa la sepoltura del poeta avvenuta il giorno stesso della morte. Ranieri racconta d'aver sottratto la salma dalla fossa comune, assai in contrasto con quell'idem che vorrebbe invece indicare “come sopra” nel senso che alla testa del documento si sarebbe dovuto dichiarare la sepoltura di Leopardi al camposanto colerico.