Rione duca d'Aosta a Fuorigrotta

E’ un rione costruito a Fuorigrotta, paradigmatico della storia progettuale dell’Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Napoli1

L'IACP di Napoli ne avviò lavori di costruzione negli anni tra il 1927 e 1934, su progetto dell’ingenger Primicerio, allora direttore dell’Ufficio Tecnico, col quale, operò nello spazio occupato dagli edifici sperimentazioni edilizie votate all’uso delle decorazioni esitate in funzione sia urbana che sociale.


Si tratta di un complesso edilizio di edifici in muratura di tufo giallo napoletano; tipologia a 4 piani da 2 a 3 stanze, comprensivi di servizi autonomi ed in qualche caso anche lo spazio per il rimessaggio.
Enormi caseggiati disposti a blocco e senza spazi interni, con cortile aperto su via Leopardi, scelta tipologica di settore fortemente caratterizzata, così come fu inizialmente disposto anche per il rione Vittorio Emanuele III ed il rione Luzzatti a Poggioreale.
Nel 1927 venne riordinato tutto quanto il complesso residenziale sulle direttive imposte da un bagaglio giudiziale estratto principalmente dalle leggi speciali per il Risorgimento economico di Napoli firmato dal re nel 1904.



Fu edificato secondo norme che non riguardarono la crescita immobiliare della città oltre le colline.
 

Ancorato alle leggi fasciste del prefetto Castelli del 1925 e di conseguenza anche quelle di
Pietro Baratono, le prescrizioni disattese furono riprese poi nel 1926 per effetto della legge 1926/386.

  • Furono per tanto, queste prescrizioni tradotte in pratica solo aggiungendo al complesso, un corpo di fabbrica di notevole impostazione architettonica e soprattutto per scelta tipo-morfologica. Il quartiere alla consegna si contraddistinse per l’assoluta praticità ed economicità, non eccessivamente esasperata come accadde, purtroppo in altri episodi a questo relativamente più vicini: il rione di Agnano nel progetto napoletano INA-Casa sul fronte del cratere di Agnano ed il rione La Loggetta. Il rione duca d’Aosta è invece rappresentativo di tutto l’arco d’attività dell’Istituto stesso raggiunto  nello sviluppo di costruzioni fuori e dentro il comprensorio napoletano del centro e della periferia con una speciale attenzione alle date 1908 e 1970, le stesse date temporali che ne segnarono l’inizio e la fine dell’attività IACP. Tra le due date poste in evidenza l’IACP ha caratterizzato la città nel suo complesso agricolo e solo in qualche caso eccezionale, anche nel tessuto della città consolidata, di sistemi, metodi ed alcuni aspetti sociali ed economici  peculiari di necessità e bisogni storici dell’edilizia e dell’urbanistica in genere. La sua costruzione ha impegnato  diverse date rispettive di diversi momenti storici della città; nel 1908 la Banca d’Italia cedette al Comune di Napoli e da questi all’allora Ente morale terreni fuori cinta, edificabili secondo norme che non riguardavano però le sostanze giuridiche che gestivano invece la crescita immobiliare e liberale del centro città, senza contare che le terre medesime non erano per niente ricercate o ambite dall’imprenditoria privata, che ben sapeva quanto fosse stato già messo in gioco un piano perfetto ed inattaccabile di lottizzazione industriale che avverrà di lì a poco da Coroglio all’antico Borgo di Bagnoli.


Sui lotti ricevuti dalla Banca, l’ICP, così era siglato allora l’IACP.

Firmando un progetto redatto dal Primicerio,  a partire da soluzioni scelte dal Piano del 1911.  

  • Corrispondendo grosso modo a due degli attuali edifici che ne completano la sostanza, preesistenti su 2570 mq, 135 alloggi per 377 stanze relativa alla vita domiciliare di 1131 abitanti. Il progetto  venne accolto con l’idea di suddividere gli edifici con strade interne a croce ed i due corpi di fabbrica aggregati, si legge sul documento: quattro alloggi a scala e latrine interne. Un secondo intervento sulla zona si ebbe tra il 1918 ed il 1926 estendendo l’area coperta a 7794 mq, per 16 edifici, 406 alloggi, 810 stanze in favore di 2430 abitanti e per la prima volta per questo tipo di insediamento, 20 piccole botteghe. Ancora un altro ampliamento si avrà tra il 1926 ed il 1929, aggiungendo altri 6 edifici, per ulteriori 146 alloggi, 350 stanze in più, un campo da gioco ed una chiesa. Un ultima volta per ampliamento si avrà nel 1939, con l’aggiunta di una casa materna, 39 altre case semirurali, per soli 45 alloggi e 464 stanze con orti e giardini. Durante tutta la fase di fascistizzazione della città in ordine alla costruzione della vicinissima Mostra d’Oltremare, la parte più vecchia del rione, analogamente a quanto stava accadendo anche per il tracciato della zona orientale della città, subisce un progetto di sopralzi,  portandosi a cinque il numero dei piani degli anzidetti edifici e per effetto del sopraelevamento verrà lievemente ridisegnato l’aspetto delle facciate dei vecchi corpi di fabbrica fino ad innalzare al secondo piano la trama del basamento del piano terra.


Spazio note

(1) Liberamente estratto da: Sergio Stenti, Napoli Moderna. Città e case popolari. 1968-1980. Introduzone di Alberto Ferlenga. Napoli 1993 edizioni Clean BNN 2008 A 855, pagg 66-69 Altri contributi: 80 anni di edilizia a Napoli. Vedasi anche: Il finanziamento dell'edilizia economica e popolare. Leggi il PDF