Penninata San Gennaro

Attorno all'antica chiesa di San Gennaro de 'Poveri1 a Napoli, cuore del popoloso quartiere della Sanità, si aprono delle strade che, nella disposizione, rimandano ad una sorta di ventaglio urbano.

L'area acquisisce una conformazione a partire dalla seconda meta del XVII secolo, quando furono impiantati, nei luoghi dei secolari percorsi di acque meteoriche2, alcune strutture rurali. I toponimi fanno riferimento ad una origine locale, legata a chiese e strade dalle chiari caratteristiche, geomorfologiche.

Vi è quindi il Vico San Vincenzo3, vico Scudillo4, salita Mauro5, ed infine: vico, vicoletto, cavone, rampa e penninata di San Gennaro dei Poveri.
II nome di quest’ultima, ha origine nella parola pendino, da pendente. II termine è quindi riferito ad una strada a forte inclinazione.

Nella veduta di Alessandro Baratta del 16296, lungo il percorso che porta al complesso di San Gennaro, non sembrano esserci strade secondarie. II settore sul quale si impianterà la salita, individuato in prossimità della curva ad Est, appare ancora coperto da vegetazione. Nell'insieme tuttavia si riconoscono dei tratti naturali, sui quali, sembrano scorgersi alcune strutture; probabilmente antichi nuclei di masserie.


Oltre la masseria, la strada proseguiva fino alla sommità del colle.

Nella mappa di Giovanni Carafa duca di Noja del 17757, la zona è indicata con il numero 547.

  • E nella relativa dicitura, è segnalata come Vichi diversi che portano alla Montagna di Capo di monte. Appare chiaro quindi che il percorso, assimilato agli altri vicini, non presenta caratteristiche di rilievo da poter avere un toponimo proprio. Nella pianta, la salita appare senza gradoni. Tale caratteristica informa che doveva essere a servizio di contadini per il trasporto su carri. Le relative strutture prospicienti, dovevano essere del poderi agricoli: la presenza di ampi spazi verdi, retrostanti e ai lati, dei fabbricati stessi, conferma la vocazione agricola a cui ancora faceva riferimento la strada. Il percorso pubblico, terminava fino alla corte di una grande struttura con uno con spazio antistante che, nella pianta, si trova ad est della basilica di San Gennaro extra moenia. Oltre la masseria, la strada proseguiva fino alla sommità del colle, per mezzo di un percorso più stretto. Nella pianta di Francesco Schiavoni del 18808, non sono ancora presenti i gradoni del primo tratto ma è già indicata come Penninata S. Gennaro del Poveri. Il forte dislivello, che ha dato origine al toponimo, e evidenziato dalle quote altimetriche; vera novità per una planimetria urbana. Dalla via di San Gennaro del Poveri, si legge che la quota è a m.s.l.m. 57.1, per poi raggiungere quella di m. s. l.m. 109.2, posta alla suddetta masseria. Dalla scala di chilometri ad 1.2000, allegata al grafico, si ricava che la distanza tra l'inizio della salita ed il suddetto fabbricato, è di circa m.320. Si conclude dunque che la pendenza è pari a quasi il 15%; un compatibile percorso urbano per una strada, che si sviluppa su tutto ii crinale della collina. Inoltre, aprendosi, in alcuni punti, su giardini disposti a quote diverse, le dona ancora oggi, anche un carattere rurale.

La cappellina della Vergine Maria Addolorata.

  • Dopo l'edificazione della basilica della Madonna del Buon Consiglio e dei fabbricati attigui, avvenuta nella prima metà del Novecento, ma completata del tutto, solo nel Dopoguerra, la penninata verrà di fatto, chiusa ad un percorso pubblico. Alla sommità, la grande masseria, citata nella pianta Carafa, verrà inglobata in un edificio in conglomerato cementizio armato (cemento armato), oggi struttura scolastica. Quest'ultima si apre alla strada solo attraverso una porta blindata, evidente uscita di sicurezza. Si può concludere che l'antica via pubblica, ormai un vicolo cieco, ha perso la caratteristica di collegamento con la campagna, provocando un degrado ambientale e locativo degli stessi immobili, ancora oggi presente. Inoltre, è divenuta di fatto, una specie di ghetto che, chiusa da, seppure esigui traffici cittadini, ancora oggi, versa in uno stato di degrado architettonico, che ha colpito anche interessanti fabbricati settecenteschi. Tra questi si segnala la Cappellina di Maria Vergine Addolorata9, annessa al palazzo attiguo, posto alla fine del percorso. La chiesetta, ad aula unica, dopo uno stato d'abbandono, è divenuta, negli ultimi tempi addirittura un'abitazione. All'interno, sono state manipolate delle strutture e collocati solai in laterocemento. Esternamente tuttavia, si riconoscono ancora parte degli stucchi tardobarocchi e soprattutto l'epigrafe commemorativa. Nel suo anonimato, rispetto ad altri punti della città, la penninata deve tuttavia una certa fama nell'aver visto nascere e crescere uno dei più grandi interpreti del noir napoletano: Francesco Mastriani. Lo scrittore nacque in questa via nel 1819. La sua grandezza è stata nella capacità di aver contribuito a descrivere Napoli, tra gli splendori e le miserie dell'Ottocento. Tra le opere più famose, si ricordano I vermi e soprattutto La cieca di Sorrento che, grazie al successo ottenuto, fu tradotta anche in francese e tedesco. Mori nel 1891. La lapide che lo commemora, è purtroppo oggi addirittura in parte coperta da una tettoia di un basso, sito al civico n. 55. Tra queste, si segnala l'edicola votiva — collocata nelle immediate vicinanze della sede - e l'ottocentesca chiesa di Maria Santissima Rifugio dei Peccatori11. Il primo tempietto fu fondato da alcuni fedeli nel 1911; le linee ed i motivi decorativi sono assolutamente sobri presentandosi ormai come un importante simbolo per la penninata, soprattutto perché è stata restaurata nel 1998, dagli stessi abitanti e dai giovani di "Crescere insieme". La chiesa invece, per la mole, ha subito un intervento pia laborioso. L'esterno, molto semplice, presenta, in prossimità del timpano, l'iscrizione REFUG1UM PECCATORUM. L'interno è ad aula, con altarini laterali; merita un'attenzione il moderno dipinto dell'Incredulità di San Tommaso, a sinistra dell'altare maggiore. La chiesa è stata riconsacrata da mons. Bruno Forte, già preside della Facoltà Teologica Pontificia dell'Italia Meridionale, all’epoca arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto. Annessa alla chiesa, è il fabbricato dell'ex casa religiosa, oggi edificio residenziale. In quest’ultimo, le uniche testimonianze originarie, sono ridotte allo stemma in stucco che campeggia al centro dell’androne.


Spazio note

(1) Sono tutte strade che fanno riferimento all'antico polo religioso e ospedaliero, sorto fin dall'età altomedioevale, in prossimità delle antiche catacombe di San Gennaro. In seguito sarà detto "de' Poveri", per l'assistenza che assicurava agli abitanti più indigenti della città. Sull'argomento le migliori pubblicazioni sono G.A.Galante, Guida sacra della città di Napoli, società editrice napoletana, riedizione a cura di N. Spinosa, Napoli 1985, p.p.310-311, 327, ed ancora: T.Ravaschieri Fieschi, Storia della carità a Napoli, Napoli 1876, vol.11, p.p37, 67 ed ancora: G.De Simone, Sul riordinamento delle opere per la città di Napoli, Napoli 1880, p.I45.
(2) Si tratta di canali naturali che, durante forti inondazioni, riversavano nella valle una tale quantità d’acqua da generare la famigerata Lava de' Vergini.
(3) II toponimo ha origine dal Ritiro dell'Immacolata e San Vincenzo. La struttura, affidata alla comunità di recupero per tossicodipendenti "Crescere insieme" dal 2005, fu fondata nella prima metà del XVIII secolo dal celebre frate domenicano padre Rocco, per l'assistenza di giovani fanciulle povere; cfr. R.Marrone, Le strade di Napoli, Newton e Compton editori, Roma 2004, p.845. II religioso ebbe al tempo grande fama non solo perché amico di Carlo di Borbone ma anche perchè fu l'ideatore delle edicole votive sparse per le strade della citta, nate in realtà per dare una certa illuminazione pubblica.
(4) II toponimo della strada, anticamente detta dello scotillo, ha diverse interpretazioni. Una di questa la fa derivare da scolo, evidente allusione ad uno dei percorsi delle acque che si formavano la Lava de'Vergini ma la più interessante sta nella parola napoletana scurillo. Il percorso, essendo per molti tratti, scavato nella roccia tufacea coronata un tempo da molti alberi, non riceveva quasi mai il sole. Per tali caratteristiche un tempo i napoletani lo indicavano come scurillo (scum, buio); da qui la deformazione popolare in Scudillo; cfr. R.Marrone, Le Strade di Napoli, Newton e Comton editori, Roma 2004, p.p.76I -762.
(5) Per il Doria, il toponimo fa riferimento ad un'antica famiglia che aveva dei possedimenti in zona; cfr. G.Doria, Le strade di Napoli. Saggio di toponomastica storica, Milano-Napoli 1979, seconda edizione, p.300. Per la Fedele, invece, il nome Mauro nasce dalla presenza di una casa d'accoglienza per giovani di colore, che II frate francescano, San Ludovico da Casoria (sull'argomento si veda G.Nardi, I collegi del moretti del Ven. le P. Ludovico da Casoria, Roma 1967), in quanto originario dell'omonima cittadina, che ha per patrono San Mauro, fondò. A sostenere tale tesi, la stessa studiosa informa che un tempo, il vicoletto di Mauro, si chiamava vico Leone, dal nome di un confratello del santo; cfr. C. Fedele, Un antico polo religioso tra borgo e suburbio: San Gennaro dei Poveri in "II borgo dei Vergini" a cura di A. Buccaro, edizioni Cuen, Napoli 1991, p.218, n.14.
(6) Sulla veduta si veda ii contributo di V. Valerio - G. Pane, La città di Napoli tra vedutismo e cartografia, Napoli 1987, ?.p.42-45, 109-114.
(7) Sulla mappa si veda la descrizione del De Seta; cfr. C. De Seta, Cartografia della città di Napoli-lineamenti dell'evoluzione urbana, vol. piante, Edizioni Scientifiche Italiane; Napoli 1969
(8) F.Schiavoni, "Pianta della citta di Napoli (1872-1880)", A.S.Na., Piante e disegni, cart.IV, n.n.9,19
(9) La pianta della chiesa settecentesca, è rilevata per la prima volta subito dopo l’Unità d'Italia; cfr. A.S.M.Na. "Reale Officio Topografico della Guerra", Pianta del Quartiere San Carlo all'Arena, 1861.
(10) Tra l’altro si ricorda il notevole contributo che l'associazione ha fornito, per la rimozione di barbacani che da anni si trovavano in prossimità della sede. Numerose sono le strutture abusive sorte negli ultimi dieci anni ma la penninata, oggi è conosciuta anche grazie all'associazione 0.N.L.U.S., "Crescere insieme", fondata e ancora retta, dal signor Rosario Fiorenza che, con i suoi ragazzi, si prende cura degli ultimi giardini rimasti e di alcune strutture presenti lungo la strada10.
(11) La cappella, di cui nessuna guida della città ne fa menzione, compare per la prima volta in una pianta catastale di fine Ottocento; cfr. Ufficio Tecnico Erariale, Pianta catastale del Comune di Napoli di fine '800, 1899-1902.