Monastero di San Marcellino Napoli

Si trova all'apice della collina del Monterone, zona detta San Marcellino, uno spazio di città condiviso col vicinissimo monastero dei Santi Severino e Sossio e poco più distante con l'edificio che ancora ospita il Collegio del Gesù Vecchio nella direzione della Regio Nilensis.
Rientra nella stretta pertinenza del patrimonio immobiliare afferente l'Università degli Studi di Napoli, Federico II che ne insedia i locali adattati per la didattica e la ricerca universitaria in special modo per gli ambienti ex conventuali posti al margine del belvedere sul braccio settentrionale del chiostro, quest'ultimo, dal 1992 in poi, quotidianamente occupato per ragioni di attività di socializzazione dagli iscritti al, DI.S.T.A.R., il Dipartimento di Scienze della Terra, dell'Ambiente e delle Risorse.
Le modalità di esecuzione dell'opera di messa in forma del monastero secondo lo stile architettonico che fino ad oggi lo accompagna sono dettagliatamente descritte in un apprezzo del 1742, probabilmente redatto dal gruppo degli ultimi architetti presenti sul posto per volere delle monache, abilitati a lavorare in accordo comune per il travaglio di tenere in perfetta condizione di stabilità con una continua manutenzione l'egregia operazione secentesca dell'accorpamento dei due chiostri relativi ai due monasteri.
L'opera degli architetti prima e dopo Luigi Vanvitelli.
Questo documento è a tutt'oggi ancora l'unico attendibile che racconta il procedersi dei lavori sul cantiere aperto a San Marcellino prima dal Picchiatti e proseguito da Luigi Vanvitelli.
- I lavori operati da Luigi Vanvitelli arresteranno lo sviluppo barocco dello stile improntato a tutti gli ambienti claustrali, interni ed esterni, sia quelli propri del monastero che quelli del chiostro superiore, oltre quelli, ovviamente, della chiesa all'interno della quale, si sono andati a sommare gli ammodernamenti sugli epigoni d'arte riferiti ai nomi di Dionisio Lazzari, e nell'ordine delle presenze seguono, Guglielmo Sanfelice e Domenico Antonio Vaccaro. All'interno del fabbricato grande, il padiglione a nord con affaccio sul golfo, si sono del tutto perse le tracce del trascorso monastero, ed anzi, un'ulteriore suddivisione degli spazi per l'adeguamento strutturale più favorevole alla residenza permanente degli studenti ha modificato in maniera ragguardevole lo spazio delle origini ed in qualche caso lo ha modificato al punto di non riuscire più ad immaginarlo come un ex monastero. Del monastero ciò che maggiormente resta a testimonianza dei brevi momenti di vita claustrale consumata è la proiezione verso l'esterno dei suoi belvedere. Si tratta di magnifici camminamenti all'aperto, affacciati direttamente sul golfo, visibili da terra, e dall'alto della collina di San Martino, i quali, assieme al loggione e al chiostrino, furono definitivamente sistemati secondo lo stile dell'architettura neoclassica impostata da Luigi Vanvitelli, il quale, trova il contesto ambientale organizzato secondo la costumanza architettonica definita dalle regole della Controriforma che lui stesso riduce ad un innovato ordine architettonico con doppie paraste prive di capitelli, ovvero, quella tipica trasposizione del sistema tettonico delle doppie paraste per la verità già collaudato da Gian Giacomo di Conforto per la stessa chiesa, come nel tamburo della sua cupola, quest'ultimo proprio dal Vanvitelli inserito durante l'opera di ammodernamento. E quindi è a Luigi Vanvitelli che si deve la riscrittura dell'ordine architettonico essenziale, pur se rispettosa della storia del monumento. Una simile situazione ha trovato amabile corrispondenza negli affacci sul golfo dei belvedere di San Gregorio Armeno coi quali San Marcellino ne condivide la paternità dell'intera opera. Luigi Vanvitelli concluderà la sua esperienza d'architetto in San Marcellino quasi contemporaneamente ai lavori da lui stesso avviati nel cantiere dell'Annunziata a Forcella, pur se tuttavia ancora presente nel circondario di Napoli per continuare l'opera di villa Campolieto a Barra. Nel periodo fin qui considerato non è stato mai accertato come vero pur se verosimile è però credere che il maestro abbia lasciato progetti di edilizia da continuare a beneficio dello stabile, progetti di cui, uno di questi, verrà recuperato da Pasquale Manso, che vi lavorerà alacremente fino al 1777, consolidando il loggione nella parte che copriva la chiesa di Sant'Agnello de' Grassi.
Spazio note
(1) Estratto dal documento di ricerca del professor Giancarlo Alisio relativo al rintraccio della sede delle origini tra quelle esistenti delle università di Napoli. E per esso, il riferimento per questa scheda è ai lavori di Gaetana Cantone, qui riportati: G. CANTONE, Intorno a San Marcellino. L'architettura della trasformazione a Napoli dal Cinque al Settecento, in Il complesso di San Marcellino. Storia e restauro, a cura di A. Fratta, Napoli 2000, pp. 19-55. Per questa trattazione la ricercatrice, la dottoressa Cantone si è riferita alle seguenti fonti: Per la bibliografia si ricordano: F. STRAZZULLO, Il monastero e la chiesa dei SS. Marcellino e Festo, Napoli 1956, estratto da "Archivio Storico per le Province Napoletane, n. s., vol. XXXV (1955); A. PINTO, La nuova sede della Facoltà di Scienze politiche nell'ex convento dei SS. Marcellino e Festo, in "Notiziario dell' Università degli Studi di Napoli Federico II", n. s., a. II (1996), nn. 11-12, pp. 37-48; s. a., Il restauro della chiesa dei SS. Marcellino e Festo, in "Notiziario", n. s., a. V (1999), nn. 26-27, pp. 65-91. C. DE SETA, Il monastero dei Santi Marcellino e Festo e il Museo di Paleontologia. Vicende urbane e architettura, in A. Fratta, a cura di, I Musei scientifici dell'Università di Napoli Federico II, Napoli 1999, pp.59-80.Categorie delle Guide
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