Rampe di San Marcellino Napoli

Si tratta di una strada pedonale carrabile soltanto per metà del suo percorso per tanto gradonata dai numeri civici pari a partire dal 2 fino a all'8 e dai dispari 25 fino al 29. Per il resto è raccordata da via Giuseppe Rodinò.
Quest'ultima strada poi, fino alla sua base che è piazzetta Portanuova da dove effettivamente le rampe iniziano la salita a tornanti, permette alle stesse rampe di attraversare da parte a parte lo scomparso quartiere di Portanova fino a quando non penetra nel fitto edilizio nell'alto del quartier Pendino.
Via a via a seguito delle costruzioni del più tardo Settecento e quelle della fine dell'Ottocento, la strada è rimasta inglobata in un grappolo di edifici sorti al centro del ”quartier basso di Portanova” che non esiste più come tale, essendo stato questo inglobato nell'operazione Corso Umberto I.
Valutazione critica offerta dalla ricercatrice Gaetana Cantone.
Precisamente da questo lato del Rettifilo è possibile imboccare le Rampe di San Marcellino dal primo gomito formato da via De Renzi e vico Rodinò.
- A differenza dell'imbocco della medesima rampa sulla collinetta del Monterone, largo San Marcellino, all'altezza del piazzale aperto davanti all'ingresso principale della sede universitaria di San Marcellino. In alternativa da questo lato è altrimenti possibile raggiungere addirittura via Duomo anche con auto percorrendo comodamente la rampa moderna dedicata a Bartolomeo Capasso fino all'aggancio di questa con via Arte della Lana. Da considerare che le Rampe di San Marcellino furono realizzate in forza degli atti inoltrati all'allora apposito ufficio detto, Tribunale di Fortificazione Mattonata e Acqua, che, come si legge dai documenti, dovevasi ” … spuntare dal seggio di Nido”, praticamente piazzetta Nilo ed attraversando il monastero di Santa Maria di Donnaromita, il collegio del Gesù Vecchio, il Monteverginella, quindi tutta via Paladino risolvendo di servire anche i monasteri di Santi Severino e Sossio e San Marcellino, avrebbe scalato, di gomito in gomito il piccole colle del Monterone da dove nasceva per agganciare l'alto al basso. Le rampe di San Marcellino e la storia minima della collinetta del Monterone a Napoli. Esiste a Napoli poco nota la dimensione semi collinare detta del Monterone, un'altura non più percepita come tale perchè scomparsa alla vista dalle costruzioni non più neppure da considerarsi moderne. La valutazione critica offerta dalla ricercatrice Gaetana Cantone sulla questione della sede universitaria di San Marcellino proprio sulla collinetta del Monterone, trova più spesso occasione di accennare al tema della storia della stessa collinetta da sempre insediata dai monaci Benedettini ricoverati presso il monastero di San Severino ed i Gesuiti collocati presso le loro stesse strutture di appartenenza, il collegio e la chiesa basilica del Gesù Vecchio. Si legge nel trattato che la collinetta come non potrebbe esser stato diversamente, ha per molto tempo mantenuto l'aspetto di collina quieta, lavorata ad orti e giardini tutto intorno ai nuclei monastici, alimentati dall'acqua che scorreva dai colli superiori ma anche dal movimento di mare che si esprimeva a pochi passi. Ma il risultato dello studio pubblicato dalla stessa ricerca ha dato luogo a conoscenze riproposte con aggiornamenti ed integrazioni, laddove è emersa la vita delle insule monastiche attraverso la storicizzazione puntuale dei suoi monumenti e non meno la conoscenza di quelli parti convenutali ”ingiustamente, come scrive la stessa ricercatrice nel suo documento reso pubblico, trascurate solo perchè furono dagli stessi storici considerate secondarie”. Mentre invece è interessante sapere che molte case e botteghe diffuse su per la collinetta, non raggiungibili se non attraverso le stesse Rampe, sono state di fatto proprietà native dei monasteri che del colle ne dominavano l'apice e che le concedevano ai propri famigli, ai propri giardinieri, ai propri ortolani. Questi ultimi divennero pian pianino col passare del tempo e col crescere degli insediamenti, solo fruttivendoli, in quanto, la dimensione agraria del colle andava sparendo in luogo di una dimensione urbanizzata. L'analisi urbanistica delle rampe di San Marcellino non può non riguardare la storia critica della città medesima. Si presenta fortificata ai lati dal muro parapetto composto in prevalenza da soli mattoncini rossi faccia a vista, senza intonaco e la stessa pavimentazione rispecchia l'uso esclusivo del piperno a lastroni puntellati, tipici tra l'altro delle strade antiche di Napoli. La sua collocazione nel tessuto esistente esamina senza volerlo le varie fasi storiche della città dal Cinquecento al Settecento ed anche Ottocento attraversando un formidabile intreccio tra monumenti antichi e contesti storici ai quali essi appartennero. Ad esempio dal punto più alto delle Rampe è possibile scorgere in lontananza, elevarsi oltre il costruito moderno, l'antica torre campanaria della chiesa di Sant'Agostino alla Zecca, mentre il largo San Marcellino offre la possibilità di veder confrontarsi di due epoche diverse due diversi stili architettonici impressi nelle facciate delle due chiese dirimpettaie presenti sul posto: San Marcellino e San Severino.
Spazio note
(1) G. CANTONE, Intorno a San Marcellino. L'architettura della trasformazione a Napoli dal Cinque al Settecento, in Il complesso di San Marcellino. Storia e restauro, a cura di A. Fratta, Napoli 2000, pp. 19-55.Categorie delle Guide
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