Monastero S. Maria di Donnaromita Napoli
Il Monastero di Santa Maria di Donnaromita a Napoli1 sede accademica universitaria, si colloca in quella zona del centro storico della città che Alfredo Buccaro chiama, ”zona di rispetto”, ovvero, quel nucleo urbano di fondazione greca oggi ad oriente di Via Paladino e ad occidente della murazione del V secolo d.C., quella cioè che correva lungo il filo moderno di Via Mezzocannone.Ospita presso il corpo occidentale, composto di quattro piani più lo scantinato, le aule per la facoltà di Ingegneria, fin da quando si chiamava Scuola di Applicazione degli Ingegneri di Ponti e Strade.
Ovvero allorquando fu dismessa dai locali di Palazzo Gravina e molto tempo ancor prima dai locali presso il palazzo Ruffo di Bagnara a piazza Dante.
La configurazione moderna di questo edificio seppur frutto di un adeguamento strutturale raggiunto in molti anni di lavoro a partire dal 1900, e a seguito di diversi interventi, fu però assoggettato alla propaganda fascista durante gli anni dell'Alto Commissariato prima di Castelli e poi di Pietro Baratono, celebrandolo quindi come una promozione del Regime2.
Si apre con un poderoso fronte di 92 metri di lunghezza sul lato occidentale di Via Mezzocannone ed è interessato da 2000m2 di copertura totale a completamento della quinta neorinascimentale che impreziosisce questo lato di via Mezzocannone, e facendo seguito alla riduzione architettonica già posta in opera su Via Paladino, lato collegio del Gesù Vecchio e della facciata degli immobili laterali della sede centrale dell'Università di Napoli prospiciente il Rettifilo.
La situazione attuale trova riscontro presso il materiale fotografico facente parte della raccolta “Libri antichi”, nell'album dal titolo: R. Istituto Superiore di Ingegneria di Napoli, Gabinetti e Laboratori Scientifici in custodia alla biblioteca “F. Gasparini” presso la facoltà di Ingegneria piazzale Tecchio a Fuorigrotta3.
Soppresso quindi come monastero nel 1808 e le sue ultime 24 suore furono trasferite presso il monastero di San Gregorio Armeno ed i suoi locali furono occupati dal personale dell'Alta Corte Militare dell'Orfanotrofio e della Commissione dei Vestimenti4. Fino al 1865, anno delle espropriazioni comunali, parte del monastero è appartenuto al Pio Monte della Misericordia5.
Soltanto nel 1910 i lavori di ammodernamento di Via Mezzocannone sulla quale il monastero affaccia permisero lo sgombero di vecchie fabbriche che insistevano sul lato della Biblioteca Brancacciana, liberando l'edificio sul fianco di via dei Pidocchi di un atrio di antica fattura che dava al chiostro piccolo del medesimo monastero, pur detto: ”chiostro di Santa Lucia”. Mentre invece è del biennio 1925-1927, sul finir del “Ventennio” il completamento dei lavori di sopraelevazione di un piano di fabbrica a monte, l'installazione di un ascensore e l'adeguamento al primo piano per gli spazi didattici destinati alla Chimica docimastica, la Chimica analitica e la Metallurgia”. Il Gabinetto di Aereodinamica si trova al pian terreno, ivi dal 1928, allorquando fu pure costruito un corpo di fabbrica che ingombra spazio sul lato del chiostro ed oggi considerato un'opera brutta ed inutile. Del vecchio monastero non è rimasto più nulla, le superfetazioni e le sopraelevazioni realizzate nel mero tentativo di creare nuovo spazio da destinare alla didattica universitaria ha coperto buona parte delle logge antiche e degli antichi chiostri.
Il monastero di Santa Maria di Donnaromita prova decrittiva.
È stato ristrutturato completamente quasi trasformato nel 1910, nell'ambito del piano di risanamento della città di Napoli avviato già nel 1875.
- Giusto in tempo prima del sopraggiungere del 1913, anno in cui si avvieranno lavori di messa in opera per adeguare all'uso moderno delle antiche strutture anche le strade che lo stringono al centro, ovvero via Mezzocannone e via Giovanni Paladino, lavori che furono afflitti da varie interruzioni, la prima per il sopraggiungere della grande guerra, la seconda interruzione nel 1920 per mancanza di fondi. In seguito a questi lavori si avrà l'allargamento e la sistemazione altimetrica di via Mezzocannone sul qual fronte, verrà completamente rimosso un atrio che dava al chiostro di Santa Lucia, ovvero il chiostro minore del monastero di Santa Maria di Donnaromita, del quale, fu costruito proprio in quegli anni ancora un altro piano in altezza per adeguare la struttura a facoltà di Ingegneria anche nella sua porzione meridionale lato vico Orilia, che all'epoca ancora si chiamava vico Università. Secondo Gennaro Aspreno Galante nella sua Guida sacra alla città di Napoli la scomparsa diaconia di Sant'Andrea, una delle più antiche del comparto era collegata ad un ospedale che inizialmente fu creato per ospitare gli studenti della nascente università napoletana, ma che in seguito alla crisi scatenata dall'iconoclastia di quell'epoca dovette far posto alle monache basiliane ivi riparate perchè fuggite da Costantinopoli e che quindi, in quel di Napoli, queste non molto tempo dopo e non molto distante dall'ospedale fondarono il monastero di Santa Maria del Perceio di Costantinopoli, anche detto Cella nuova. Ma in realtà il complesso monastico di Santa Maria di Donna Aromata esisteva già sul posto a pochi passi e fu nel 1476 per volere di Papa Sisto IV che i due complessi ed i due rispettivi Ordini monastici si fusero assieme sotto l'unica denominazione più antica di Santa Maria di Donnaromita. E quindi ciò che restò del soppresso Ordine delle suore basiliane andò recuperato dalla nobiltà del luogo che come noto a tutti vi piantarono base per il Seggio di Nido6.Del nuovo monastero che ospitò le monache si sa poco o forse niente poiché d'esso niente è resistito all'usura del tempo, neppure un disegno abbozzato, nulla. Si verrà a sapere molto di più del monastero anzidetto solo a partire dallafine del XVI secoolo quando questo forte delle ricchezze accumulate in denaro come in altre proprietà attuano un vero e proprio programma di ampliamento monasteriale. Nella veduta del Lafrey del 1566 si osserva indicati separatamente sul posto i locali del Seggio di Nido e la chiesa di Sant'Angelo, fisicamente confinati da uno strettissimo vicolo che già allora segnava il tracciato definitivo giunto all'epoca moderna col toponimo di vico Donnaromita. Si vede sulla mappa un nutrito numero di fabbriche a grappolo attorno alla chiesa di Sant'Angelo discendere nella direzione del Gesù Vecchio, mentre dall'altro lato, sulla strada per il Seggio, l'attuale via Paladino, si osserva una doppia cortina edilizia proteggerne il fianco a sinistra. Ed al centro il vuoto non segnato dalla presenza della chiesa di Santa Maria di Donnaromita perchè non ancora edificata. Infatti,la mappa del Lafrery verrà si pubblicata nel 1566 ma della costruzione della chiesa se ne parlerà solo nel 1550, motivo per cui si giustifica la mancata annotazione sulla mappa. Si ricorda a beneficio della storia di questa chiesa e del suo annesso monastero che l'impianto per intero è un unicum, in quanto rispetto alla categoria immobiliare che ricadde nell'operazione di ristrutturazione controriformistica subì notevoli cambiamenti che lo stravolsero, cosa che altrimenti non accadde alla restante parte del patrimonio a cui venne prescritta la norma di adeguamento strutturale. Questo per dire che ad esempio anche i conventi benedettini di San Marcellino e Festo e quello di San Gregorio Armeno fu imposta la trasformazione secondo il dettato spirituale della Controriforma senza però necessariamente vedersi cambiare di fatto la sistemazione degli spazi chiesastici. E nel caso della chiesa in oggetto, le suore proprio in assenza di spazio vitale procedettero a fortificare il loro monastero in altezza, piuttosto che in larghezza caratterizzando lo spazio circostante di soli spazi claustrali a due piani non oltre, adeguando invece su più piani gli spazi per il dormitorio. È ancora propria della veduta Lafrery gli spazi di due cortili occupati dal monastero sul fronte di piazzetta Nilo e di altri due che invece vennero insediati dai locali delle vocande aperti sul fronte di quella che oggi è via Orilia, ma che molto prima del 1854 si chiamava via dei Pidocchi o in tal casi, Via Pitocchi. Per molto tempo dopo fino all'epoca contemporanea questo vicoletto si chiamò anche Vico dell'Università. Il nuovo dormitorio fu costruito nel 1639, opera di Pietro De Marino, allievo del Picchiatti. Nel più tardo diciassettesimo secolo si sapranno notizie di ricostruzioni di nuove celle e di una terrazza belvedere che gira tutt'intorno alla collinetta del Monterone. In altre ricerche invece son sopraggiunte notizie circa il rifacimento di tutta l'ala sud-occidentale col muro della clausura prospisciente via Mezzocannone ed in altre notizie su altri documenti si evince della ricostruzione del dormitorio su via Paladino e di un nuovo belvedere su via Pidocchi aperto lato Monteverginella con un'aggiunta, spiega il testo, di ventidue finestre ed altrettante ventidue gelosie fatto del tutto inusuale per un ambiente della clausura, che altrimenti alle finestre a sempre e solamente imposto la grata come strumento di coercizione fisica della vocanda, che nonostante tutto, ha comunque potuto godere della visuale sul mondo circostante7. Queste notizie pervengono dai documenti redatti in favore dei pagamenti quietati nel 1762 a Giovanni Del Gaizo, mentre la progettistica addirittura risale al 1703, quando a metter mano alla sistemazione e all'ampliamento delle parti strutturali del monastero vi fu la direzione di Domenico Barbuto, architetto ed Aniello De Marino capomastro8. Gli ambienti invece destinati ad uso parlatorio sul lato settentrionale del monastero son stati realizzati a partire dai disegni di Giuseppe Astarita, sempre del Settecento, allorquando fu anche aperta la portineria su vico Donnaromita con tanto di porta carraia sulla quale fu affisso ricco fastigio con epigrafe tutt'oggi non più visibile9 e la medesima portineria è sopraggiunta all'era moderna completamente irriconoscibile soprattutto dopo la tamponatura dei vani tutto intorno che l'hanno resa una sorta di locale centrale a pianta ellittica con copertura adeguata all'uso di una cupola di piccole dimensioni a forma di scodella cadente su pareti modulate da paraste. Fino a tutto il 1762, secondo quelle che furono le trattazioni del capomastro, Gennaro Cangiano, sul lato discendente da nord di via Mezzocannone ad oriente dell'orto di Donnalbina, affacciava seppur separato da alto muro della clausura, così come indicato nella mappa del Duca di Noja, la piccola corte a tre lati appartenente al chiostro grande del monastero di Santa Maria di Donnaromita, detto anche ”chiostro di Santa Lucia”, si legge sul documento, dato di bianco nel 1765, ai muri e a tutte le colonne che sorreggevano gli archi al sole. Ad ogni modo l'analisi del complesso effettuata scientificamente nell'Ottocento mostra una loggia scoperta al livello superiore del chiostro, caratterizzata lato Sud-Ovest e Nord-Est da semplici teorie di pilastrini di fabbrica, mentre illato Nord-Ovest dell'invaso era coperto da volte a crociera, ed infine il quarto lato della loggia completamente scoperto e posto ad un livello inferiore mancando per l'appunto il primo livello10.
Spazio note
(1) GIANCARLO ALISIO, Il Gesù Vecchio a Napoli, in «Napoli nobilissima», n.s., V (1966), p. 211. Per le ipotesi sulla murazione cfr. Mario Napoli, Napoli grecoromana, Napoli, Berisio, 1959, p. 30. Cfr: Archivio di Stato di Napoli (d'ora innanzi AS Na), Monasteri soppressi, vol. 3984, foll. vari, e . MARIA RAFFAELA PESSOLANO, La chiesa di Donnaromita e le superstiti strutture conventuali, in «Napoli nobilissima», II 1975), p. 55.(2) Cfr. Napoli. Le opere del Regime dal settembre 1925 al giugno 1930, a cura dell’alto commissariato per la città e provincia, Napoli, Giannini, 1930, p. 378.
(3) Francesco Viola in ALFREDO BUCCARO, FAUSTO DE MATTIA (a cura di), Scienziati-artisti. Formazione e ruolo degli ingegneri nelle fonti dell’Archivio di Stato e della Facoltà di Ingegneria di Napoli, Napoli, Electa Napoli, 2003, pp. 313-314.
(4) GIUSEPPE RUSSO, La scuola d’ingegneria in Napoli. 1811-1967, ivi, 1967, p. 177.
(5) Atti del Consiglio Comunale di Napoli, a. 1865
(6) AS Na, Monasteri soppressi, vol. 3984, foll. vari,
(7) AS Na, Monasteri soppressi, vol. 4023, pass.
(8) AS Na, Monasteri soppressi, vol. 4007, foll. 126 sgg. Cfr. pure ASDNa, Acta Apostolica, Lett. D, fsc. 2, n. 7.r apporto del Barbuto del 20 giugno 1703 e perizia di Antonino di Notarnicola del 13 novembre 1703.
(9) CARLO CELANO, GIOVANNI BATTISTA CHIARINI, Notizie del bello, dell'antico e del curioso della città di Napoli, Napoli, Tip. Chiurazzi, 1856-60, p. 650.arbuto del 20 giugno 1703 e perizia di Antonino di Notarnicola del 13 novembre 1703.
(10) AMBROGIO MENDIA, Relazione sulla Scuola d’Applicazione per gli ingegneri in Napoli, ivi 1884, pp. 60- 61.
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