Le Cliniche Universitarie Napoli

Gli edifici restituiscono in linea di massima lo stile dell'architettura metà Ottocento, e dalla loro fondazione ad oggi raccolgono in un sol comprensorio, detto ”il Policlinico Vecchio”, le rispettive facoltà di Chirurgia, Ostetricia, Ginecologia ed Oftalmologia.
Le cliniche, termine col quale speso è chiamata tutta questa zona, sono esse stesse l'effettiva dimensione di un progetto universitario che va dal recupero del monastero del Salvatore sul Monterone, all'attivazione di un punto universitario creato presso la dismessa chiesa e monastero di Santa Maria in Donnaromita a piazzetta Nilo.
Sono dunque solo parte di un disegno urbanistico molto più ampio che prevedeva un ammodernamento della rete strutturale universitaria di inizio Ottocento verso la quale, si mossero le attenzioni degli studiosi italiani sempre più stimolati dall'idea di equiparare l'unità dei servizi universitari di Napoli alla medesima qualità di quelli offerti dalle altre sedi omologhe d'Europa raggiunto fino alla data 1880.
Dalle ricerche condotte da Giancarlo Alisio, cioè, su quale degli edifici che compongono il vasto patrimonio immobiliare in uso all'Università di Napoli fosse stata presumibilmente la cosiddetta ”sede delle origini”, si evince che questa fu zona ambita dagli urbanisti napoletani per quanto riguarda la sistemazione delle nuove cliniche si che potesse dare di Napoli l'aspetto di una città moderna suggerita anche dall'annessione della stessa all'Italia unita definitivamente solo pochissimo tempo prima.
Ma la spinta propulsiva a terminare l'opera già in corso delle cliniche in tempi necessariamente molto più brevi del previsto sopraggiunse improvvisa dall'emergenza colera scoppiata nel 1884, dalla violenza di quell'epidemia e dall'elevato numero dei morti che ne seguirono e dalla necessità dello Stato di farsi presente con un suo pronto atto governativo onde soddisfare la richiesta di manifesta attenzione istituzionale ai problemi sociali connessi a questi eventi. La loro realizzazione come amplissimo lavoro di ammodernamento del colle lo si ebbe solennemente sottoscritto solo nel verbale di intesa del 1896 tra il Ministro Emanuele Gianturco, il rappresentante del Comune di Napoli Melisurgo e l'ingegner Quaglia per la Società di Risanamento.
Il cantiere delle cliniche sorse contemporaneamente ai lavori posti per realizzare il Rettifilo.
All'inizio di quel nuovo secolo, Napoli avrebbe avuto oltre alle cliniche anche moltissime strade tirate larghe e dritte, prime tra tutte, il Rettifilo.
- Nel 1884 all'epoca dello sconvolgimento di colera, Napoli fu oggetto di attenzioni sovranazionali per le preoccupanti condizioni sociali. Su una rivista, ”Capitan Fracassa” a far data 17 febbraio 1884 venne pubblicato un articolo di Matilde Serao che più che un articolo apparse come uno sfogo della giornalista contro il capo del governo di quell'epoca che si contraddistinse per la sua personale convinzione di dover sventrare Napoli per guarirla del suo male endemico, che non fu certo il colera, ma i quartieri popolari che sarebbero rimasti comunque dov'erano e com'erano, anche se si fossero terminate le grandi opere colossali, come le strade dritte e larghe, tipo il Rettifilo. La Serao piuttosto suggeriva di salvare la morale di questa città dalla corruzione, come scrisse lei stessa: ” …. rifacendo coscienza e salute di povera gente, a cui insegnare a vivere, visto che fino a questo momento ha solo saputo dimostrare di saper morire. ” E chiuse l'affondo aggiungendo: ” … per salvare Napoli non basta sventrarla, bisogna rifarla tutta.” In effetti fa notare il ricercatore, Giancarlo Alisio, questa presa di posizione della Serao, favorevole ad una città come Napoli allora non del tutto considerata, riprendeva quanto già denunciato da Pasquale Villari in una sua raccolta trascritta nel memorandum ”Lettere Meridionali” e pubblicate sulla rivista ”L'Opinione di Torino” col quale, il Villari chiede che si possa dare giudizio delle condizioni in cui versava la città di Napoli non dai napoletani, in quanto, questi ultimi, così come trovato scritto, ” … erano platealmente non creduti in parlamento”. Da queste affermazioni seguiranno due inchieste di forza giornalistica nient'altro, una dal titolo ben noto: ”Napoli ad occhio nudo” un libro scritto da Renato Fucini, e l'altro invece una sorta di dossier scritto da Jessie White Mario e dato alle stampe col titolo ”La Miseria in Napoli”. Nella zona delle Cliniche universitarie prima delle stesse cliniche universitarie esistevano rispettivamente l'uno di fronte all'altro tra via Costantinopoli e la via del Sole i conventi di Santa Maria della Sapienza e quello della Croce di Lucca, che, prima di esser completamente trasformato in caserma dei pompieri funse per un poco di tempo da sede universitaria per insegnare le Scienze Naturali, il Disegno e la Medicina1bis. Come già accennato sopra gli ingegneri Melisurgo e Quaglia firmarono il progetto di sventramento dell'area nella quale ricadevano i due conventi e accorpando assieme tre grandi blocchi tra il 1899 ed il 1900 vennero rasi al suolo i due conventi e perdute per sempre le architetture del XV secolo assieme a numerose opere d'arte connesse alle due strutture. Fu del Benedetto Croce l'insistenza in parte accolta ed in parte respinta di risparmiare parte del patrimonio antico di questa zona. Si salverà dalla distruzione solo la piccola chiesetta annessa al convento della Croce di Lucca, in un primo tempo servito all'Università per farci il teatro anatomico almeno fino a quando non si decise di sfruttarne lo spazio per mostre e convegni. La chiesetta oggi non mostra più le due navate di cui ne fu architettura per soddisfare ragioni di estetica della piazzetta Miraglia su cui è in gran parte prospisciente. Fu per tanto destinato nel 1920 all'associazione musciale Scarlatti che ne usò lo spazio per dei concerti, poi nel 1935 ritornata all'uso di chiesa aperta al culto cattolico, fu nuovamente sprofessata durante l'occupazione nazista ed usata come magazzino per le merci, fino al 1943, a partire dal qual anno, fino al 1994 restò praticamente chiusa ed in stato di totale abbandono. Dal 1995 fu concessa all'allora S.U.N., oggi, l'Università Luigi Vanvitelli. Dei tre grandi blocchi che costituirono il primo progetto di edificazione delle cliniche universitarie, il terzo, quello posto nel punto più alto di via del Sole dopo il terremoto del 1980 fu demolito per realizzare un progetto sostanziale di nuova costruzione tra la sede del convento di Sant'Aniello fino a Porta San Gennaro continuando a distruggere altro materiale antico presente sul posto. Di quel progetto però non se ne fece più nulla per un'agguerrita campagna di stampa a tutela del patrimonio da salvaguardare2.
Spazio note
(1)(1bis) L’Università di Napoli nell’anno scolastico 1896-97, relazione del Rettore, prof. Luigi Miraglia p. XVII.
(2) Arturo Fratta, Centro storico vent’anni dopo. Una campagna di stampa in difesa di Napoli. Napoli, Istituto Italiano per gli Studi filosofici, 2002.
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