Via Annamaria Ortese a Napoli

Via Annamaria Ortese è una strada della fitta rete intermedia al quartiere di Scampia zona settentrionale di Napoli, insinuata alle spalle di tre mastodontici casermoni che la riparano alla vista da via Arcangelo Ghisleri e non meno da via don Lorenzo Milani da dove nasce.

Una teoria di piante arbustate organiche all'arredo urbano progettato impedisce la piena visuale del panorama sulle Vele di Scampia dal lato sinistro della stessa strada.

In questo settore di quartiere è stato possibile costruire modelli evoluti di edilizia pubblica residenziali considerate per la loro epoca all'avanguardia rispetto solo alla produzione del modello casa nell'universo case popolari d'Italia, con eccezione per il linguaggio architettonico di presunta autorevolezza.

L'Istituto Autonomo per le Case Popolari di Napoli e Provincia già nel lontano 1995 ritenne opportuno attuare iniziative volte ad assistere gli assegnatari di questi alloggi alla migrazione di proprietà nell'ambito della dismissione di circa 180.000 alloggi attuati in via definitiva nel 2001. Mentre invece, nel 2008 il decreto legislativo numero 62/08 ha introdotto nel codice dei Beni Culturali l'articolo 57/bis che regola l'alienazione, la valutazione e ulteriore assegnazione di locali ritenuti per legge beni pubblici di vetustà ultracinquantennale, sottoponendo per tanto gli stessi ad una pratica estenuante di valutabilità delle abitazioni oggetto della presente legge e quindi col blocco di interi lotti di pratiche.


Alla stregua di Via Antonio Labriola anche questa nacque come strada di servizio.

Fu secondaria all'appoggio logistico per i mezzi di trasporto materiale per il cantiere delle costruzioni Vele durante il quinquennio 1959-1964.

  • L'imbocco è da via Don Lorenzo Milani con ingresso speculare che offre il tipico ”doppio varco ingresso – uscita” ivi pensato ed ivi realizzato per il traffico automobilistico da e per il centro del lotto grazie ad un lieve dislivello. Poco oltre si leva in altezza il primo dei tre edifici dall'aspetto tipologico e morfologico peculiare alla specie immobiliare di Scampia. E davanti a sé disegna l'urbanità sofferente di questo settore, dato dal risultato che ne viene fuori dalla squisitissima forma dello spazio estratto dalla miglior scuola di architettura milanese, alla purtroppo forma degradata della vita sociale che in esso altrimenti si è svolta fino alle epoche in cui scrittori capaci ed audaci l'hanno ben descritta. Si tratta di un palazzone a scalare, con affaccio sul versante delle Vele e sei torri-scale sfinestrate avanzano dall'impianto ed al centro è stata anche prevista nonché realizzata la rampa accesso agli alloggi riservata all'utenza disabile. Il secondo degli edifici è distante poche decine di metri e corre obliquo al primo nella direzione dell'est mentre sul suo fronte interno si aprono seppur a tratti, spazi funzionali previsti per la pubblica socialità, adeguatamente attrezzati di verde e di aree di sosta, oltre alla stecca degli edifici che invece segnano il confine con un'altra piccola strada che da quale punto in poi inizia a correre parallela: via Giuseppe Fava. Questa in effetti crea una seconda carreggiata divisa da altro materiale edilizio attorno al quale completa un ampio giro e termina quindi nuovamente su via Ortese, nel punto esatto in cui un terzo edificio chiude anche quest'altra strada. Quest'ultimo edificio è caratterizzato dall'esposizione a terra di locali scantinati sotto una sequenza di portici, il più delle volte con attività di vendita al dettaglio di prodotti per la casa, frutta, salumi.

È intitolata ad Annamaria Ortese, scrittrice e saggista italiana.

Nativa di Roma visse per qualche tempo a Napoli dove ha collaborato con le diverse testate giornalistiche locali dell'epoca.


  • È autrice del romanzo popolare: Il mare non bagna Napoli, il racconto della Napoli del 1953, ancora del tutto distrutta dai bombardamenti di dieci anni prima, afflitta dalla fame, dalla povertà e dall'analfabetismo; una specie di romanzo scritto con la tecnica prossima alla letteratura di denuncia, il tutto mentre, nell'area occidentale della città, presso la spianata di Scampia, veniva dato luogo alle fondazioni delle Vele. Fu pubblicato da Einaudi e l'anno successivo arriva primo al premio Viareggio. L'eloquenza con la quale l'autrice racconta la città dove ha per molto tempo vissuto trovò favore presso la critica del settore, ma non presso alcuni principali fronti intellettuali del sud Italia che altrimenti accusarono la scrittrice di offendere e denigrare la città di Napoli, e l'accusarono di farlo principalmente nella fattispecie delle sua condizioni sociali, dei suoi usi e costumi, le sue tradizioni popolari e le risorse del territorio. Le accuse non è escluso ebbero come fondamento l'avversità del salotto buono della Napoli del dopoguerra alle figure femminili per giunta neppure napoletane, neppure meridionali, che avessero dato modo attraverso la didattica, la ricerca ed il racconto delle personali e spiccate capacità di distinguersi. Per questa nota di tristezza sulla storia del racconto scritto da Annamaria Ortese, nel 1994, la casa editrice Adelphi, a quattro anni prima della sua morte, ripubblica il romanzo con un'inedita guida alla lettura, scritta da lei stessa, una sorta di prologo lezionario per edurre il lettore a non equivocare ulteriormente. La sostanziale visione del mondo circostante racconta di una Napoli colta dal problema della povertà dilagante nei vicoli e nelle piazze della città, con una percepita compiacenza della classe media borghese nel reiterare l'atteggiamento indifferente delle generazioni precedenti rispetto ai problemi riscontrati. Uno dei suoi curatori presso l'Adelphi definì la scrittura di questo romanzo come un tentativo di raccontare Napoli come di una ”città involontaria”, uscita dalle grosse pieghe del sistema reale per esser pienamente assorbito dalla giurisdizione della nuova repubblica. Napoli a quell'epoca scontava la grossa crisi del nazismo e del fascismo prima ancora, ma anche delle amministrazioni comunali del tardo ottocento che non seppero adeguare la città dei beni e dei servizi che invece stavano facendo crescere la vicinissima Roma, lasciandola quindi allo stato di abbandono e alla mercè della nuova specie criminale, che, in quegli anni si stava iniziando a definire col termine di Camorra. Non è un caso che la Municipalità alla quale spetta il compito di governare il quartiere di Scampia abbia deciso di dedicare a questa scrittrice questa particolare zona della città.