Comuni Riuniti di Chiaiano e Polvica
Furono i francesi di Gioacchino Murat entrati a Napoli nel 1806 a riunire in un sol comprensorio i territori di Polvica, Santa Croce e Chiaiano e chiamarli tutti quanti solo e semplicemente, Chiaiano oggi è ancora ricordato con un regio decreto del 1807, in custodia presso l'Archivio Storico di Napoli, numero 1890 del fondo Intendenza di Napoli.Esiste però un documento che precisa il punto di vista dei Conuni Riunti di Chiaiano ricadenti amministrativamente nel distretto di Marano e Pozzuoli fino al 1848.
Questo documento è in custodia presso l'Archivio Storico della Diocesi di Marano, fondo Marzolla, Carta dei Contorni di Napoli, 1848.
Prima dell'avvento dei francesi colonizzatori del Sud Italia, in quest'angolo di Paese, la distinzione tra casalesi del demanio, i pastori del barone ed i contadini della collina era ancora molto forte. L'idea economica del luogo era quello della continua messa a coltura di enormi appezzamenti di terreno senza soluzioni di continuità con le fondazioni immobiliari ed i suoi abitanti vivevano ancora senza prospettiva differente, come agricoltori, artigiani e pochissimi alle dipendenze del Comune.
Fu sopratutto una storia di contributi diretti cioè quelle quote messe a carico della Provincia pagate annualmente e da ripartire per i Comuni dell'Intendenza ed i contributi indiretti, cioè quelli provenienti dalle casse dei privati, tra i quali anche i contadini da ripartire altrimenti ad altri, c'è scritto, regi agenti.
Sempre nell'ambito del secolo Ottocento Chiaiano fu fatta pendere alla diocesi di Pozzuoli.
Per quanto riguarda invece l'amministrazione della giustizia nei territori riunti vennero collocati i cosiddetti, conciliatori comunali, ed i giudici del circondario.
- Questi valsero per tutti gli affari di loro competenza. All'istruzione sul territorio provvedette una sorta di giunta amministrativa per la sola istruzione residente all'interno di quel che restò del perimetro murario con un rispettivo rappresentante di questo ministero, talvolta indicato sui documenti con la voce Ministro2. Sul territorio in esame per questa espressa funzione furono costruiti quindi tre edifici scolastici per tutte e tre le diverse zone seppur già inglobate in un'unica forma giuridica. La prima scuola per l'educazione quindi fu quella sulla strada provinciale per Polvica, il moderno Corso Chiaiano, la struttura pubblica che diventerà col tempo la Casa comunale di Chiaiano, la moderna sede della locale circoscrizione comunale e la seconda scuola fu costruita poi demolita in zona Santa Croce come testimoniato dalle delibere consiliari del decurionato dei Comuni Riunti tutto trascitto e documentato3.
Storia del casale di Polvica e delle sue masserie.
Il territorio di Polvica è noto fu unificato nel 1806 dai Francesi di Gioacchino Murat al casale di Chiaiano, e da allora ha smesso di esistere autonomamente.
- Da allora ha da sempre goduto a pieno dei servizi distribuiti dal centro comunale cittadino assegnato. Del suo casale antico è rimasta però la memoria del suo territorio che pende dal punto più alto della Canocchia, allo storico incrocio di Via Michele Pietravalle, Via Tommaso De Amicis e Via Vincenzo Parisi, strada quest'ultima, ottenuta dalla fondazione dei muri di cinta l'uno di fronte all'altro e che tengono separati i complessi ospedalieri Antonio Cardarelli ed il II Policlinico. Da quest'incrocio quindi Polvica inizia e discende rupestre verso la piana di Chiaiano, unendosi idealmente a quest'ultimo attraverso l'esistenza su via XX Settembre del cosiddetto Bastione di Rodi. Mentre la stessa Polvica nella sua antica espressione territoriale non va dimenticato tende ad occupare anche parte della zona collinare nella tenenza di Santa Croce verso l'Orsolone, di cui, maggiormente note sono le masserie dei Calori di Sotto, Borgo dei Quaranta e masseria della Toscanella. Polvica è ormai un tutt'uno con Chiaiano a partire da via XX Settembre sulla qual strada affaccia il colosso di Rodi, la palazzina usata come edificio scolastico nel 1888, così chiamata dall'ingegnere del Comune quand'era ancora solo un casale, giunto sul posto per rettificare alcuni errori di valutazione sullo scorrimento del traffico delle carrette commessi inevitabilmente nel 1883 dall'ingegner Fallanca. L'immobile a giudizio dell'ingegnere dà una mano a Polvica e una mano a Chiaiano favorendo quindi in questa espressione l'unificazione di due zone da sempre considerate sorelle. In realtà l'unificazione era già avvenuta per decreto del re di Napoli Gioacchino Murat, ma prima che ne diventava realtà fisica ci vollero all'incirca 80 anni e certamente la carrabilità di molta buona parte del territorio di Chiaiano all'incontro con Polvica ne ha spinto l'effettiva percezione.
Masseria detta Rione dei Calori di Sopra e di Sotto.
Si tratta di una delle tre zone interne al borgo di Santa Croce all'Orsolone, cuore della collina dei Camaldoli di Napoli.
- Semi nascosta sta spalle del II Policlinico di cui ne ammanta il luogo di un folto bosco di mortelle della fattispecie più antica. È tutto in pendenza sul colle tra salti di quota fortemente accidentati, inclinazioni rupestri ed un numero considerevole di cave all'aperto sottratte alla vista dal manto boscoso. È disegnato com'era e com'è dall'ideale confine fisico oggi non più esistente tra la zona di Santa Croce all'Orsolone a destra del nosocomio e Chiaiano a sinistra, uniti tra loro per mezzo dell'intersezione cinquecentesca della strada comunale Margherita, la mulattiera che l'accompagna da punto a punto, servendo a tal riguardo anche una diramazione terrestre per favorire l'ingresso al cimitero di Chiaiano. Il suo è un nome prediale, deriva cioè dal cognome della famiglia benestante che l'ha abitato per prima, i Colauri. La versione moderna del quartiere presenta intatti tutti i suoi caratteri tipologici, ripresi e fortemente strutturati in epoca fascista durante la quale, pur rispettando la primitiva orografia terrestre furono sistemate le preesistenti vie di comunicazioni interne. I primi ad abitare questo territorio furono a partire dal 1271, Pietro, Ligorio, Angelo, Giovanni, Marino, Cesare e Simone Colauri. Tutti questi signori passeranno alla storia di Napoli col termine di revocati, coloro cioè che lasciarono il centro abitato dentro le mura della città ed andare a vivere in collina, con un proprio mandamento e casale autonomo giusto per sottrarsi all'obbligo di pagare le tasse all'allora Governo angioino, che per questa ragione li ha revocati ovvero, espunti da libro delle famiglie nobili della città intramoenia, assieme, si legge sul testo alla nobilissima famiglia dei De Liguoro da cui, in ipotesi, potrebbe trattarsi della famiglia nativa di San Biagio Maria De' Liguori. Le famiglie che abitarono questi luoghi col cognome Colauri furono ricordate per esser state le prime nel vasto territorio oltre le mura della città ad aver sul posto il cosiddetto giudice del contratto, ovvero quella persona imparentata con loro che sul posto fungeva da notaio, in quanto, il vero notaio per legge non poteva abitare fuori dalle mura e ancor meno presso un abitato di gente che non dimentichiamolo erano pur sempre dei revocati di giudizio. Di Polvica nel 1709 ne fu sindaco uno di loro, tale Giovanni Calore, e questo lo si seppe dal giorno in cui, per decreto e per cerimonia convenuta, a don Geronimo De Aloisio fu conferito il possesso del feudo di Polvica vendutogli dal barone Salinas, alla presenza del Governatore, degli Eletti e di numerosi altri abitanti della zona tra i quali, Paolo e Sebastiano Calore. Il Chiarito, uno dei massimi studiosi dei casali napoletani ricorda questa famiglia, i Colauri nelle rogatorie attive per il territorio di Marianella e nel 1700 divennero parte attiva anche del Collegio degli Eletti di Polvica. Di Polvica, e quindi del Rione dei Calori, per un certo tempo fu anche Nunziante Pagano, avvocato di mestiere, filosofo per vocazione. Cavese d'origine, vedovo Lorenza De Marinis, amico di Giambattista Vico, nelle sue poesie amava firmarsi, Abuzio Arsura. Iscritto tale e quale al suo amico Vico all'Accademia del Portico della Stadera, nato in quel di Cava dei Tirreni, nel 1700 andò a recarsi e godere delle solitudini boscose di Polvica, amene al punto che il poeta spesso nei scuoi scritti ricorre col termine, Mortelle, nel senso di bosco, fino a titolare una delle sue poesie con: Mortella d'Orzolone, ovvero il Bosco dell'Orsolone, il medesimo luogo delle solitudini che ha dato ospitalità in passato anche ad altre importanti famiglie napoletane, tra le quali, spiccano per importanza sociale, i de Concilis e gli Shamberon. Per il resto ad abitare assiduamente questa pendenza del colle furono braccianti agricoli al servizio dei signori, quindi un mondo nel mondo, vassalli dei baroni, pagati a dazio per il lavoro dei campi, fin che molti di loro vi stabilirono fissa dimora circoscrivendo il versante collinare di storie di feudalità squisitamente napoletana, amabilmente descritta dal repertorio del Nunziante, che evoca con carattere l'appartenenza al feudo degli abitanti di Calori. Gli ultimi ad abitare questa zona per intero ed infeudarla dei loro diritti acquisiti furono i Mauri, iniziati da Giuseppe Mauri, primo proprietario in assoluto di tutta quanta la vasta zona fino a determinare nuove propaggini fin quasi a raggiungere con rampe e scale il Rione di San Gennaro dei Poveri. Giuseppe Mauri acquisì il feudo di Polvica dalla vendita effettuata nel 1780 da donna Costanza Santomango, principessa di Minervino, moglie e vedova del marchese Venturi.
Masserie Quaranta, Solli e la Decina.
Contribuiscono alla formazione del territorio del versante orientale della collina dei Camaldoli le masserie Quaranta, Solli e Decina.
- Il luogo detto ”Masseria dei Quaranta” è cosiddetto per la presenza sul posto di una cappella votiva sotto il titolo del SS. Rosario, realizzata coi fondi privati della famiglia Quaranta, benedetta e avallata direttamente dal Cardinal Pignatelli. Ed è anche il luogo con qualche accettazione linguistica fuori portata, il meno esistente possibile poiché nel 1714 consisteva di sole sette persone che l'abitarono, regolarmente battezzati e qualche bambino. Ed è anche tra le altre masserie confinanti appartenuta alla parrocchia di Santa Croce all'Orsolone, ma prima d'allora appartenne per molto molto tempo alla parrocchia di San Giovanni il Battista di Marianella. Alla Masseria quando questa esisteva completamente in tutte le sue parti strutturali vi si accedeva per una cupa, il termine ottocentesco di dire strada di campagna, detta Strada del Portone, la medesima che dal borgo della Toscanella conduce al Frullone. È altresì interessante far notare che la cupa Quaranta effettivamente divideva in due parti quasi uguali la masseria, originando così la parte che pendeva nelle ricchezze dell'Arcivescovado di Napoli da quella parte che invece era nella disponibilità patrimoniale di Giuseppe Pagliuca e Domenico Brancaccio. Per quanto riguarda il luogo detto della Decina questo rispetto alla Masseria dei Quaranta presenta la differenza di non esistere quasi più se non fosse per le sole tre abitazioni che sopravvivono, una delle quali, è il manufatto che ha ospitato per molte generazioni la taverna del decino, luogo conosciuto e frequentato dai carrettieri che dalla piana di Terra di Lavoro per di lì passavano e recarsi dentro le mura della città. L'immobile oggi ancora esistente seppur non più un'osteria si trova sul ciglio di un quadrivio che ha la caratteristica di affacciare sia sul versante maranese da dove proviene una delle sue quattro strade di intersezione e di affacciare sul panorama dell'entroterra napoletano da dove sempre una delle sue quattro strade prosegue regolarmente. Una di queste strade è bene metterlo in evidenza, conduceva e conduce ancor'oggi nel luogo un tempo conosciuto come Torre Piscicello, da dove si poteva raggiungere comodamente l'abitato di Nazareth. Un luogo più considerato di transito, quindi, nonostante sia stato pensato per offrire un'opportunità di sosta per i viandanti. Francesco Schiattarella segnala che nel 1714 i nuclei familiari che la componevano erano appena quattro per dare senso ad un gruppo di appena tredici 'persone imparentate tra loro al servizio di un bosco separato in tre diverse sezioni che ruotavano attorno all'immobile. Ed ovvero, la selva del Mantracchio, incolta e primitiva nel tenimento di Marano dava luogo alla masseria dei signori Galeota che invece affondava nel territorio del distretto di Napoli, ed infine, la masseria di Don Ciro Cesareo, appartenuta tempo prima alla proprietà dei signori di Nazareth, la famiglia Crispo, ricadente nel tenimento di Pianura. Infine, la masseria dei Solli, o anche detto Sollo, in qualche caso scritto, Solla. Si trovava e forse qualcosa ancora sopravviverà fino alla fine degli anni Novanta del Novecento a sinistra della discesa che da Santa Croce all'Orsolone conduce verso il ponte della Caracciola. Come si evince dall'atto di nascita di Dorotea Solla, questa masseria fino al 7 settembre del 1643 apparteneva, assieme alla Masseria di San Severo alla Canocchia, alla cura diocesana della parrocchia di Polvica. Fino al 1884 in questa masseria fu curata la cappella votiva dedicata all'Immacolata di proprietà dei marchesi di Villarosa. Si ricorda che dal largo antistante al cimitero di Chiaiano esiste ancora oggi la masseria Paratina, forse l'unica tra le tante masserie del territorio di Santa Croce frammisto a quello di Polvica che offre passaggio ad una strada che si vede anche sulla mappa di Napoli del 1779 di Giambattista Porpora ingegnere della Regia Camera della Sommaria. Borgo Toscanella. Santa Maria a Toscanella fu una cappella votiva compresa nel 1714 nella cura offerta a tutto il territorio della parrocchia di Santa Croce all'Orsolone. Attorno a questa cappella, di giuspadronato fino al 1779 dei signori Piscicelli-D'Aragona, vissero fino a quella data considerata sei nuclei familiari di contadini con a capo Giulio Coppola il più anziano, coniugato con Giuseppina De Santis. Gli seguirono Giuseppe Riccio con Tranchilla sua moglie, Aniello Siemmolo e sua moglie Vittoria Fontana, Stefano Siemmolo e Angela Riccio, Giovanni Maisto e Angela Capuozzo ed infine, un certo Giovanni Sollo sposato con Mattia Ligorio. Come per tutti i borghi di montagna anche la Toscanella prese forma a partire da un'osteria, un luogo cioè di ritrovo di gente che di lì si trovavano a passare e quindi, come per tutte le diverse accezioni anche la Toscanella si è ritrovata a crescere come piccolo borgo attorno ad un incrocio di strade diverse. Nella fattispecie della Toscanella il suo incrocio prese nome di Fondina. Da questo incrocio era possibile e lo è tutt'oggi raggiungere sia il Frullone, sia la zona di San Rocco e quindi Napoli, ed ancora da questo medesimo incrocio si poteva e si può raggiungere la masseria dei Quaranta, da dove, grazie al passaggio della più piccola masseria di Nicola Bisogni è facile raggiungere Ponte Caracciolo.
Spazio note
(1) Fonti per questo argomento vai ai questa nota nota(2)A.S.Na., Intendenza di Napoli, fasci 1885-95.
(3)A.S.M.Na., Delibere consiliari e della giunta dal 1885 al 1927, Comune di Chiaiano.
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