Borgo Santa Croce all'Orsolone

Secondo il dizionario ragionato del Giustiniani, data la salubrità dell'aria e dei luoghi che la caratterizzano4 questa zona fu preferita per gli insediamenti silvo-pastorali della collina da parte dei contadini di Chiaiano e Polvica e Miano.
È poco nota agli studiosi e per effetto diretto è anche poco nota agli stessi napoletani, causa la quasi totale assenza di prove monumentali circa il suo periodo antico. Tra l'altro è esposta ad una tale pluralità di confini che col tempo si è determinata un'altrettanta pluralità di relazioni sociali e religiose che la costringono ad esprimere relazione territoriale ora con Antignao e l'Arenella, ora con Capodimonte o la Canocchia e più di una volta anche con il vallone di San Rocco.
Nonostante tutto è pur meno nota la sua data di nascita come zona propriamente detta, e quasi del tutto sconosciuti sono i momenti storici in cui Santa Croce ha attratto altri luoghi posti sulle pendici del colle dei Camaldoli, quando è entrata a far parte del distretto della città di Napoli, quando ne è uscita e quando ve ne è rientrata definitivamente nel 1926.
Dal lavoro cartografico di padre Camillo Degetto, redatto in spirituale esultanza dell'occasione del 300esimo anniversario della fondazione parrocchiale della chiesa di Santa Croce all'Orsolone, (1688-1988) coincidente con il 60esimo anniversario di vita dell'autore del documento in esame si è giunti a sottolineare quasi con millimetrica certezza che al territorio di Santa Croce appartengono le strutture immobiliari residenziali che ruotano tutt'attorno alla Clinica Psichiatrica, Villa Camaldoli, questa compresa, il sanatorio Principe di Piemonte, oggi l'ospedale Vincenzo Monaldi, l'ospedale per gli ammalati infetti ed infettivi, Cotugno, il 2° Policlinico ed infine, l'Ospedale Psichiatrico Frullone. Franco Schiattarella nel coadiuvare i lavoro della memoria storica della parrocchia di Santa Croce evidenzia come non sarebbe potuto esser altrimenti, che, come per Santa Croce all'Orsolone anche per tutti gli altri territori della zona più a nord della città deve escludersi la possibilità che possano esser stati oggetto di interesse da parte della giurisdizione centrale di Napoli, quanto piuttosto vero invece che proprio Santa Croce sia stata attratta da Cuma, Pozzuoli, Capua, Literno, Acerra, Atella e Volturno.
Santa Croce, la Canocchia e la Ianula durante il periodo ducale.
I primi insediamenti di carattere silvo-pastorale in zona debbono farsi risalire all'assegnazione delle terre ai coloni nel periodo della grande Roma.
- Pressocchè in coincidenza col potenziamento agricolo e militare della vicina Fuorigrotta non come la conosciamo oggi, certo, ma sicuramente come presidio romano oltre le colline, in anticipo a quella che sarà poi la moderna via Miano-Agnano. Tutto ciò secondo gli studi condotti sarebbe confermato dal ritrovamento su questa strada di un'iscrizione e che il Capaccio così testualmente la riporta: ”ET CORNELIAE FELICULAE UXORI”. Dice il documento preso in esame che su Via Miano, all'altezza della caserma dei bersaglieri, dovette esserci stato anticamente una sorta di poderoso incrocio di strade antiche, una proveniente da Casoria, ancora un'altra proveniente da Melito, un'altra ancora dai Ponti Rossi-Capodichino ed infine un'altra ancora da Calvizzano. La diramazione dell'incrocio generava, sempre secondo le ipotesi del Capaccio, anche strade e stradine che avrebbero raggiunti i borghi remoti della Sanità, la Canocchia, Sant'Antonio ai Monti e lo Scudillo. Quest'ultimo, secondo gli studi condotti da Fusco, potrebbe esser stato un luogo di vita legionaria, testimoniato dal ritrovamento di un preziosissimo quanto elegantissimo colombario romano in una zona più recentemente abitata dai padri della Congregazione di quel di Santa Caterina a Formiello5. Ma secondo il Capasso, noto studioso dello sviluppo dei casali a Napoli, debbono ascriversi a quest'epoca e a questa particolare zona detta pure Hermo, tutti le vicende pastorali legate ai vicini colli del Vomero, la Canocchia, il Torricchio e Capodimonte. Ovviamente all'era moderna non è più possibile aver chiarezza e mappa concettuale di queste zone ormai incluse come semplici luoghi in luoghi più grandi; ma dai numerosissimi atti pubblici che ancora si conservano per la storia di questa città, le donazioni, le divisioni dei territori, le permute, le vendite, gli acquisti, le successioni è insomma possibile riordinare quella che si definisce ambiziosamente come la mappa delle origini della città e del colle dei Camaldoli in particolare, proprio a partire dall'interesse mostrato verso il luogo detto della Canocchia, abitato dall'Ottocento dai padri della Compagnia del Gesù, seppur, è invece dimostrato esser stato un luogo scelto per le sepolture in epoche remote e per le fucilazioni durante il regime Fascista. Quest'ultimo luogo è venuto fuori come il luogo detto Ianula, dall'attento studio che se ne è fatto a partire da un atto rogato il 6 febbraio del 932, col quale, è testimoniato il trattamento di un fondo da dividere in Inaula nominato, si legge scritto sul testo, ”Cuniulum posito in memorato loco Ianula”, e quindi dovendosi concludere che per Canocchia si intende assieme alla Ianula il territorio che si trova nella parte inferiore di Santa Croce menato nella direzione del colle di Campodimonte, il settore più alto del viale dei Colli Aminei. E ancora della Canocchia se ne è rintracciato un altro documento che ne fissa la dimora sicura in questi luoghi e non in altri. Si tratta dell'atto datato 1066 sul quale risulta che un tale Gregorio, figlio di Pietro Ursi, alias Comite Maurone, marito di Teodomanda, lascia in usufrutto un pezzo di terreno detto a meerano, proprio nel luogo detto Conucola, cioè, Canocchia e lo lascia alla congregazione che gestisce l'officiatura di culto presso la basilica di Santa Restituta incapsulata all'interno del duomo di Napoli. Bartolomeo Capasso ancora una volta viene in aiuto nella riconsiderazione di tutta quanta la zona ricordando che Ianula e quindi con esso Canocchia è un termine incontrato anche nel diario scritto da un fedelissimo del Cardinal Filomarino, in visita ufficiale alla cappella della Santa Croce nel 1646, laddove si precisa che di mantenere a decoro la cappella medesima vi fu pure pensiero dei convicini che abitavano, c'è scritto proprio così: ”sopra Iano”. Potrebbe esserci d'aiuto notevole sapere che la strada moderna di Via Tommaso De Amicis, che incrocia sia Via Michele Pietravalle, sia Via Sergio Pansini, su nell'alto dei Colli Aminei e che conduce a Marano-Qualiano, anticamente si chiamò Calata Ianula, o anche, Caloianum.
Parrocchia di Santa Croce all'Orsolone a Napoli.
E' un edificio di culto tra i più antichi ancor oggi esistenti nell'omonimo comparto urbano all'apice della collina dei Camaldoli.
- Si chiama così perchè fin dalla sua istituzione ebbe conservato un quadro della Santa Croce, andato perduto per sempre, ed una reliquia del legno della Croce sulla quale sarebbe stato crocifisso Gesù. La reliquia è ancora in possesso alla parrocchia. Questa d'istituzione è datata 1646, proveniente quindi da un'antica cappella detta per l'appunto, Cappella di Santa Croce, prima dipendente dalla chiesa di San Giovanni in Porta, ed in seguito ausiliata dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie a Capodimonte, notoriamente ad essa più vicina. La cappella, in luogo della quale oggi ne esiste una versione solo sopraggiunta da architettura moderna, dai documenti superstiti si evince che dovette aver l'altare rovescio, c'è scritto, in pietra e ben accomodato da dar le spalle ai fedeli, e del quale, ne ebbe cura fino alla fine dei suoi giorni, il sacerdote Francesco Albenzio, proprietario tra l'altro di una cappella all'interno della chiesa grande, incaricato di celebrare messa durante i giorni di precetto, mentre, un altro sacerdote, tale Roberto Roberti, andava sul luogo a confessare e fare catechesi. Una delle curiosità maggiormente avvertite dalla ricerca è il diritto alla sepoltura in questi luoghi prima dell'avvento di Gioacchino Murat del 1806. Prima d'allora infatti, i morti dell'Orsolone venivano sepolti nel camposanto che esisteva sotto la cappella, con tanto di tassa per la sepoltura dovuta alla diocesi ed in seguito all'unificazione dei casali di Chiaiano e Polvica, a cui partecipò anche Santa Croce, la tassa per la sepoltura, conosciuta come diritti di tauto. Dal diario della Santa Visita del Cardinal Ascanio Filomarino, a pagina 43 del IV volume del Fondo Visite presso l'Archivio Storico della Diocesi, si sa che l'appezzamento di terreno attorno a questa cappella, 333m2 fu nel 1704 sottratto all'usufrutto contadino per realizzarvi lo stabile di residenza per quelli dell'Arciconfraternita della Beata Vergine del Rosario. Franco Strazzullo invece in una delle sue encomiabili ricerche sulla storia di Napoli indica la parrocchia dell'Orsolone nel Seicento appartenente alla chiesa di Santa Maria delle Grazie a Capodimonte, per volere dell'allora cardinal Alfonso Gesualdo, grande riformatore delle circoscrizioni parrocchiali napoletane di quel secolo, in forza del progresso spirituale della diocesi intera sofferente di un sempre crescente maggior numero di battezzati da accudire. Sembra che prima di questo passaggio, la cappella come detto poc'anzi, veniva officiata dai religiosi provenienti dalla chiesa di Sanb Giovanni in Porta. L'istituzione di parrocchia vera e propria con tutte le officiature annesse a questa dignità venne eletta direttamente dal pontefice Innocenzo XII, che per l'occasione istituti anche la parrocchia a Fonseca, e a San Vitale Martire a Fuorigrotta. Vi è da aggiungere che per sostentamento, questa cappella godette da allora di 36 ducati l'anno, la stessa che ebbe goduto per tanti anni, poi non più concessa alla cappella di Santa Croce, detta ai Ferri Vecchi presso il quartier Pendino. I 36 ducati di cui si parla, prima di passare al sostentamento di questa cappella per un certo periodo andarono riconosciuti in segno di aiuto operoso ad un'altra cappella nell'allora casale di Ponticelli.
L'espansione urbana di Santa Croce all'Orsolone.
Nelle consulte della regia Camera della Sommaria del 1600 si trova l'università di Santa Croce, ma è quella del Comune di Marigliano e non di Napoli.
- È piuttosto certo invece che Santa Croce e la Canocchia siano stati entrambi comuni autonomi dal potere giuridico del centro città dentro le mura di Napoli già nel 1648; notizia tratta da un bando del 1648, di Henrico di Lorena, duca di Guisa, della Serenissima e Real Repubblica di Napoli e Generalissimo delle Sue Armi, col quale verranno istituiti in tutta la città ed i colli della città fuori dalle mura, i cosiddetti Camerlenghi, una specie di commissari di polizia di oggi istituiti per sorvegliare le riforme giuridiche attuate in seguito alla disastrosa rivolta di Masaniello l'anno precedente. In questo bando si trova scritto, casale di Santa Croce a Canocchia. Queste informazioni sono di pari conto rafforzate come vere dalle attente verifiche praticate sul luogo nel 1688, quarant'anni più tardi, dal tavolario della regia Camera della Sommaria, Mario D'Urso. Ed ancora, il 505esimo fascicolo conservato nel fondo Processi Sommari, Seconda Pandetta, Archivio Storico di Napoli presso il monastero dei Santi Severino e Sossio, dichiarano già dal 1720, Santa Croce all'Orsolone faceva parte del V distretto della città assieme alle zona del Rione Sanità, la Salute, Capodimonte, la Canocchia e Polvica. Si è giunti anche a sapere dalle ricerche effettuate dallo Schiattarella, che Santa Croce nel 1730, versava 203 ducati di tasse su ogni botte di vino che varcava il suo confine da e per il centro antico di Napoli oltre le mura, il più alto versato dai casali della città e provincia se si esclude quello dei 322 ducati versati dal borgo di Sant'Antonio Abate all'Arenaccia. Infine, da una ricopia anastatica del 1609, il Galanti pubblica nel 1794, un testo dal titolo, Della descrizione geografica e politica delle Sicilie, nel quale, afferma che il casale di Santa Croce appartenne in quella data al quartiere Stella. La storia dei casali della città di Napoli è molto complessa resa piuttosto intricata dalle alternate vicende che li videro ora sotto giurisdizione del centro antico della città, ora vivere di propria autonomia. Se si prendono in considerazione i casali posti sul circondario delle colline ad esempio, tipo San Pietro a Patierno o Posillipo, ci si accorge che essi sono l'esempio eloquente dell'espansione urbana della città oltre le stesse colline. Ma alcuni di essi trovandosi pressocchè urbanizzati in un luogo oggetto d'espansione hanno voluto e potuto respingere di contribuire a questa possibilità preferendo l'autonomia, salvo in qualche caso di rientrarne come è capitato per Marianella nel 1848 e per Miano l'anno successivo ch'erano stati inglobati nel quartiere San Carlo all'Arena, analogamente a quanto accaduto per Santa Croce all'Orsolone distaccatasi dal centro antico della città nel 1811 assieme a Guantai e Nazareth, preferendo come propria sede di Mandamento il Comune di Marano compreso nell'allora distretto di Pozzuoli. Si ricorda che il decreto medesimo servito per distaccare Santa Croce dal centro antico della città unì invece l'Orsolone ”alle mura” inglobandola nella sezione Avvocata assieme a Cangiani, Camaldoli, Vomero, Due Porte, Antignano, Cacciottoli e Confalone. Infine, per aggiungere, Santa Croce, trovatasi riunita nel 1926 nei distretti di Polvica e Chiaiano potè effettivamente già rientrare nella giurisdizione di Palazzo San Giacomo.
Spazio note
(1) Liberamente estratto da: Santa Croce ai Camaldoli, Napoli, in custodia presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, distribuzione, 1998 D 0047. Altre fonti per questo argomento vai ai questa nota nota(2) G. Bono, Casavatore, pagina 98, Napoli 1985
(3) Testo a stampa (antico) Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli... Tomo XI. De' fiumi, laghi, fonti, golfi, monti, promontori, vulcani e boschi Napoli : Stamp. di Giovanni de Bonis, 1816 23 cm., XXIV, 226 p. Codice SBN LIAN032716 Primo Autore Giustiniani, Lorenzo Luogo pubblicazione Napoli Anno pubblicazione 1816
(4) Testo a stampa (moderno) Descrizione Riflessioni sulla topografia della città di Napoli nel Medio Evo / per Giuseppe Maria Fusco Napoli : Stamperia della R. Università, 1865 [4!, 86 p. ; 27 cm Note Estr. da: Rend. dell'Accademia di Archeologia, Letteratura e Belle Arti, 1864. Codice SBN SBL0397927 collocazione numero 1 F.DORIA 11. 394 (4 collocazione numero 2 RAC.ZANG. Busta C 0006 (12
(5) A.S.N., Processi Sommari, Seconda Pandetta, fascicolo 505, numero 15247
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