Zona Nazareth a Napoli

Si tratta quindi di un pugno di casette di nessun valore architettonico tutte costruite attorno alla chiesa abbaziale di Santa Maria di Nazareth, una delle poche chiese napoletane ad aver avuto un numero impressionante di proprietari.
Chiesa e villaggio tutto intorno stanno sulla pendenza della rampa che conduce al romitorio camaldolese nel distretto dell'Orsolone.
Fu descritta minutamente l'ultima volta da Giuseppe Paradiso, medesimo autore della descrizione delle zone limitrofe di quest'area, come la vicinissima Cappella Cangiani e la chiesa della Regina Paradisi ai Guantai di Nazareth, nonché delle storie reali e certosine del manufatto popolarmente noto col termine Orsolone.
Giuseppe Paradiso lo descrisse poco e niente che un villaggio, ridotto di sole misere case esposte al sole arso della collina quando fa caldo e al freddo degli inverni mediterranei, di breve durata, ma intensi.
Lo dice come tagliato fuori dall'umano consorzio.
E ciò per la mancanza degli adeguati mezzi per raggiungerlo dal basso della valle, senza possibilità per i villani di accedere all'acqua necessaria per la vita in solitudine su queste asprezze di montagna.
- Pur se comunque da queste altezze è possibile godersi un panorama ineguagliabile e quando si sta bene, per chi è capace di saperne far differenza, si possono sentire addosso i freddi delle brezze provenienti da Marechiaro. Durante le belle giornate di sole, quasi mai fa brutto tempo da queste parti, in lontananza è anche possibile scorgere le caldere di Pozzuoli e il territorio lunare dei Campi Flegrei, butterato qua e là di crateri. Senza contare la mistichezza del cielo alla sera, che quando lo permette, si colora di rosso vivo per un sereno tramonto. Tuttavia, al tempo in cui lo scrittore descrisse questa zona non v'erano le strade oggi esistenti, che va ricordato, sono anguste e sconnesse e tutti coloro che erano interessati a raggiungere l'eremo dei Camaldoli, e lo stesso apice del colle per altri motivi, dovevano per forza impegnare l'arco, che, ancora oggi, introduce nel cuore della borgata Nazareth. Questo è l'antico feudo della famiglia De Diana, dalla quale, ne verrà consacrato arcivescovo di Napoli, Gaspare De Diana, in qualche caso trovato scritto anche, Gaspare De Diano nel 1438. A questa nobiltà forgiatasi sotto la forza del potere di re Ladislao fece seguito nel possesso fondiario della terra e della chiesa su di essa fondata, la famiglia Capece che non da meno dotò il villaggio di una seconda chiesa sul qual tetto ci ostentarono il segno della loro presenza a corte, una bellissima Aquila imperiale con sulla testa un'altrettanta bellissima corona stile grande impero. Il nuovo edificio di culto fu eretto ed intitolato in onore a San Giovanni Il Battista, rendendola per tanto cuore insediativo dei 27 moggia di terreno che le corrisposero per molto tempo, fino al 1564, anno in cui, con strumento notarile, l'allora rettore della chiesa, Gianvincenzo Lino, affidò manufatto e terreno circostante per ducati venti all'anno ad un tale che rispondeva al nome di Girolamo Granata. La zona è pur nota col termine: le terre di Nazareth, per indicare il possesso nel Cinquecento del versante di Scipione Capece, signore di Antignano, Borgo Pigna e San Giovanni a Teduccio, nonché egregio poeta, di cui se ne tramandano due poemi in latino e versi esametri; e dunque, costui, marito di Giovanna Caracciolo, rimasta vedova di lui senza figli, passò il vitalizio alla famiglia Rapuano, del ramo degli Aquino. I Rapuano finirono per dotare l'appezzamento di un terzo edificio religioso. Più piccolo ed intitolato al Santo Salvatore, detta poi, Chiesa del Salvatoriello, non perchè piccola, ma per non confonderla con un'altra chiesa già eretta nel 433 in un luogo su queste alture detto San Gaudioso. Infine, nella lunga lista dei successori alle terre del Nazareth verranno i Crispo, coagulati da un matrimonio tra Porzia Rapuano e Gian Paolo Crispo, e dal quale matrimonio nacque, Giovan Battista Crispo, futuro fondatore dell'eremo dei Camaldoli, uomo piissimo nonostante fosse preso da questioni politiche e di giurisprudenza pubblica. Gian Battista Crispo ebbe anche modo di ritirarsi a vita privata in una villa da egli stesso fece costruire con tutte le delizie che gli servirono per adeguare lo stile di vita al suo glorioso passato. Racconta il Paradiso che ” … la sua villa era bellissima e meravigliosa, ricca di giardini, fontane, boschetti, viali, i sedili di pietra, ed i viticci sistemati a modo di riparo per la tarda estate e si dice senza che alcuno ne avesse mai dato fondamento, che il Crispo avesse trovato modo di conservare neve per garantirsi il fresco durante le torridi estati napoletane.” E sempre di un matrimonio si trattò allorquando la proprietà delle terre di Nazareth passarono da un certo Leone Cesareo avutala nel 1716 alla famiglia Verrusio, per essersi maritata una di lei con un rampollo dei Cesareo. Ma i Verrusio tempo dopo rinunziarono ad esercitare il patronato su una delle tre chiese fondate e cedettero tutto ciò che fu costruito attorno alla chiesetta, questa compresa, alla Curia di Napoli. Poco distante dall'edificio di culto di cui si è appena fatto cenno esiste ancora la grande casa colonica, ex edificio del barone, appartenuto si sa ai conti di Pianura. Per chiudere, lo stesso Giuseppe Paradiso notò che all'inizio della rampa che porta all'eremo c'è una villetta sul cui cancello all'ingresso, Pasquale Fiore, suo unico proprietario, ci ha affisso il cartello con su scritto: Mon Repos, ovvero, casa di villeggiatura.
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