Collina dei Camaldoli

La collina dei Camaldoli anticamente detta Monte Prospetto1, e ancor più anticamente, Babulia1bis, ed in rarissimi manoscritti si legge Hermo, è uno dei contesti geografici del paesaggio collinare a settentrione della città di Napoli.

Al suo carattere fortemente paesistico fa riscontro lo strettissimo ed agevolissimo rapporto funzionale2 col capoluogo della città col quale interferisce con esso per mezzo di varchi aperti da e per il Parco Regionale delle Colline. Il versante meridionale ammantato da boschi cedui rappresenta il luogo catalizzatore degli aggregati sparsi di origini agresti. 

Santa Croce ne è il suo cuore insediativo, mentre sotto l'Eremo e non oltre l'area nosocomiale del Cardarelli prendono parte i comparti urbani noti come Cappella Cangiani, l'Orsolone, i GuantaiNazareth e Chiaiano
Dall'altro versante invece la collina cade a strapiombo per 360 metri sull'abitato di Soccavo, generando il taglio netto definito come lo squarciato di recinto craterico anteriore ovvero, la parte visibile della parete interna di un immenso cratere, sospinta a forma di montagna solo in seguito ad un'esplosione avvenuta nel sottosuolo dei Campi Flegrei milioni di anni fa. 

La questione collina dei Camaldoli e delle colline di Napoli in generale, rimanda allo studio di uno degli obiettivi principali di Salvatore Bisogni, l'architetto napoletano, grande paesaggista, amico, collaboratore e sostenitore delle tesi di Luigi Cosenza, e Agostino Renna altro figlio spirituale del movimento studentesco della facoltà di Architettura napoletana degli anni Cinquanta del Novecento, ed ovvero, la lettura tesa ad interpretare la città storica di Napoli nelle morfologie e nelle tipologie del territorio in esame confrontato con i suoi caratteri geomorfologici.


La collina dei Camaldoli fu rilevata come parte del tratto appenninico campano.

Essa contribuisce a definire il water front sul golfo di Napoli, visto, quest'ultimo, come una perfetta sintesi dei sistemi cosiddetti minori.

  •  Sistemi minori vi è da aggiungere, della scala territoriale di cui la stessa collina dei Camaldoli ne è parte integrante. Infatti, grazie alla presenza dell'altura dei Camaldoli nell'arco naturale delle colline il sistema dei Campi Flegrei, essendo limitato dal mare può dirsi da Marano prolungato fino alla collina di Posillipo.  È quindi la punta collinare più bella e più alta dei Campi Flegrei. Su di essa infatti non sono per niente evidenti i segni dell'aggressivo fenomeno antropico di urbanizzazione selvaggia altrimenti presente sul crinale dell'Arenella. Gli studiosi di storia dell'urbanistica e dell'architettura, unitamente agli studiosi di geologia dei Campi Flegrei hanno reso più semplice la conoscenza del territorio della città di Napoli scomponendola in tre sistemi minori organici di un unico sistema principale che ha per orientamento primario nel vasto orizzonte del panorama orientale il gran cono del Vesuvio. Il primo dei tre sistemi minori è la vasta pianura costituita per buona parte dalla piana Aversa-Caserta, che raggiunge le falde del vulcano e prosegue attraverso il comune di Nola nuovamente nella direzione del golfo morendo nella baia all'altezza di Castellammare. Il secondo dei sistemi minori è detto, sistema degli anfiteatri, ovvero quella caratteristica conformazione assunta dalla costa di Napoli che ascende e discende dalle acque del golfo arcuandosi più volte e più volte lungo il profilo costiero fino a Torre Annunziata. Il terzo dei sistemi minori è detto più semplicemente, i Campi Flegrei ed ovvero la conformazione agreste e lunare del territorio che si estende attorno alla caldera craterica di Agnano e la Solfatara di Pozzuoli. L'altura della collina dei Camaldoli quindi permette di coalizzare un'unica visione d'insieme di tutti e tre i sistemi minori, con l'efficacia di osservarne uno soltanto anche grazie alla presenza della cerniera naturale con la quale questi tre sistemi si trovano legati tra loro rispettivamente ad occidente come ad oriente. Pertanto sulla sua sommità è possibile guardare ad occhio ciò che fu nel tempo abbozzato come modello planimetrico sulle mappe antiche e di conseguenza anche su quelle moderne e cioè, un vasto territorio che gira attorno alla collina dei Camaldoli a forma di imbuto dove affluiscono le matrici ad anfiteatro assieme a quella piane con la stessa collina che funge da diametro per orientare il cambio di direttrice del territorio semplicemente da un versante all'altro. E quindi, con queste fatte premesse è pur vero ammettere la tesi che a differenza della collina del Vomero e Posillipo, chiaramente una chiusura visiva del panorama napoletano, la collina dei Camaldoli invece assume un ruolo funzionale oltre che visuale del paesaggio determinato dalla scala territoriale dei valori.

L'orografia antica e moderna della collina dei Camaldoli.


  Polvica    Masseria dei Calori
  Masseria dei Quaranta    Masseria dei Solli
  Nazareth    Guantai
  Santa Croce    Orsolone
  Cappella Cangiani    Borgo Toscanella
  Borgo della Decina    Cimitero di Chiaiano
  Eremo dei Camaldoli    I Camaldolilli


Spazio note

(1) Fonti per questo argomento vai ai questa nota nota
(1bis) Babulia dal greco indica ugualmente luogo di intenso panorama. Così trovato scritto a pagina 32 del lavoro catografico di padre Camillo Degetto, redatto in spirituale esultanza dell'occasione del 300esimo anniversario della fondazione parrocchiale della chiesa di Santa Croce all'Orsolone, (1688-1988) coincidente con il 60esimo anniversario di vita dell'autore del documento in esame. Con questo si è giunti anche a sottolineare quasi con millimetrica certezza che al territorio di Santa Croce appartengono la Clinica Psichiatrica, Villa Camaldoli, il sanatorio Principe di Piemonte, oggi l'ospedale Vincenzo Monaldi, l'ospedale per gli ammalati infetti ed infettivi, Cotugno, il 2° Policlinico ed infine, l'Ospedale Psichiatrico Frullone. A pagina 29 del testo consultato, avente per titolo: Santa Croce ai Camaldoli, Napoli, in custodia presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, distribuzione, 1998 D 0047, vi è altro materiale interessante a firma di Francesco Schiattarella.
(2) Della ripartizione della Campania in regioni geografiche, nonché sui limiti delle regioni storiche e tradizionali, cfr.: D. Ruocco. Campania, Torino 1976 e relativa bibliografia.
(3)