La Domus Magna a Spaccanapoli
Si tratta della casa di città dei Longo-Severino, marchesi di Lavello1 sita appresso al palazzo di Giovan Francesco De Palma, civico numero 24 di Via San Gregorio Armeno, ove la seguiva fino al 1783, ed oggi tradizionalmente la struttura è nota come la Domus Magna.La si individua per suggestione di sorta grazie al suo balcone che fa angolo al vico di Santa Luciella, trasformato da che era una semplice finestra dai membri della casata Longo-Severino, marchesi di Gagliati.
Quindi oggi a caratterizzarne l'architettura è il poderoso balcone faccia a vista, ottenuto si sa in base ad un antico accordo tra questa nobilissima famiglia e le monache di San Gregorio, colpevoli, di aver loro sottratto spazio pubblico in altezza all'indomani della costruzione del coro nuovo su quello vecchio.
Per quietare la lite, appunto, tra le monache ed i Longo-Severino fu raggiunto il patto a vantaggio di questi ultimi di poter trasformare una delle finestre del primo e del secondo piano della Domus allora in possesso a questa famiglia in balcone.
Cosa che avvenne per davvero ma solo cento anni più tardi rispetto all'origine della lite.
La Domus in origine fu in possesso al magnifico Marino Spinelli, fratello della madre badessa di San Gregorio, la reverendissima Camilla Spinelli.
- Questo edificio fu poi oggetto di una vertenza indetta dalla monaca superiora del monastero per recuperare certi debiti che altri proprietari di altri immobili contigui alla medesima ebbero contratto col fratello Marino. Ma la vertenza, a detta delle ricerche condotte, non ebbe conclusione felice, in quanto, a far data 27 ottobre del 1543, intanto morta la badessa Spinelli, il locale fu ceduto a Giacomo Del Tufo, marchese di Lavello in seguito ad una promessa di pagamento da quest'ultimo da effettuarsi in favore delle monache si San Gregorio per 1550 ducati. Ma la storia vuole che la somma non fu mai versata ed in suo luogo fu altrimenti ceduta parte della stessa Domus2 nuovamente al monastero. Il confine ad occidente della Domus è il palazzo Conte D'Altavilla, e questo basta a chiarire che il palazzo in questione, detto, Domus Magna è inequivocabilmente il manufatto segnato sulle mappe antiche col numero civico 28. Individuato anche come tale da Roberto Pane e Arnaldo Venditti ed assegnatone da questi i suoi pregi architettonici purtroppo l'immobile soffre ancora la sua possibile attribuzione al Mormanno. Questi a sua volta, si sa dai documenti in archivio, che tra il 1507, il 1509 ed il 1510, prima prese in affitto case palazziate su via San Gregorio e poi ne divenne diretto proprietario con riscatto versato al monastero che ne era il padrone. La casa grande, oggetto del documento datato 9 dicembre 1518, ed ovvero proprio la suddetta, Domus Magna secondo le considerazioni avanzate da Roberto Pane, l'archivista, storico napoletano, scopritore dell'arco catalano oggi murato, sul fondo del cortile, unico elemento superstite del Cinquecento e che certo non rende ragione dell'attribuzione al Mormando del manufatto, in sostanza, secondo quanto riportato dal Pane la Domus sarebbe il risultato finale di un accorpamento in un solo organismo architettonico di più edifici tra loro disconnessi e di piccolissime dimensioni. Tra l'altro laddove, vi è possibilità di accedervi, quanto fin d'ora osservato è possibile riscontralo proprio dalle stesse dimensioni e dalla quadratura del cortile. La scala d'accesso ai piani superiori nonostante la vecchiaia e nonostante non sia mai stata degnamente riconosciuta scala tipica del Cinquecento, ancora mostra l'eleganza e l'intelligenza di coordinare il rapporto esistente tra i pieni ed i vuoti nella giustapposizione d'archi estratti dalle aperture altrimenti rettangolari di tutti e tre i piani ove conduce. Arnaldo Venditti, che comunque pur riconoscendone la mano nella prima architettura del Mormando, altrimenti individua nelle membrature dell'atrio che a suo dire, sono effettivamente gli elementi sopraggiunti da quel tipico stile del Cinquecento, e di più, la sistemazione del fronte scala secondo il modello di scala aperta, il disegno originale del palazzo del Cinquecento. Le arcate del fronte scala, vale ricordarlo, sono tutte quante allineate perfettamente al pianerottolo, il chè in un certo senso, così come indicato dal ricercatore, è tradita l'ispirazione toscana di fare scale, scale tra l'altro del Cinquecento fiorentino, uno stile squisitamente mainesco, si aggiunge. Tra l'altro non è possibile non riportare testualmente la rigida visione architettonica del Venditti che non manca di eccellere nell'uso proprio della descrizione di un oggetto come il fondo scala con accesso diretto al cortile. Egli così conclude: ” … l’elegante succedersi di tre archi appena profilati dalla cornice girata in piperno su tre ordini, con la sola variante, in quello basamentale, di un portalino anch’esso in piperno, dalla cornice girata in modo da includere il sovrapporta rende tutto così elegante ed intelligente. Il motivo, che è replicato sui pianerottoli, conferma la dicromia tra piperno delle membrature e fondi di intonaco bianco già perseguita nella nitida scansione dei fornici, che, all’ultimo piano, includono balaustre sostituite nel primo ripiano da parapetti pieni”.
La Casa dei Polverini.
Si tratta della Casa dei Polverini, ovvero, assieme al palazzo D'Apice, Donadio e Minico-De Palma, è il quarto ed ultimo dei palazzi che costituiscono l'isolato mormandeo di Via San Gregorio Armeno a Spaccanapoli.
- Ivi presente esattamente al numero civico 24. Sui documenti storici raccolti per la ricerca di Felice Autieri, in nome e per conto della Fondazione Valerio per La Storia delle Donne l'immobile è suggestivamente ricordato come il primo dei palazzi costruiti al tempo che si fece la clausura del monastero di San Gregorio, ed ancora oggi è posto effettivamente tra il fondaco di San Pantaleone e le due case che il il Mormanno vendette una al D'Afflitto nel 1530 e l'altra a Sebastiano Barnaba nel 1534. Sulla platea del 1691 lo si dice concesso il 9 febbraio del 1507 a tale Michele Polverino per soli 5 ducati di censo all'anno concordato, portato avanti anche dagli eredi del Polverino fino al 9 settembre del 15683 anno in cui gli stessi finiranno per affrancare l'obbligo dei censi. Purtroppo l'atto di cessione è oggi andato perduto irrimediabilmente e quindi non se possono conoscere i dettagli, specie sull'inquilinato dell'isolato4.
Spazio note
(1) Liberamente estratto dal testo citato a questa nota.(2) ASNa, Monasteri soppressi, 3417: «… causa olim agitata in Regia Camera Summariae, et deinde venisse ad Sacrum Regium Consilium inter magnificam et Reverendam condam Camillam Spinellam Abbatissam Monasterij Sancti Ligorii maioris de Neapoli, sororem, et heredem condam magnifici Marini Spinelli actricem ex una parte. Et illustrem Iacobum de Tufo Marchionem Lavelli … ex parte altera super assistentia, et adjuticatione cuiusdam domus magne site in hac civitate Neapolis in platea Sancti Iannarelli seu ulmi Sancti Laurentij iuxta bona mag.ci Francisci Pulverini et f.rum, iuxta bona Excellentis comitis Altavilla, plateam publicam et alios confines …». ASNa, Monasteri soppressi, 3412.
(3) ASNa, Monasteri soppressi, 3414 bis, fasc. 12 n. 4.
(4) ASGA, n. 46, Platea 1691, rubr. 3, 143r; ASNa, Monasteri soppressi, 3384.
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