Palazzo De Capua a Napoli
Si tratta del palazzo di Bartolomeo De Capua1, terzo ed ultimo proprietario con questo nome, e nono conte d'Altavilla, trovato nei testamenti continui con la dicitura: palazzo San Biase.Fu costruito sul finir degli anni Venti del Cinquecento su quanto restava di un altro edificio ancor più antico, demolito e perciò dunque ricostruito nel rispetto della sistemazione iniziale da Giovanni Donadio, detto il Mormando, il maestro "de Napoli organista".
Più propriamente il manufatto si trova in zona San Gregorio, allo storico incrocio della via dei Pastori con via di San Biagio de' Librai a Spaccanapoli, subito a seguito della minuta facciata su questo versante della Domus Magna, assieme alla quale e con la quale, sul posto, segna di esser il quinto tra gli immobili della regio augustalis ad esser stato attribuito al genio del Mormando.
Vi sono studi di ricerca che hanno documentato molto su questi due personaggi entrambi legati dal curioso soprannome Mormando o Mormanno, senza poter però definire se siano stati in un qualche modo imparentati tra loro, cosa questa di fatto esclusa a monte dalla diversità dei loro cognomi, Donadio e De Palma.
Presso l'archivio delle monache di San Gregorio, però, esiste un documento letto e riletto dagli studiosi dal quale si evince non senza ulteriori riserve che Giovan Francesco De Palma, de Napoli organista, sarebbe stato figlio di primo letto della moglie di Giovanni Donadio, che l'ebbe in un matrimonio contratto precedentemente e dunque suo figlioccio, o figliastro che dir si voglia.
Ancora un altro dato confermerebbe questa tesi sulla parentela dei due Mormanno.
E' saputo dagli specialisti di storia dell'architettura che il Donadio ebbe anche una figlia, tale Diana, alla quale lasciò in dote 600 ducati.
- Dei quali 36 ogni anno sarebbero dovuti andare per versamento alla Real Casa dell'Annunziata Maggiore a Forcella2. In un documento firmato e datato 3 febbraio del 1536 è possibile sapere di un possedimento di Giovan Francesco Di Palma da questi dichiarato di averlo in uso assieme alla moglie Marianna Starace, per 36 ducati l'anno, sembra un manufatto ereditato, c'è scritto, quondam Diana Mormande “sorosi uterine”. È questo il palazzo che nel 1512 fu oggetto di una libera concessione da parte degli Eletti onde realizzare una scarpa per fortificazione di soe case. La concessione si riferiva alla possibilità per il conte di poter procedere alla riqualificazione della facciata di palazzo si da poter corrispondere in termini di qualità architettonica e decorativa anche con gli altri edifici circostanti, specie il dirimpettaio palazzo di Francesco Carafa, duca di Ariano e del vicinissimo palazzo del defunto Giovan Tommaso de Mastrilli. Si legge dalla nota del documento medesimo l'esito della concessione, che permetteva al proprietario di eseguire una certa fabbrica e cacciar fora una scarpa alle mura3. L'anno seguente, sul finir del 1513, il marmoraro bresciano Alessandro Marchisio s'accordò con Bartolomero De Capua per la fornitura dei ricchi marmi carraresi che sarebbero di fatto stati aggiunti alle mostre e alle cornici delle sei finestre di facciata del palazzo tutte prospiscienti via San Baigio4. Editando per la prima volta nello scenario del centro storico di Napoli un'elegantissima facciata stile Rinascimento, con la sola alterazione aggiunta di un'iscrizione in marmo, sostituita nel 1759 e che sostanzialmente recita la medesima formula letteraria: BARTHOLOMEVS III COGNOMENTO DE CAPVA COMES ALTAVILLAE HAS AEDES A FVNDAMENTI EREXIT AN. MDXIII.5
Fu pertanto il palazzo abbellito ed impreziosito anche da un giardino poderoso e spazioso.
E fu fatto per mano dei conti d'Altavilla, Bartolomeo nel 1521 ed il figlio Luigi tre anni più tardi.
- Esiste ancor oggi un documento datato 8 dicembre 1521 col quale si porta a conoscenza che Bartolomeo comprò un pezzo di terra per adibirlo a giardino di delizia per il riposo dei rampolli di famiglia, proprietà di San Lorenzo Maggiore dei frati Conventuali nella zona di San Gaetano. Parte di questo spazio allestito a girdino in terrapieno è ancor oggi in parte trattato come tale, mentre l'ambiente residuo che non è più giardino corrisponde allo spazio sulle scale di fronte all'ingresso del palazzo ed è occupato dalla tipografia, Angelo Rossi. Alla morte di Bartolomeo, come si è anzidetto, i figlio Luigi amplia la zona giardino continuando ad acquistare sempre dai frati di San Lorenzo altro spazio di versante sul quale è fondato il palazzo, fino a lambire i confini del palazzo che gli sta di spalle, la casa del conte Giannantonio Lupo6. L'ampliamento condotto da Luigi De Capua fu pertanto perfezionato come si evince da un documento datato 8 dicembre 1524 dalla vedova Lucrezia Zurla, locatrice ed infine proprietaria di una casa sita al vico Verde, vicino alla piazza dell'Olmo. Per precisazione, il vico Verde dovette esser stato per molto tempo budello intestino all'originario cardine tracciato nel disegno ippodameo, poi finito inglobato nella recinzione e sistemazione definitiva del vico Maiorani.Tutto quanto riguarda i futuri proprietari dell'immobile è scritto sul Libro de testamenti della casa dell’Illustriss.mo et Eccell. mo Signor Don Vincenzo Luigi di Capua xv Gran Conte d’Altavilla, Principe della Riccia, di suo ordine raccolti in anno MDCXX oggi in custodia presso l'Archivio di Stato di Napoli ai Santi Severino e Sossio, laddove, in riferimento alla nota famiglia De Capua, ancor ain elegantissima grafia sono trascritti gli atti dal 1336 al 1627 ed aggiunti solo in epoca più tarda anche i documenti relativi al periodo che va da 1627 al 1662. Nel 1575 Giovanna Orsina, vedova del conte d'Altavilla, Luigi Martino, elesse come erede della casa sua che finiva nella chiesa di San Gennarello, il figlio primogenita Fabrizio ed alla piccola diaconia lasciò in dono un calice, una patena, due paramenti uno di velluto nero e l'altro di raso incarnato, assieme a tovaglie ed un magnifico corporale che ancor oggi è indossato per celebrare messa. Nella lunga serie di passaggi ci sta anche il conte Giovanni de Capua, il quale, non avendo avuto figli maschi scelse sua figlia Ippolita tutti i suoi avere, materiali ed immateriali fatta eccezione, si legge sul documento, di ” … case grandi e piccole comprate con poteche sopra a San Biase” che altrimenti intestò al fratello Fabrizio. Quest'ultimo a sua volta, avendo avuto un figlio, tale Luigi Vincenzo, che a sua volta, lasciò tutto a morte sua avvenuta l'8 dicembre del 1627, al suo unico figlio Giovanni Fabrizio, obbligando solennemente e moralmente la moglie a continuare ad abitare la casa di Napoli sotto San Biagio fino al maggio successo all'anno della sua morte. Ed ancora per chiudere l'annata del Seicento, si ricorda Giovan Fabrizio d'Altavilla morto il 9 marzo del 1645, lascia all'unico suo figlio Bartolomeo morto questi il 16 agosto del 1691. Anche costui fece testamento di lasciare il manufatto al figlio, del quale, è però citato con particolare attenzione, l'alterità che legava il rapporto tra padre e figlio, tale Giovan Battista conte d'Altavilla. Si dice di questo figlio che fu irriconoscente nei confronti del padre che non solo gli lasciò casa a Spaccanapoli, ma per il matrimonio con Antonia Caracciolo, spese persino 3.000 ducati per le migliorazioni necessarie come volontarie a rendere sicuri detti stabili e più in particolare si legge, rifare le pedamenta che dal basso salgono all'alto e fatto incatenare le muraglie con cantone di ferro. Sul testamento c'è scritto, lo si legge non senza un tono di lamentela, a proposito di Giovan Battista, ” … questo mio figlio, quarto della dinastia de Capua, decimosettimo d'Altavilla, e principe di questa mia terra della Riccia … intuisco, creo e fo mio erede universale e particolare per la sola casa in zona San Biagio Maggiore, mentree va tutto all'alto figlio il residuo del patrimonio, evidente segno di abiura del padre nei confronti del figlio scellerato. Ma sfortuna vuole che proprio quel figlio buono che teneva, gli muore prima, lasciando in vita il padre che non può far a meno di individuare solo e soltanto Giovan Battista erede universale e particolare su tutto il patrimonio7. Finita la genia dei De Capua, conti d'Altavilla l'immobile e quanto di materiale gli crebbe intorno furono sequestrati dalla Regia Camera della Sommaria, il 30 marzo del 1792, allorquando, il bene immobiliare di questa prestigiosa famiglia, venne assegnato al conte della Saponara, don Luigi Sanseverino per sentenza del Sacro Regio Consiglio; ma anche quest'ultimo, non avendo avuto figli, lascia l'immobile senza un erede e per ciò dunque, alla fine, la proprietà passerà al cugino Francesco Saverio Marigliano, duca del Monte.
Spazio note
(1) Liberamente estratto dal testo citato a questa nota.(2) ASNa, Monasteri soppressi, 3422, 48r; ASGA, n. 46, Platea 1691, rubr. I.
(3) Praeced. I, 98; Bartolommeo Capasso, Catalogo ragionato dei libri registri e scritture esistenti nella sezione antica o prima serie dell’Archivio Municipale di Napoli (1387-1806), Napoli 1899, 53.
(4) ASNa, not. Cesare Malfitano, a.1512-13, 181; Filangieri, Documenti cit., VI, 1891, 101.
(5) BNN, Brancacciana, ms. II A-7, 27; Franco Strazzullo (a cura di), Palazzo di Capua, Napoli 1995, 26.
(6) Atto del 23 agosto 1524 in ASNa, Monasteri soppressi, 1194, 113.
(7) ASNa, Archivi Privati, Arch. Sanseverino di Bisignano, II c. 45.
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