Palazzo Minico De Palma a San Gregorio

Si tratta del palazzo cinquecentesco di Minico De Palma, al numero civico 24 di via San Gregorio Armeno, nell'omonimo comparto urbano a Spaccanapoli, uno degli elementi superstiti dell'architettura mormandea di maggior pregio stilistico per la presenza di piperno come basamento sulla facciata.

È il terzo palazzo in ordine cronologico di acquisizione proprietà del Monastero basiliano noto per esser stato tra l'altro proprietario di quasi tutti i palazzi che compongono la cortina edilizia di sinistra di via San Gregorio. 

La sistemazione originaria del manufatto fu opera di Giovan Francesco De Palma1 vero nome del ben più famoso, architetto Mormanno, anche se in qualche caso è citato come Mormando, morto nel 1572. Ed ovviamente da non confondere con l'altro architetto, Giovanni Donadio, anche lui detto, il Mormanno o Mormando, autore tra l'altro dell'egregia sistemazione del palazzo Guasco, numero civico 21 della medesima strada.

Tra i due numeri civici, nei secoli son stati costruiti manufatti d'epoca che costituiscono l'isola mormandea napoletana per eccellenza, il cosiddetto comprensorio delle case edificate dai due Mormando, portando ovviamente ad ipotizzare come mormandea anche la casa, oggi all'attuale numero 282 lasciando però l'attribuzione della stessa ancora in un ambito di incertezza3.


Al di là di ogni possibile attribuzione è questa la casa del Mormando.

Allo stato attuale vige come autentico un documento d'archivio del Monastero di San Gregorio che attesta in forma riassuntiva ciò che recitava l'atto originale del 19 marzo 1529.

  • L'atto originario è ndato perduto per sempre, una concessione di fitto di casa in in frontispitio dicti Monasterii iuxta bona heredum quondam mag. ci Sebastiani Barnaba per una stima di pagamento in 20 ducati l'anno, passati a 24 dal Commisario Apoastolico4. Ma il De Palma, sempre stando a questo riassunto nel documento, pare avesse prestato al monastero, cento ducati, con l'accordo di vederseli riscattare anno dopo anno in pagamento ai censi che egli doveva alle monache. Ma appunto quel censo all'indomani dello scadere dell'anno 1534 tornò nuovamente ad incrementarsi causa il capriccio del Mormando di ritagliarsi nuovo spazio vitale con una parete da egli costruita nel fondaco del Monastero, al quale, da sempre l'accesso era garantito grazie ad una scala preesistente, usata però anche da Mario Spinelli, abitante della casa contigua, irrimediabilmente danneggiata dal muro in questione. In riparazione del danno considerato, le monache crebbero ulteriormente il pagamento del fitto, continuando a sottrarne sostanza dal credito residuo5 che il Mormando ebbe lasciato in prestito. Il prestito alle Monache di San Gregorio è una preziosa testimonianza per rendere attendibile l'attribuzione al Mormando della nuova sistemazione del monastero nel Cinquecento. L'inizio dei lavori di nuova sistemazione del complesso monastico porta data 1572, anno del sopraggiunto evento morte del Mormando e quindi proseguita da Giovan Vincenzo Della Monica, lo stesso che assieme al Momrnao ebbe già provveduto a disegnare e costruire tra il 1567 ed il 1571 il fabbrica benedettina in cima al Monterone sulla piana occidentale del Pendino, oggi, il Monastero di San Festo. Lo stabile restò in possesso di Giovan Francesco di Palma, passato a sua morte al figlio, heredibus Minico, che, nemmeno un anno dopo, precisamente l'11 agosto del 1573, lo rivendette un'altra volta al monastero. E fino al 1713, del palazzo non se ne hanno più notizie, allorquando a quella data subentra nelle succensuazioni tale Nicola Alfano, marito di Catarina Polverino, il quale, lo compra e lo gira nel posseduto al figlio Carlo, e quest'ultima a sua volta lo cede a Suor Maria Serafina d'Arezzo, monaca professa del monastero della Sapienza a via Costantinopoli. Altrimenti, in data diversa, specificatamente nel 1831, il cavalier Gennaro Alfano ne rileva nuovamente la proprietà, in quanto, egli stesso coinvolto in un procedimento di nuovo restauro del suo appartamento, con quattro stanze che affacciano tutte e quattro su via San Gregorio. Il manufatto tuttavia conserva molto poco della sistemazione cinquecentesca, suggestiva molto bella, i cui suoi elementi superstiti ne segnano caratteristiche eterogenee. Del Cinquecento, dunque, restano le modanature dei pilastri in piperno a destra e a sinistra del vano che centra la parete corrispondente all'androne del palazzo, nonostante ai pilastri stessi, non si raccorda a dovere un arco a sesto ribassato della stessa medesima sostanza dei pilastri. Identica situazione la si osserva per un altro vano sulla parete di fondo sulla corte del palazzo, laddove, i pilastri di piperno e l'arco a sesto ribassato mostrano rimaneggiamenti selvaggi del XX secolo. La parete a destra all'ingresso del palazzo è interrotta da un grande vano con arco a tutto sesto, composto di blocchi di piperno che ne delimitano l'essenza, sul lato opposto, vi sono altri due vani, di cui uno chiuso, e tutti e due appartenuti ad un accesso oggi murato ai piani superiori. Un tempo la scala di accesso ai piani superiore era di tipo aperto, dimensionalmente con ingresso alquanto ridotto sul cortile e poca profilatura di piperno e niente cornice.


Spazio note

(1) Liberamente estratto dal testo citato a questa nota.
(2)  Tuttavia, in relazione a quest'ultimo vi sarebbe da segnalare la citazione di Benedetto di Falco del 1549, l'unico tra i conoscitori della zona che dà notizia del Mormanno che si costruisce casa proprio di fronte al monastero di San Gregorio. A dubitarne gli seguirà invece il Ceci, che in un riporto della nota rivista d'arte, Napoli Nobilissima, si aggiunge che la casa potrebbe esser del Mormando. Cfr. «Napoli Nobilissima» IX (1900), 169. Arnaldo Venditti e Robero Pane, che curiosamente nonostante quest'ultimo vi abbia anche intravisto un arco catalano oggi murato, prima la confonderanno per esser stata la casa del Donadio per poi correggere l'errata attribuzione e quindi assegnarla a Giovan Francesco De Palma. Roberto Pane in Il monastero napoletano di San Gregorio Armeno, Napoli 1957.
(3) Il ricercatore Giuseppe Rago anche lui resta nell'ambito dell'incertezza su chi dei due Mormando fosse stato l'ideatore e curatore della sistemazione del manufatto preesistente in San Gregorio, facendone confusione ed in seguito riordinata secondo una lettura appropriata dello stemma presente sul portale d'ingresso. Ma è proprio questo stesso stemma che risulta esser ancora motivo di confusione attributiva, in quanto, lo stemma non lo si chiarisce con i vari passaggi di proprietà dei vari gruppi familiari che l'hanno posseduto, a partire dal 1547, anno in cui, il palazzo fu di proprietà ai Del Tufo, marchesi di Lavello, e ancora non si spiega lo stemma rimasto lì dov'era e com'era anche duecento anni dopo, allorquando si sa che, nel 1735, il palazzo passa di proprietà al marchese di San Giuliano fino al 1759 e poi dopo al marchese di Gagliati, del ramo Longo-Severino. Cf. Giuseppe Rago, La residenza nel centro storico di Napoli. Dal XV al XVI secolo, Roma 2012, 234-243
(4) ASGA, n. 89, Pendenti anni 14-15-et p.e Ind. deli censuarij et pesonati …, 15r-17r.
(5) ASNa, Monasteri soppressi, 3414. ASNa, not. Giovan Battista Pacifico, sch. 259/5, s.n; ASNa, Monasteri soppressi, 3193, 273.