Accesso al monastero di S.Gregorio Armeno

L'accesso al monastero di San Gregorio Armeno a Spaccanapoli1 avviene ancora attraverso il passaggio di un ampio rampante che dal finire della strada di via Maffei, di fronte alla torre campanaria di San Lorenzo Maggiore conduce per trentatrè scale in pendenza verso il fondo della rampa che si conclude con l'accesso al parlatorio e al vestibolo, sotto il quale, a supporto, è stato realizzato il portale michelangiolesco1bis, ovvero una delle sedi tra le più significative di tutto quanto il complesso monastico.

Rappresenta sul posto l'unico elemento dell'architettura stilisticamente allineato alle trasformazioni post-tridentine, databile ultimi venti anni del Cinquecento.

L'arco che sovrasta il vestibolo è occupato da una grossa epigrafe latina che racconta l'atto che concluse la fase di abbellimento di questo spazio, ”un poco scoperto, un poco coperto”, definito così come lo si osserva oggi dal decoratore Antonio Di Lucca, che realizza le panche in seduta di piperno e marmo bardiglio sul dossale e la decorazione in dipinti del 1720 che invece risultano opera di Nicolò Antonio Alfano. Secondo Fulvio Lenzi, il portale di ingresso al monastero mostra l'evidente dimistichezza del suo autore, Vincenzo Della Monica, ai cosiddetti ” … trattati della Regola dei Cinque Ordini dell'Architettura, scritto da Jacopo Barozzi, detto il Vignola”, e quindi, si aggiunge, che questo portale è ” … esemplato sui modelli dell'Extraordinario Libro del 1551, di Sebastiano Serlio e dunque ai portali michelangioleschi”2.

Le due alte pareti che fanno scorrere in lieve pendenza il rampante mostrano finte colonne binate di marmo verde, avvolte da spirali e movimentate da figure allegoriche femminili che si ”atteggiano a statue erette su piedistalli”, alternandosi ai varchi di ingresso al chiostro e agli ex parlatori e alle finte finestre aperte sul fianco di via San Gregorio, laddove, sono stati realizzati ” … scorci prospettici e scherzosi episodi di cani e di gatti sui davanzali”.


Il parlatorio di San Gregorio Armeno.

Lungo la rampa vi è l'accesso non solo al chiostro di San Gregorio ma anche all'amabilissimo parlatorio del Settecento.

  • In realtà lo chiamano parlatorio ma questa stanza nasce dall'esigenza di trattare il libero scambio di merce tra imprenditori facoltosi del Settecento e le monache. Per merce si intende ovviamente libri, libri che le monache, da sempre, a partire dall'abbadessato di Anna Caracciolo Capriglia, (1749 – 1753) chiamano, ”considerevoli scritture”. C'è scritto in una cronaca del Settecento che queste ”considerevoli scritture” andavano disperdendosi dalla libreria del monastero perchè proprio quella era priva di grate e molte consorelle non più interessate ad altri affari che non a quelle sole della biblioteca provvedevano a far uscire senza autorizzazioni le preziose scritture. Fu allora e solo allora che vi si mise mano a risistemare un ambiente più prossimo all'entrata del ”monistero” onde evitare di dover lasciare libero l'ingresso agli estranei ed onde evitare che estranei entrassero in contatto con le professe. Stando a quanto emerso da un lavoro di indagine condotto dai ricercatori universitari, sembra che da questa stanza, che resta ancora oggi allo stato sostanzialmente inalterato rispetto alla sistemazione originaria, siano state recuperate le riggiole maiolicate usate per provvedere a decorare la scalea esterna, laddove sulla zoccolatura è venuta a mancare per deterioramento l'iniziale pietra di lavagna. Mentre rimangono in camera parlatoria, tutte le suppellettili più o meno fisse come la grata incorniciata in marmo, con la trama disegnata da Giuseppe Pollio, e ancora bella a vedersi l'opera di Matteo Bottiglieri, una statua di San Gregorio Armeno”. E oltre la bella grata di rame indorato, alle pareti vi è ancora al suo posto il mobilio di gusto fine Settecento con affatto alcun richiamo al mondo della religione solo strutturato secondo la modalità delle scansie per il deposito momentaneo della famosissime ”preziose scritture”. È quindi possibile, c'è scritto sulle fonti di ricerca, che è a questi ambienti che si riferiscono i documenti sulle bolle pagamenti custodite in archivio presso il fondo monasteri soppressi; sembra che ad Antonio di Lucca siano stati quietate somme di denaro per lavori di installazione dei marmi, a Nicolò Fiorino per lo stucco, a Mimmo Di Fiore per i lavori eseguiti in rame, a Bartolomeo Massimino per gli intagli nella struttura lignea appiccicata alla parete, a Nicola Alfano per le decorazioni pittoriche, a Pietro Erato ”per le boffette”, ed infine per un lampiere è stato eseguito anche un pagamento a don Pietro Barbuto3.

L'area del vestibolo, il portale di ingresso e l'antica portineria.

Il lungo rampante che porta all'ingresso finisce con un ultimo gradino trasformato in un vero e proprio pianerottolo che apre ad uno stupendo intarsio di marmo.

  • Al di sopra del pianerottolo vi è l'arco del vestibolo, al di sopra del quale, vi è ancora un corpo di fabbrica usato dalle monache. Sulla volta del vestibolo un affresco ritrae finte architetture. Là dove finisce il lungo rampante vi è la porta di ingresso al ” … monisterio” nel luogo frequentato da Giacomo Del Po, nel punto esatto in cui l'artista realizza l'affresco grisaille ritraente ”la Gloria di San Benedetto” e lo realizza in un periodo di totale incertezza per gli studi accademici. Secondo il dottorando Augusto Russo, nella sua tesi specialistica su Giacomo Del Po, insiste col datare questo dipinto tra il 1704 ed il 17104. Il fondo del vestibolo è occupato da un bel portale fatto di ante in noce massiccio del Settecento, il tutto inquadrato in un secco di disegno marmoreo incorniciato. A destra e a sinistra del dipinto di Giacomo Del Po vi sono due ruote di lamine incorniciate tutte e due in due altrettanti stupendi intarsi marmorei che ne riprendono le fattezze al suo interno. Infatti oltre la grossa porta di ingresso vi è uno spazio accogliente, l'antica portineria, un'ampia sala voltata, arricchita di stucchi alla volta ed un ammirabile affresco realizzato da Paolo De Matteis, ritrante l'Annunciazione ampiamente descritto da Lilia Rocco per le pagine di Napoli Sacra5. Indi, per mezzo di un corridoio relativamente corto, caratterizzato da vaste scene di paesaggio, e storie del Battista attribuite a Micco Spadaro6.



Spazio note

(1) Liberamente estratto da: Il patrimonio artistico: dipinti, sculture e restauri Gian Giotto Borrelli, Laura Giusti* La dottoressa Gaetana Cantone ed il professor Giancarlo Alisio, nelle loro ricerche sula perduta origine del suo monastero in funzione di sede universitaria napoletana ricordano che il portico che anticipa l'ingresso alla chiesa è una soluzione architettonica che ha un altro uguale nel medesimo circondario UNESCO di Napoli, e precisamente parlano dell'atrio della chiesa dei Santi Marcellino e Festo, all'apice delle omonime rampe. Infatti i due impianti monastici sono appartenuti all'Ordine delle Benedettine condividendo tra loro momenti di vita vissuta sempre in concordanza con lavori di sistemazione alle strutture medesime.
(1bis) Gennaro Borrelli, Dati documentarî per i lavori eseguiti nelle chiese e nei conventi di San Gregorio Armeno …, in Le arti figurative a Napoli nel Settecento, Napoli 1979, 33
(2) Fulvio Lenzo (Architettura e antichità a Napoli dal XV al XVIII secolo. Le colonne del Tempio dei Dioscuri e la chiesa di San Paolo Maggiore, Roma 2011, 135)
(3) cf. ASNa, Monasteri soppressi, 3368, 368.
(4) Augusto Russo, La pittura di Giacomo Del Po 1652-1726, Tesi di Laurea Specialistica in Conservazione dei Beni Culturali, Università degli Studi Suor Orsola Benincasa-Napoli, relatore prof. Pierluigi Leone De Castris, a.a. 2011-2012.
(5) Lilia Rocco, Napoli Sacra. Guida alle chiese della città, 8° Itinerario, Napoli 1994, 467.
(6) cf. ASNa, Monasteri soppressi, 3368, 368.