Le suore ribelli di San Gregorio Armeno.

Enrichetta Caracciolo1, quinta delle sette figlie di Fabio Caracciolo di Forino e Teresa Cutelli, è nata a Napoli il 17 marzo del 1821, ed ivi morta il 17 marzo del 19012.

E' stata l'unica monaca di San Gregorio Armeno a Spaccanapoli ad affrancarsi dalla condizione claustrale per darsi all'attivismo garibaldino divenendo testimone diretta della penosa vita domestica delle monache al di là delle mura sacre di San Gregorio Armeno nell'Ottocento, all'interno del quale, vi fu costretta a viverci da fanciulla assieme a due sue zie, ivi rimaste e divenute anziane monache.

Oggi Suor Enrichetta Caraccaiolo è piuttosto nota alle cronache d'Italia per l'importante contributo che la sua vita interessata da molteplici condizioni sociali ed i suoi scritti ha apportato alla storia del Risorgimento all'indomani della soppressione degli Ordini Religiosi in Europa e più dolorosamente nel nostro Paese. E specie a Napoli fu vista come l'eroina femminile ad altissimo contenuto innovativo in termini di emancipazione della figura della donna allo scadere del secolo delle sopraffazioni.

Della sua ”trista” condizione di vita di fanciulla adottata alla vita del monastero per volere della madre rimasta vedova del marito, poi risposatasi, lo raccontò nel testo che ha per titolo: ”I Misteri del Chiostro napoletano”, dato alle stampe nel 1864, tradotto in francese, spagnolo, tedesco, greco ed ungherese3. Più propriamente, la figura di questa donna, prima suora di clausura poi una combattente della causa liberale del periodo risorgimentale, fu rivisitata in occasione della pubblicazione del poderoso volume di ricerca intitolato: San Gregorio Armeno: storia religiosa di uno dei più antichi monasteri napoletani di Felice Autieri per la Fondazione Valerio per la Storia delle Donne , Editrice Universitaria, laddove si è posto in risalto le peculiarità della specie religiosa vivente in San Gregorio Armeno, le regole che fissavano la privazione della libertà personale delle donne che vivevano l'uniformità della regola benedettina, ma anche e purtroppo, si riporta testualmente, ” … la monotonia delle impressioni, la frivolezza della giornaliera conversazione”, la fanciullezza bruciata nel chiostro, tutte cose che se non proprio matte, resero le monache particolarmente paranoiche4.


Più suggestivo si fa il racconto della storia personale di questa suora.

Quando si dice di lei che verrà accusata di frequentare circoli massonici mentre risiede a casa di sua sorella Giulia.

  • Vivendo in quel tempo fuori dal complesso monastico perchè affrancata per ordine di Pio IX che l'autorizzò per motivi di salute nel 1849 ad allontanarsi provvisoriamente dal monastero. Verrà arrestata quindi nel 1851, ed incarcerata presso il ritiro a Mondragone su al Poggio delle Mortelle ai Quartieri Spagnoli. Nel 1860 la biografia racconta che si fece trovare al Duomo di Napoli, in attesa dell'ingresso trionfante di Garibaldi, verso il quale, ne attestò l'omaggio del suo velo nero di monaca, al quale, affidò anche tutte le noie che gli venivano procurate dalla polizia che continuava a controllarla a motivo dei suoi stretti contatti cospirativisti con i membri della massoneria. Si sposò col patriota Giovanni Greuther, corrispondente di giornali politici. Nel 1866 fu autrice del Proclama alla donna italiana, una sorta di grida nazionale a tutte le donne d'Italia a prendere parte attiva alla lotta verso la libertà diffuso sui giornali dell'epoca grazie alla mediazione di suo marito, ed ancora con animo pieno di interesse per la libertà del ruolo della donna nella società sempre più civile, sempre più europea prese parte al comitato nazionale femminile a sostegno del disegno di legge Salvatore Morelli per la piena acquisizione dei diritti universali da parte della donna, moglie e madre di figli fino a perdersi nelle antigrazie dell'anticoncilio del Libero Pensiero che si tenne a Napoli parallelamente al Concilio Vaticano I5.

L'esperienza delle Caracciolo nella storia della donna napoletana.

Di donne che portarono il cognome Caracciolo da ricordare come espressione inquieta ed indocile di un desiderio di libertà a Napoli ve ne furono due.

  • In effetti una prima donna-suora, che portava questo stesso cognome vi fu già, nel sessantennio che va da 1530 al 1590 e si chiamò Fulvia Caracciolo6, monaca addetta all'archivio del monastero di San Gregorio e del monastero ne fu anche l'economa. Fulvia Caracciolo per suo conto fu diretta testimone del passaggio di consegne di un mondo molto ampio nel Cinquecento, fatto di donne-suora, benedettine in particolare, interessate alla sua epoca ai dettami della riforma avviata da Alfonso Carafa, 1563, per ottemperare ai vagli che riguardavano gli scandali legati all'ostentazione della ricchezza da parte proprio delle monache che altrimenti ebbero invece fatto voto di povertà e la violazione del severissimo impegno giurato di osservare la castità. Molte di queste donne-suora rifiutarono le nuove prescrizioni imposte dalla riforma, nonostante al rifiuto potesse seguire il rischio altissimo di chiudere o accorpare questo a quel monastero e disperdere nel mondo le monache riottose ai cambiamenti. Addirittura, fu proprio Fulvia Caracciolo a ricordare l'uso delle armi fatto dalle suore del monastero di San Festo e Sant'Arcangelo a Baiano per non uscire dal monastero, e, sempre dalla Fulvia Caracciolo si ricordò esattamente l'inverso, cioè, molte altre monache che invece scapparono via dal monastero pur di non sottomettersi agli obblighi di povertà e castità, cosa che per l'appunto, accadde proprio presso i monasteri di San Gregorio Armeno e Santa Patrizia. Di tutto questo, Fulvia Caracciolo ne fu testimone, in particolare del periodo compreso tra il 1554 ed il 1579, di cui narra sgomenta, ciò che per lei appariva come la fine di un mondo, donne scacciate via dal monastero che vagavano per strada senza più un punto di riferimento e di altre che invece restando e quindi accettando le nuove prescrizioni, si rividero incarcerare nuovamente per la seconda ed ultima volta della loro vita7. Tutto ciò Fulvia Carcciolo seppe raccontarlo nel testo oggi in custodia all'Archivio di San Gregorio Armeno e che ha per titolo: Brieve Compendio della fundatione del Monistero di San Gregorio armeno detto San Ligoro di Napoli, lucida interpretazione dei fatti storici della città di Napoli vissuti da una monaca mezza dentro e mezza fuori, una fonte letteraria di preziosissima mano, con un carattere di scrittura che sa di critica, ma anche di donna-suora-madre che non poco ha accettato di subire le prescrizioni dovute alla riforma, di cui ne raccontò gli effetti immediati. Nel testo scritto dalla monaca l'elenco delle cose da fare e non fare stando chiuse dentro un monastero appare quasi come uno sfogo ironico non solo della stessa autrice, che certo non manca di far sentire la sua personale interpretazione, ma di tutto un mondo, quasi si può aggiungere, scandalizzato per i mutamenti che di lì a poco avverranno. L'elenco quindi c'è scritto sul documento, appare come l'esibizione di un'improponibile forma di vita prospettata per le monache, cosa alquanto bizzarra doverla considerare improponibile visto che quelle stesse donne la scelsero come forma di esistenza propria e non altro. C'è scritto sul testo antico: ” … un moto proprio di Pio Quinto che conteniva che non entrasse più dentro i monisteri persona di qualsivoglia ettà, grado, ordine, dignità, conditione et sesso, et non solamente dentro i monisteri, ma anco dentro le mura, chiostri, o chiese, et che le porte non pur un poco fossero aperte per parlare sotto pena et censura latae sententiae; che dalle clausure non uscissero né moniche, né converse, né novitie, né anco chi si ritrovasse dentro o per educatione, o per qualsivoglia altro colore per farvi dimora; che fra tre giorni si desse il nome et cognome di tutte le moniche, novitie, et serve. Ne fu ordinato di più: che qualunque non volesse osservar quel che conteniva il moto proprio uscisse fuori e perdesse le robbe”. Tutto ciò è importante ai fini della ricerca perchè con questa testimonianza è chiarita una volta per tutte il concetto alquanto interessante di impostazione pre-gotica degli spazi interni a San Gregorio Armeno nel Cinquecento distrutti proprio dall'avvicendarsi delle normative sull'organizzazione degli appartamenti privati delle suore voluta d'obbligo dai ranghi della curia arcivescovile a quest'ultima imposta per volere papale e drastica conseguenza ne fu l'impostazione di una nuova architettura che non fece altro che rendere la donna-suora ulteriormente invisibile, separandola dal mondo con nuovi applicazioni interdittive di forma giuridica e nuovi mezzi per coercizzarne l'esistenza. Questo da considerare drammatico sempre in ordine ai quei tempi, caratterizzati da una mentalità ristretta, legata sopratutto alle preoccupazioni magnatizie di quel secolo; in una famiglia numerosa quel che più contava era la salvaguardia dell'eredità immobiliare, patrimoniale o immateriale che fosse, con nutrita separazione del capostipite della famiglia, ovviamente, il primogenito come da tradizione millenaria. Tutti gli altri a seguire se uomini divenivano monaci o al massimo abbandonati ad un destino crudele, quasi sempre la morte in battaglia, altrimenti se donna allora veniva chiusa in convento. Era naturalissimo quindi che venisse su un corpo monastico non adeguato alla forma cenobitica, con tutte la mancata influenza spirituale della comunità che a questo stile di vita s'era professata per giuramento. Ed anzi, le nuove regole estratte dalla riforma conciliare rese la condizione della donna-suora napoletana ancor più politica e non giammai ” … un ritorno alle origini della professione di suora votata”. Politica nel senso già testimoniato dal libro scritto da Fulvia Caracciolo, col quale, è quindi noto il conflitto in essere tra potere temporale e potere spirituale, l'abbadessato contro l'episcopato, il vecchio contro il moderno, l'esigenza di un nuovo giuramento di castità contro l'avanzare di una forma indotta di corruzione del costume, ed infine, anche il mondo liberale e laico contro il cattolicesimo imperante. Nonostante la sferzata di segregazione con abilità le monache di San Gregorio specie le più riottose ai cambiamenti, e la Caracciolo ne fu l'antesignana, seppero recuperare uno spazio di libertà individuale sempre più ampio, acquisendo col tempo una parte più che attiva nel lungo, complesso e contraddittorio processo di rinnovamento dell'Ordine. E quindi la conclusione non potè che esser la sola possibile, e cioè: rendere il monastero di San Gregorio Armeno a Spaccanapoli epicentro di cultura e pensiero intellettuale innovativo, un vivaio di donne che ne seppero molto di arte e di teatro nonostante fosse stato loro espressamente proibito. Fu quello, a ricordarlo, il secolo delle grandi espressioni artistiche rappresentate dalla dimensione femminile napoletana, accompagnati da rinomati pittori, scultori e musicisti.

Le inquietudini di libertà e le conclusioni.

Le due figure femminili oggetto dell'anzidetta descrizione concludono efficacemente il tema della dimensione donna in Europa nei secoli delle grandi riforme.

  • Hanno lasciato alle future generazioni un ricordo scritto con vivacità e drammaticità sapendo editare il racconto che vissero da protagoniste principalmente come donne, come mogli, madri ed infine come membri di famiglie aristocratiche senza farsi mancare le intenzioni anche ideologiche e pedagogiche di ricordare quanto accaduto. Non è escluso che fosse stato messo in conto dalle scrittrici italiane il proposito di convergere le discussioni sull'opportunità decretizie che si son succedute nel tempo per regolare ogni volta la libertà personale delle donne italiane, ed anche la segreta intenzione di contribuire ad ingrossare il dibattito sulla legittimità di questi stessi decreti se non fosse invece più consolidante quanto meno screditarne il valore in luogo di liberare la figura della donna costretta dall'esacerbata volontà di segregazione tipica di quella mentalità. Nella seconda Caracciolo il patriottismo sarà il movente unico che la renderà una ribelle, mentre per la prima Caracciolo il riscatto è mancato e la ribellione solo paventata, ma in entrambe i casi è stata approntata la difesa dei valori universali della donna. Entrambe le donne, entrambe suore, entrambe testimoni del cambiamento dei tempi saranno entrambe consapevoli della loro condizione infelice, inquieta per motivi di opportunità familiare stimolata dalla perdurante mentalità e dalla complicità del clero. Fu, a dire degli storici, questa loro consapevolezza a renderle inattuali per i tempi loro, inattuali nel senso più proprio di moderno. Il rifiuto delle prescrizioni della riforma cinquecentesca per la prima Caracciolo e l'adesione agli ideali del Risorgimento per la seconda restano delle occasioni di rivalutare con schietta criticità la condizione della donna che per molti e molti anni ha dovuto spendere la propria esistenza chiusa in un monastero, un luogo che in entrambe i casi è stato tramandato come emblema della negazione di libertà, rinunciata da tutte e due le Caracciolo solo per ” … inesperienza, debolezza e forza avversa del destino”.


Spazio note

(1) Liberamente estratto ed elaborato da: San Gregorio Armeno: storia religiosa di uno dei più antichi monasteri napoletani di Felice Autieri in: FONDAZIONE VALERIO PER LA STORIA DELLE DONNE SAN GREGORIO ARMENO Storia, architettura, arte e tradizioni a cura di Nicola Spinosa, Aldo Pinto e Adriana Valerio fotografie di Luciano Pedicini Fridericiana Editrice Universitaria edizione italiana Maggio 2013 Stampato in Italia da Liguori Editore – Napoli Fotografie di Luciano Pedicini/Archivio dell’Arte, assistenti alle riprese Marco e Matteo Pedicini Tranne le fotografie alle pp. 97, 98, 99, 121 dx e 160 fornite direttamente dagli autori Spinosa, Nicola (a cura di): San Gregorio Armeno. Storia, architettura, arte e tradizioni/Nicola Spinosa, Aldo Pinto e Adriana Valerio (a cura di) Napoli : Fridericiana Editrice Universitaria, 2013 ISBN 978-88-8338-140-9 (BR) ISBN 978-88-8338-141-6 (RIL) 1. Monasteri femminili 2. Napoli 3. Storia religiosa I. Titolo La carta utilizzata per la stampa di questo volume è inalterabile, priva di acidi, a PH neutro, conforme alle norme UNI EN Iso 9760 ∞, realizzata con materie prime fibrose vergini provenienti da piantagioni rinnovabili e prodotti ausiliari assolutamente naturali, non inquinanti e totalmente biodegradabili (FSC, PEFC, ISO 14001, Paper Profile, EMAS)
(2) Ugo Dovere, Enrichetta Caracciolo di Forino al ritiro Mondragone di Napoli, in Archivio per la storia delle donne, a cura di Adriana Valerio, VI, Trapani 2009, 213-247; Id., Enrichetta Caracciolo di Forino e i Misteri del Chiostro napoletano, in Fede e libertà. Scritti in onore di p. Giacomo Martina, a cura di Maurilio Guasco, Alberto
(3) Enrichetta Caracciolo, Misteri del chiostro napoletano: memorie, Firenze 1864 (l’editore Barbera ne farà 5 edizioni); seguiranno poi le due edizioni di Milano e di Livorno nel 1865 (I nuovi misteri del chiostro napoletano / scritti da un’ex-monaca e pubblicati dall’abate **), ancora due a Milano nel 1868 e nel 1871, a Napoli nel 1882, ancora a Milano nel 1902 e a Firenze nel 1991.
(4)A pagina 135 del libro di Caracciolo.
(5) Laura Guidi, Il Risorgimento Invisibile. Patriote del Mezzogiorno d’Italia, Napoli 2011, 71-75. Vedi anche la scheda che ne fa Bruna Bertolo, Donne del Risorgimento. Le eroine invisibili dell’Unità d’Italia, Torino 2011, 185-204.
(6) Fulvia Caracciolo, Brieve Compendio della fundatione del Monistero di San Gregorio armeno detto San Ligoro di Napoli (Archivio del Monastero di San Gregorio Armeno, n. 1), ora in ed. critica in: Adriana Valerio, «Carche di dolore e bisognose d’aita». La Cronaca di Fulvia Caracciolo, monaca di S. Gregorio Armeno (1580).
(7) Michele Miele, Religiosi e monache nei concili post-tridentini del regno di Napoli (1565-1729) «Annuarium Historiae Conciliorum» 23 (1991), 360-372.