Studi sul PRG di Napoli 1946-1958
Lo studio progettuale del PRG del 1946 fu adottato dalla giunta comunale a tre anni esatti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e tre anni e due mesi dal 4 agosto 1943 e con tra le mani una città ancora del tutto da ricostruire1(1bis).Le istruzioni che tentarono sostanzialmente di riprendere le attuazioni del piano del 1939, senza approvazione del Ministero furono revocate nel 1952 al sopraggiungere della maggioranza laurina al governo della città.
La città è distrutta, i servizi non possono esser distribuiti, ovunque regna la povertà, la disoccupazione, e soprattutto si ravvisano i primi segnali di fuga all'estero di grandi masse di residenti; difficile l'ipotesi di un qualsiasi programma di edilizia da proporre.
Le urgenze di ricostruzione della città imposero scelte improntate sul realismo, riportando a numeri ridotti le aree da urbanizzare e col documento stilato nel 1946 a grandi linee si rinunciava espressamente ad un disegno unitario della città con uno stato finale ed ottimale di esso. Tuttavia il capitolato riuscì per lo meno a profilare un'intenzione quasi del tutto simile a quella espressa dal PRG del 1939, e cioè la decongestione della città ed una ipotizzata nuova struttura di marca razionalista con una teoria di nuclei satelliti tutti intorno al centro antico con intervalli dati dalle zone agricole arroccate sui versanti del sistema colline, con un'avvertita, ovvia discontinuità col il progetto del 1939 soprattutto nella centralità attribuita al tema dello sviluppo industriale.
Ed infine l'errore forse il più grande fu il rilancio dell'edilizia attraverso un programma di espansione che non risparmiava alcuna direzione.
Il progetto del 1946 esalta lo sviluppo dell'arco costiero tutto su ferrovia.
Vorrebbe rafforzare il contatto della zona agricola col porto ed un assurdo canale navigabile che attraversasse da parte a parte la zona orientale.
- Mentre ad ovest sempre tenendo conto di non assediare la collina di Posillipo, ma solo di renderla caratterialmente densa di abitato estensivo, il borgo di Bagnoli finisce assieme a Pozzuoli come nucleo satellite di produzione industriale. Ponticelli e Barra, con Poggioreale formano a quel punto il polo industriale a sud e Secondigliano, Miano, Piscinola e San Pietro a Patierno a nord sempre in considerazione dell'industria di trasformazione dei prodotti agricoli. Al centro occuperanno posto le colline del Vomero, Cangiani, Camaldoli e Capodimonte. Secondo questo schema, l'articolata espansione dei nuclei territoriali agricoli, ritenuti giustappunto esterni al centro, troveranno appoggio nelle preesistenze degli antichi casali e di maggiori dimensioni saranno i casali più zone a questi si affiancheranno. Il che, se il piano non fosse stato disapprovato, avrebbe portato al risultato come segue: espansione territoriale più contenuto per il vecchio casale di San Giovanni a Teduccio ed il casale di San Pietro a Patierno, più cospicua Pianura, Barra e Polvica, mentre invece risulteranno molto più consistenti i casali di Barra, Ponticelli, Secondigliano e Soccavo. Meriti e metodi di questo documento sono assortiti da giudizi che oscillano tra quelli assolutamente negativi specie quando si pongono in risalto le enormi contraddizioni circa l'esagerata espansione del centro oltre il centro, a quelli molto lusinghieri altrimenti quando si fa cenno al carattere spregiudicato di tutto il documento che appare come scritto da un critico urbanista di quel secolo, eretico, illuminista, industrialista. Su un solo punto concordano gli storici del settore; la correttezza del piano redatto, intuibile non tanto nei disegni ma nelle due proposte che accompagnano sia la redazione sia l'adozione dello stesso piano. Una di queste due proposte infatti chiedeva al governo centrale d'Italia di istituire una legge ad hoc che avesse per oggetto le misure di salvaguardia del territorio contro l'abuso edilizio,la sopraffazione architettonica dell'era moderna, e l'adozione del piano invece chiedeva di ricostruire il Consiglio tecnico comunale sciolto in epoca fascista, fino anche ad attribuire al suddetto ufficio compiti di vigilanza sul PRG in adozione, lo studio dei piani particolareggiati e la ricostruzione; ed ancora: la raccolta di molto materiale di natura statistica, cartografica, geotecnica ed il coordinamento finale degli interessi privati congiunti agli interessi generali della classe politica. Fu scritto e discusso nel 1946 e sei anni più tardi senza nulla cambiare agli scenari della Napoli distrutta dalla guerra, in forza dell'opposizione di destra, il piano verrà di fatto abbandonato.
Piano Regolatore del 1958 ed il sacco edilizio.
Il saccheggio delle zone libere attorno ai casali della provincia a settentrione della città fu la linea ordinatrice delle amministrazioni dopo il 1946-1947.
- A guerra finita la corsa alla ricostruzione ebbe tale necessità di concretizzarsi che presto si scrisse un piano regolatore ex-novo, datato 1958, bocciato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nel 1962. Una vera e propria mostruosità. Fu la totale discrasia degli accenti urbanistici posti dal PRG del 1939 che proprio in questi anni veniva ignorato, invalidato e in più parti anche falsificato. Nonostante il Consiglio avesse bocciato il documento del 1958, promuoveva invece alcune varianti in esso contenuto, ma le sue origini affondavano invece nel progetto di città del 1939. Come ad esempio la costruzione di tutto il Rione Traiano, assieme al parco San Paolo, altro non è che l'edificazione pubblica frutto di speculazione di un'area a Fuorigrotta indicata come zona agricola nel PRG del 1939. Per questo e per altri motivi meno significativi, la città calò in un periodo buio per la crescita edilizia e tra collusioni politiche e speculazioni varie, si avviò la cattiva pratica di realizzare costruzioni residenziali da destinare all'abitazione pubblica senza riferirsi ad alcuna attuazione, senza ancorarsi ad alcun modello regolatore, e persino costruire laddove i PRG precedenti ancora in vigore, indicarono come zone ad uso esclusivo di attività agricole2. La crescita della città durante gli ultimi anni Cinquanta ed i primi Sessanta del Novecento, modificò più e più volte l'assetto urbano moderno, disordinato, sopratutto nel settore settentrionale della città e nella zona orientale, con la modifica talvolta del territorio comprensivo di strutture ricordate alla storia della città come i rioni pubblici. Questi se non altro per la loro qualità architettonica disattesa e per le loro impostazioni reiterate in numerosi modelli insediativi produssero una qualità della vita pubblica residenziale inizialmente scadente e via a via vere e proprie esperienze isolate, in cui a prevalere, è ancora oggi, l'occupazione abusiva di alloggi e scantinati, e la microdelinquenza. A dar mano forte a questa situazione senza ormai più neppure il controllo dello Stato, in particolar modo nell'infrastrutturazione di base a carico della spesa pubblica vi fu la partecipazione collusa degli amministratori compiacenti a capo degli uffici pubblici dell'Istituto Autonomo Case Popolari, dell'Incis, l'UNRRA-Casas e non ultimo anche molti dirigenti del progetto INA-Casa. Ad aggravare la situazione secondo i modelli che interpretano il piano regolatore di Napoli inattuabile datato 1958, fu la circostanziata articolazione degli impianti ordinati e regolamentati seppur rione per rione dei quartieri residenziali contro l'indiscriminata lottizzazione edilizia dei privati che non ebbero assolutamente cura di casualità e contraddittorietà dei perimetri di suolo che occuparono abusivamente. La mappa del sacco edilizio prefigura un tale atteggiamento individuato ai margini del centro storico, nelle aree periferiche, ma anche in collina a Posillipo e al Rione Carità. Per quanto riguarda i numeri di massa del sacco si ricorda che secondo il piano di insediamento laurino sulla città di quegli anni che furono il 1957 ed il 1961, la periferia nord-occidentale di Napoli, detta zona urbana 3B, comprensiva degli antichi casali di Miano e Mianella, Piscinola, Marianella, Polvica e Chiaiano ebbero per così dire l'esclusiva della costruzione di case alte fino a 6 piani fuori terra proprio nel rispetto di un indice di fabbricabilità fondiario pari a 10m3 per ogni metro quadro occupato. Nelle altre zone oltre le colline a sud addirittura la spregiudicatezza condusse i saccheggiatori ad appropriarsi anche dei nuclei antichi sui quali sorsero, in quel settore, i casali di Pianura e Soccavo3.
Spazio note
(1) Liberamente estratto da: FACOLTA’ DI ARCHITETTURA DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA E RESTAURO Dottorato di Ricerca in Storia dell’architettura e della città XVII Ciclo Le colline nord-occidentali di Napoli: l’evoluzione storica di un paesaggio urbano. Tutor Agostino Di Lorenzo Prof. Leonardo Di Mauro Coordinatore del Dottorato Prof. Francesco Starace. Le colline nord-occidentali di Napoli: l’evoluzione storica di un paesaggio urbano, Agostino Di Lorenzo Gennaio 2006. A questo link per il consulto del pdf on line. Per il piano del 1910 vesdasi: nota numero 62 del pdf. Si riporta contestualmente. Redazione: Ufficio pei servizi tecnici del Comune e Ispettorato per le opere del risanamento. Firmano la relazione gli ingegneri Carlo Martinez, Pietro Pulli, Luca Di Castri, Eduardo Puoti. Cfr., Municipio di Napoli, Nuovo piano di risanamento e ampliamento della città. Anno 1910. Relazione, Napoli 1911; G. Russo, Il Risanamento e l'ampliamento della città di Napoli, Napoli 1960; C. Cocchia, L'edilizia a Napoli dal 1918 al 1958, Napoli 1961. Per una disamine completa sui piani regolatori cfr. P. Belfiore, B. Gravagnuolo, Napoli. Architettura e urbanistica del Novecento, Napoli 1994.(1bis) Redazione: Commissione per il Piano regolatore: Gennaro Fermariello, Ferdinando Isabella, Tommaso Gualano, Nicola Rivelli, Camillo Porzio, E. Leonardis, Domenico Filippone, Luigi Cosenza, Federico Biraghi, Silvestro Dragotti, Giovanni Cafiero, Mario ()rigo, Vincenzo Balestrieri, Filippo Mellia; cfr. R. Pane, La ricostruzione di Napoli, «Le vie d'Italia», 1947; C. Cocchia, Le vicende del Piano regolatore di Napoli, «Urbanistica», n. 15-16, 1955; A. Dal Piaz, Napoli 1945-1985, Milano 1985; G. Cosenza e F.D. Moccia (a cura di), Luigi Cosenza. L'opera completa, Napoli 1987
(2) Si veda lo schema cartografico del piano del '46 riprodotto in C. Cocchia, L'edilizia a Napoli dal 1918 al 1958, Napoli 1961.
(3) Si veda in proposito M. Vittorini, F. Cusani, A. Dal Piaz, C. Gelormino e A. Miglionico, Dallo spreco edilizio alla politica di recupero dell'esistente, Napoli 1978.
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