PSER a Napoli 1980-1985

E' il Piano delle Periferie del 1980, l'intervento dello Stato italiano per l'edilizia di Napoli1 ultimi vent'anni del Novecento.

Per questo solo scopo fu designato commissario unico l'allora sindaco della città, chiamato ad individuare le aree del territorio per la fondazione di 20.000 nuovi alloggi da assegnare agli aventi diritto.
Le relative opere di urbanizzazione furno una risposta all'emergenza del terremoto del 23 novembre del 1980(1bis).

L'avvio del programma dei lavori sull'edilizia pubblica intendeva piuttosto chiudere il lungo dibattito urbanistico che ebbe per tema l'offerta pubblica di alloggi e ciò fu possibile solo a partire da maggio del 1981, e solo a partire dall'emanazione della legge 14 maggio 1981 numero 219, recante espressamente ulteriori interventi anche a favore delle popolazioni colpite dal terremoto subito successivo del 14 febbraio 1981.

Con l'unica aggiunta eventuale, che però poi, di fatto realmente si verificò, di candidare, cioè, il presidente della Regione Campania nel caso di opere pubbliche esterne alla competenza dello stesso Comune. Fu quindi quella l'occasione congrua di rivedere in via definitiva tutti i programmi urbanistici esistenti, primo tra i tanti, tra aggiustamenti ed integrazioni, la legge sul Risorgimento del 1904, il PRG del 1910,  il PRG del 1939, gli faceva seguito per lo studio degli aggiustamenti necessari gli studi del 1925, quelli del 1933-1934, il 1946, il 1958 ed infine anche quelli ad essi più recenti del 1970.


L'elaborazione del documento fu compito dell'Ufficio Urbanistico del Comune di Napoli.

La scelta delle aree di fondazione sulla base degli anzidetti documenti consentiva al commissario di governo di localizzare 13.578 alloggi.

  • I restanti 6422 alloggi saranno successivamente allocati nei dispersi 17 comuni dell'area metropolitana che a quell'epoca godettero già del piano straordinario di intervento definito con la legge 167, non senza però, complicate trattative che riusciranno nell'intenzione di portare la quota restante degli alloggi a 7707. Fino a raggiungere gli ultimi giorni del 1983, allorquando, al programma iniziale concordato nella legge 209 si affiancarono numerose opere di infrastrutturazione utili e funzionali al comparto, che, a vista d'occhio mostrarono una notevole maturità progettuale fondata su vecchi modelli già studiati e ristudiati e quasi sempre non in linea con le concordate misure del PSER, che a ricordarlo, consistettero nell'attuazione del Piano delle Periferie a completamento dei già esistenti strumenti urbanistici confluiti nel Piano dell'Edilizia Economica Popolare. Quest'ultimo avente sui documenti sigla PEEP contiene le istruzioni basi con cui sono sorti in massima parte i grandi blocchi edilizi di Ponticelli e le aree 167 di Secondigliano. Due aree densamente urbanizzate, massicciamente occupate da insediamenti popolari per l'offerta pubblica residenziale sulle quali è calato con precisione straordinaria l'uso applicativo della legge 392/1978, detta legge equo canone, ovvero quella classificazione di territorio insediato che serviva a determinare il costo complessivo d'affitto da far pagare agli assegnatari e l'altro strumento urbanistico detto Piano decennale della Casa poi diventato legge nel 1978 col numero 457, usato espressamente come piano di recupero. Verrà adottato con forza retroattiva fino al 1980 ed il suo oggetto d'intervento sarà l'arco delle periferie costituito in massima parte dai casali aggregati attorno al centro antico di Napoli tra il 1870 ed il 1929. La scelta di preferire i casali piuttosto che le aree del centro antico optata da un grappolo di uomini ingaggiati dalla sinistra di quell'epoca chiaramente s'intuisce fu quella di superare l'ostacolo rappresentato dalle colline a nord di Napoli e la zona orientale già ampiamente urbanizzata dagli opifici industriali. Tra le colline, quindi e le strutture industriali della zona est resta fondato il centro antico di Napoli in quegli anni ancora in attesa di una riqualificazione dal 1972; venne la scelta dei casali per tanto giustificata altrimenti come una sorta di soddisfazione della domanda sociale in atto. 

​Ma gli obiettivi da raggiungere furono e restarono due soltanto.

Offrire alloggi per cittadini napoletani con un comune livello di reddito dichiarato e al tempo stesso, con gli insediamenti popolari, tentare la riqualificazione ambientale e sostanziale del territorio.

  • Territorio che si voleva anche molto più ampio rispetto alle dimensioni del primo Novecento. Sicchè, i piani di zona applicati ad aree già edificate con aggiunta si spazi liberi a testimonianza di aver rispettato gli standard operativi. ed i piani di recupero altrimenti applicati alle zone limitrofe, o talvolta più semplicemente perimetrazioni di zona esterna intervennero sui sistemi antichi a casali di Soccavo, Pianura, Chiaiano, Polvica, Piscinola e Marianella, Miano, Secondigliano, San Pietro a Patierno, Sant'Antimo-Sant'Arpino, Ponticelli, Barra, San Giovanni a Teduccio ed infine anche la nota piana di Pazzigno ed il rione Villa. In definitiva, assecondando l'idea di un recupero delle attività di base dei casali, il commercio dei prodotti della terra e l'artigianato sui prodotti dell'Uomo, si volle dar corpo alle unità minime dei servizi con specifiche attrezzature di settore piuttosto per soddisfare l'idea di una città cresciuta in termini di qualità più che di quantità e per questo anche si proibì quasi l'ulteriore crescita del patrimonio immobiliare di residenza destinando gran parte delle zone libere all'occupazione con altra infrastrutturazione di base, così da sfuggire persino all'ideologia tradizionale di una città infeudata dal mito della piramide delle gerarchie. La complessa trama insediativa antica della corona sub urbana di Napoli sia a nord che a sud-est del suo centro antico è ancora oggi principalmente regolata dai nuclei originari dei casali rimasti lì dov'erano e com'erano con la propria autonomia, nonostante siano stati inglobati nella disordinata sistemazione urbana delle più ampie periferie dequalificate proprio dal PSER. Ed infine, la restituzione della piena autonomia giuridica dei casali ebbe concreta attuazione nella riqualificazione del patrimonio edilizio, l'infrastrutturazione laddove necessario e le attrezzature per chiudere definitivamente il rapporto del nucleo antico del casale con la città. Quest'ultima fu una scelta da molti studiosi di storia sociale considerata un imperdonabile errore per gli sviluppi futuri.



Spazio note

(1) Liberamente estratto da: FACOLTA’ DI ARCHITETTURA DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA E RESTAURO Dottorato di Ricerca in Storia dell’architettura e della città XVII Ciclo Le colline nord-occidentali di Napoli: l’evoluzione storica di un paesaggio urbano. Tutor Agostino Di Lorenzo Prof. Leonardo Di Mauro Coordinatore del Dottorato Prof. Francesco Starace. Le colline nord-occidentali di Napoli: l’evoluzione storica di un paesaggio urbano, Agostino Di Lorenzo Gennaio 2006. A questo link per il consulto del pdf on line. Per il piano del 1910 vesdasi: nota numero 62 del pdf. Si riporta contestualmente. Redazione: Ufficio pei servizi tecnici del Comune e Ispettorato per le opere del risanamento. Firmano la relazione gli ingegneri Carlo Martinez, Pietro Pulli, Luca Di Castri, Eduardo Puoti. Cfr., Municipio di Napoli, Nuovo piano di risanamento e ampliamento della città. Anno 1910. Relazione, Napoli 1911; G. Russo, Il Risanamento e l'ampliamento della città di Napoli, Napoli 1960; C. Cocchia, L'edilizia a Napoli dal 1918 al 1958, Napoli 1961. Per una disamine completa sui piani regolatori cfr. P. Belfiore, B. Gravagnuolo, Napoli. Architettura e urbanistica del Novecento, Napoli 1994.
(1bis) Redazione: il programma deriva dal titolo VIII della legge 219/81 (sulla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del 1980) e comporta l'attuazione o il completamento – con procedure straordinarie – di piani già esistenti (Piano delle periferie, PEEP Ponticelli e Secondigliano), di alcuni interventi puntuali e di numerose opere infrastrutturali. Al sindaco di Napoli e al presidente della Regione Campania, nominati Commissari straordinari, si è affiancato il lavoro di due Uffici tecnici (diversamente strutturati) per le aree interne al Comune di Napoli e per quelle esterne; cfr., AA.VV., Napoli terremoto ricostruzione riqualificazione, «Edilizia popolare», n. 166, 1982 (numero monografico); F. Ciccone (a cura di), Recupero e riqualificazione urbana nel Programma straordinario per Napoli, Volume Cresme n. 19,, Milano 1984: AA.VV., Napoli costruzione e ricostruzione della città, «Urbanistica», n. 83, 1986; P.O. Rossi-G. Frediani (a cura di), Il programma straordinario di edilizia residenziale a Napoli, «ArQ», nn. 6 e 7, 1991 (monografici).