Studi sul PRG di Napoli del 1933-1934

Nell'ambito della costituzione di un piano regolatore generale per la città di Napoli1 trova spazio un interessante studio condotto nel 1933 dall'ingegner Antonio Grasso dato alle stampe in due diverse pubblicazioni, la prima col titolo Piano regionale e piano di massima (Napoli 1933), e la seconda con Il piano urbano (Napoli 1934).

Esse contengono importanti elementi di esacerbata innovazione urbanistica proveniente dagli Stati Uniti d'America e studiata dalla locale scuola di ingegneria dell'epoca, col proposito di trasformarla in un'applicazione secondaria all'ampliamento della città.

Ma contro ogni altra definizione, il PRG del 1933 è oggi un brillante documento di sintesi disponibile per lo studio di un'epoca in cui la città di Napoli scontava il passo alle diverse architetture e le diverse soluzioni adottate per rendere di significato vitale le zone agresti oltre le colline e la sua lettura conferisce soddisfazione nel conoscere quali direttive in passato hanno determinato il futuro di una città in gran parte già noto e confermato.

Più in particolare questi studi introducono fattivamente concetti che verranno ripresi nel PRG del 1939, ovvero la necessaria analisi che fu a scala regionale, di un piano regolatore che consentisse di cogliere aspetti molti più incidenti di semplici considerazioni cittadine e contestualmente definire una volta per tutte, condizione propria di quegli anni, la versione identitaria di una città in crescita che abbisognava che fosse rilanciata anche in termini di produzione.

Col bel problema però di interi quartieri fondati a gruppi misti sui territori sottratti alla provincia ed al vecchio sistema dei casali a nord di Napoli, i quali, continuando a perdere visivamente i propri confini verranno più semplicemente definiti nuclei satelliti di espansione.


Il futuro di Napoli come “Città dei Commerci e Città delle delizie”.

Fu così commentato alla fine il lavoro che svolse l'ingegnere passato alla storia urbanistica di Napoli come il piano regolatore del 1933.

  • La riflessione che esso porta con sé nell'osservare le criticità della città in trasformazione non risparmia una panoramica sulla zona Porto. Questa, si sostiene, deve collegare i luoghi della bellezza di questa città con tutto il suo intorno attraverso un efficiente sistema di comunicazioni territoriali che sfruttino anzitutto le contiguità preesistenti risparmiando quindi le orografie terrestri lasciandole così come si presentano. Napoli, c'è scritto sugli studi, dipende inesorabilmente dai suoi sobborghi, e dagli immensi interessi che gravitano attorno alle terre da arare nella vicinissima provincia, ma anche dal numero un poco crescente e un poco no dei suoi abitanti, tutti dati che andrebbero controllati affinchè crescano e descrescano armoniosamente ed evitare così l'inurbamento. Attendere o disattendere questi dati e queste valutazioni può condurre più facilmente e proficuamente ad un'affermazione di ampliamento della città opposta alla tendenza centripeta, a salvaguardia dunque del suo patrimonio artistico, quello naturale e quello patrimoniale più volte minacciato, quest'ultimo, dal progresso. Più suggestiva è la considerazione che si fa sul documento del sistema delle colline di Napoli, detta, zona naturale provvidenzialmente impervia, che per la sua altitudine ed asprezza ha potuto preservare le specificità paesistiche e la topografia delle origini di una città indubbiamente bellissima. Questa zona, dice il documento, “ … deve restare il principale fattore della sua bonifica”. E dev'esser chiaro, sembra detto dallo studio, che l'accidentalità del sistema collinoso ha fortunatamente impedito lo sviluppo urbanistico continuo ed ininterrotto, impostandosi esse, le colline, come un elemento ordinatore della città e quindi, l'elemento di nuova organizzazione urbana non può che essere la viabilità, ripensarla rispetto ai punti principali interni ed esterni al centro antico determinando laddove possibile nuove forme di territorio e soprattutto ridimensionare quello già esistente in forza della mutata natura dei mezzi di trasporto.

Gli studi condotti del 1933 daranno torto alla Commissione Giovannoni.

Infatti, l'espansione della città oltre le colline ha trovato in parte già delineato il territorio convertendo le inadeguate strutture rurali in veri e propri quartieri residenziali.

  • Dando così torto alla commissione Giovannoni che invece ipotizzò fin dal 1915 una crescita della città oltre il sistema delle colline a forza di nuclei di fabbricazione. Solo vent'anni più tardi invece l'ingegnere studiandone il caso anticipò gran parte di quanto si verificò altrimenti all'indomani della cessata fascistizzazione della città. Ed ovvero antichi casali trasformati in insediamenti satelliti dotati di propria circoscrizione, con una vita sociale propria ed un sistema produttivo autoctono, meno dispendioso, e alquanto poco costoso. Soprattutto si cita nel documento di analisi che accompagna il PRG, si parla di dotare questi spazi di case pubbliche, da assegnare con mezzo di bando pubblico, da preferire a nuclei familiari con dichiarato comune livelli di reddito. Dunque ciò che ne viene fuori dalla didattica del documento dell'ingegner Antonio Grasso è che negli anni Trenta del Novecento, il futuro della città di Napoli si basava sulla politica del decentramento; spostare cioè una massa enorme di persone che vivevano costrette nel pochissimo spazio del centro antico in zone ormai divenute periferie grazie all'accorpamento del 1925 di molti casali della zona orientale ed occidentale della città. Col solo disappunto che allora, si augurò a questa enorme massa di residenti che si apprestavano a cambiar zona di ricambiare ” … la loro disponibilità allo sfratto” con un minor costo della vita, una maggior salubrità generale ed una soddisfacente vita fatta si socialità e di cultura. Ed anche rispetto a questi obiettivi prefigurati, l'uomo e l'architettura dovettero giocare un ruolo fondamentale nel definire alla pari, la forma degli insediamenti. È incantevole leggere le righe del documento dove, ad esempio parlando di strutture di accoglienza per le future zone di Miano, Chiaiano e Scampia, l'ingegnere parla di edifici da collocare con l'adozione, scrive proprio così, di proporzionati concetti estensivi che debbono necessariamente esser coerenti con l'eccezionale natura dei luoghi e le sue antiche strutture di insediamento primitivo.


Spazio note

(1) Liberamente estratto da: FACOLTA’ DI ARCHITETTURA DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA E RESTAURO Dottorato di Ricerca in Storia dell’architettura e della città XVII Ciclo Le colline nord-occidentali di Napoli: l’evoluzione storica di un paesaggio urbano. Tutor Agostino Di Lorenzo Prof. Leonardo Di Mauro Coordinatore del Dottorato Prof. Francesco Starace. Le colline nord-occidentali di Napoli: l’evoluzione storica di un paesaggio urbano, Agostino Di Lorenzo Gennaio 2006. A questo link per il consulto del pdf on line.