Le Cave di Napoli

La città di Napoli1 è composta per il suo novanta per cento da patrimonio immobiliare realizzato in tufo giallo napoletano, materiale piroclastico cavato in parte dalle colline ed in parte dal sottosuolo in aree piane.

Di questa attività cessata all'indomani dell'Alto Commissariato del 1926, affidato a Pietro Baratono oggi resta una mappa delle cave da dove è stato estratto il materiale di costruzione. Quasi tutte queste cave versano in stato di abbandono.

Più interessato dalla strutturazione territoriale delle cave è il Parco Regionale delle Colline di Napoli, l'area che si estende dalla regione media ed alta della collina di Posillipo, l'aggancio che questa ha con gli speroni del Vomero, la collina alta dei Camaldoli, la selva di Chiaiano, il Vallone di San Rocco, la collina di Lutrecco e anche molte sacche territoriali del centro storico, come la zona alta del Rione Sanità, il Corso Amedeo a Capodimonte, il Mojariello, lo Scudillo e San Gennaro dei Poveri.

Degli anzidetti settori è dato ragguaglio all'Archivio di Stato presso il Fondo Miniere, una serie di mappe topografiche, con le quali, i ricercatori, sono stati in grado di ricostruire cento anni di storia delle colline, dal 1879 al 1989. Cento anni di storia collinare che comprende tuttavia l'importante significato storico delle trasformazioni apportate al profilo geologico delle colline scavate da committenza privata sempre più interessata al Tufo, al Lapillo, alla Pozzolana ed al Piperno, la pietra vulcanica grigia con la quale son fatti quasi tutti i portali delle chiese di Napoli.


Sul Fondo Miniere è trascritto il numero esatto delle cave.

In tutto sono 183, a cielo aperto, più o meno grandi di cui 39 nella zona dello Scudillo, 48 ai Camaldoli, 6 nella zona delle Masserie di Chiaiano.

  • E 53 sempre a Chiaiano nell'intrigato bosco confinante col Vallone di San Rocco, ed anche lì in quell'antro territoriale di cave se ne contano 40. Quindi è così concluso il documento sulle cave napoletane. Rispetto al centro storico della città queste sono localizzate più in dettaglio a S. Gennaro dei Poveri, in Via Tronari ai Cristallini, via Bosco di Capodimonte, Via Nuova Capodimonte, Via Miano-Agnano, S. Rocco di Capodimonte, Boscariello, Vallone S. Rocco, Camaldolilli, Guantai ai Camaldoli, cupa S. Carlo all'Arena, Ponte, S. Maria ai Monti Ponti Rossi, S. Maria della Catena, Calata e cupa Capodichino, Fontanelle, Pianella, Masseria Contessa, Via Scudillo. La zona ricca di cave è Chiaiano. E più precisamente: Cognulo (Cappella dei Cangiani), Cupa Montelungo, Cupa dei Cani, Cupa Vrito, Cupa Fragolara, Selva Suarez, Cappella Cangiani , Cesinella, Calore, Cognulo dei Cangiani, Via Vecchia Napoli, Ponte della Caracciola, Pontevecchio S. Rocco, Strigari, Cupa Casa Putana, Calore di sopra, Contrada Palmentiello, S. Croce, Rotondella, Contrada Margherita, Guantai, Cavone delle noci, Contrada Montelungo, Orsolone, (Cinque Cercole). Segue il territorio di Marano: Cognolo, Cupa dei Cani, Cupa Cantarella, Recca, Torre Piscicelli, Torriello, Castello Scilla, via Ferrigno, Masseria S. Castrese, Cupa Perrotta, Cupa Vallesana, Pendino, Casaputana, Cupa Perrotta. Poi ancora l’area di Pianura: Contrada Monte, Grottole Morte , Contrada Sartania, Cavone della morte, Cupa Masseria Pignatelli, Masseria Grande lungo cupa, Grottole, Cupa Spadari, Cupa della Morte, Pisani, Cupa Napoli - Cupa Fredda. Ed anche Soccavo, con Verdolino, Fondo Rispoli; Agnano con Contrada Monte Spina, Cavone degli Sbirri, Selva le Lenzi; Marianella con Masseria S. Giovanni e Miano con la Masseria S. Giovanni e Via Croce.

Analisi delle fonti cartografiche delle colline.

Un grande contributo per l'analisi del territorio delle colline di Napoli, area settentrionale della città, sono le mappe topografiche realizzate dal Porpora.

  • Queste furono date alla stampa fino a tutto il 1779, col titolo di Mappa della città di Napoli e dei suoi casali per l'Arrendamento della Farina1. Quasi tutte le mappe della città di Napoli, disegnate all'epoca del governo Borbone, ebbero il solo scopo di rivedere i confini della città settentrionale, al fine di isolare gli antichi casali che nel frattempo, poichè inglobati nella crescente espansione del centro antico, persero questo carattere, e dunque furono soggette nuovamente al pagamento delle tasse, dal quale erano state esclusi fin dal tempo degli Aragonesi. Nei documenti antichi scovati e studiati è venuta fuori la relazione di Alessandro Manni2bis, tavolario del regno, impegnato fino a tutto il 1733 a trascrivere una dettagliata relazione sui confini della città ad istanza, c'è scritto sui documenti dell'Archivio Municipale di Napoli, dei governatori dell'Arredamento sul Vino. Questa mappa fu pure ritrovata e citata dal Capasso3bis e da lui segnalata sul finir del XIX secolo, oltre alla scoperta anche di una copia della mappa data alle stampe come pianta dimostrativa. Su questa faccenda della confinazione napoletana del suo centro con i casali fu nuovamente oggetto di grandi attenzioni da parte dei Governatori dell'Arredamento della Farina e su decreto del Collaterale vi misero mano il tavolario Mario d'Urso nel 1698 e Biagio Zizza tra il 1700 ed il 1712. Tuttavia gli anzidetti tavolari non poterono per motivi mai chiariti adempiere ai loro obblighi di rendere una mappa generale dei confini della città con la sua area settentrionale, e tra l'altro le loro produzioni topografiche oggi sono andate irrimediabilmente perdute, motivo per cui la lacunosa situazione topografica ha spinto gli studiosi ed i ricercatori a prestare massima attenzione al lavoro encomiabile di Giambattista Porpora, che nel 1776 conclude il delicato compito consegnando la propria pianta della città giustamente confinata, unita ad altre 16 piccole piante in grafate e miniate in carta d'Olanda. Oggi questi preziosi contributi restano in custodia presso la biblioteca di Storia Patria Napoletana nelle sale del Maschio Angioino. Va soltanto aggiunto che quanto disegnato dal Manni indubbiamente molto è stato importato nell'opere del Porpora, e che il Manni abbia poi a sua volta molto materiale cavato via dai lavori del Zizza e del d'Urso anche questa è condizione assai verosimile. Non è quindi importuno credere che del Porpora molto lo si deve ai lavori precedenti degli omologhi suoi colleghi. Sia chiaro dunque che tutte quante le mappe non possono che ricalcare uno schema già conosciuto, e che in sostanza impegnavano ben poco in termini di cambiamenti territoriali, che per parte loro, hanno solo subito l'inurbamento del centro storico da e per il settentrione, in quanto, il lato sud non abbisognava di alcun confine da stabilire. Per questa condizione ci aveva già pensato il mare.


Spazio note

(1) Liberamente estratto da: FACOLTA’ DI ARCHITETTURA DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA E RESTAURO Dottorato di Ricerca in Storia dell’architettura e della città XVII Ciclo Le colline nord-occidentali di Napoli: l’evoluzione storica di un paesaggio urbano. Tutor Agostino Di Lorenzo Prof. Leonardo Di Mauro Coordinatore del Dottorato Prof. Francesco Starace. Le colline nord-occidentali di Napoli: l’evoluzione storica di un paesaggio urbano, Agostino Di Lorenzo Gennaio 2006. A questo link per il consulto del pdf on line.