Pianta Baratta 1629

Alessandro Baratta fu un cartografo del XVI secolo, autore di una mappa della città di Napoli del Seicento, andata presumibilmente perduta, forse distrutta dalla furia delle bombe del 4 agosto1943

Negli anni del bombardamento d'Italia la mappa era in custodia presso il deposito delle opere d'arte da proteggere conto i rischi della guerra, in uno dei locali della Mostra d'Oltremare a Fuorigrotta anche questa andata quasi del tutto distrutta.


Fu ridisegnata nuovamente nel 1872 ed acquisita dal Museo di San Martino in quello stesso anno per locupletare un'apposita mostra di genere.

Per interesse della Banca Commerciale Italiana fu riportata alla pubblica consultazione confluendo per questo scopo nel fondo patrimoniale Intesa San Paolo collocandola nelle sale della galleria di Palazzo Zevallos a via Toledo.

Solo ad ottobre del 2015 la mappa è nuovamente ritornata al Museo di San Martino non senza liberarsi della nutrita questione critica da parte degli esperti di urbanistica che non ne riconoscerebbero l'esatta fondatezza. Dell'originale la mappa riprodotta avrebbe importato solo il prospetto in alzato, una didascalia ed i lungo cavalcato alla base.


È conosciuta agli storici col suo stesso nome, al quale, spesso si accompagna la data 1629. 

Talvolta su alcuni altri documenti storici che ne trattano l'argomento appare anche la data 1628 presumibilmente coincidente con la data di pubblicazione della mappa.

  • L'originale si pensa sia stata disegnata nell'arco di circa venti anni di lavoro intenso e puntuale, con ampi e dotti riferimenti estratti dall'unico documento catastale allora esistente, la pianta del francese Lafrery del 1566. La veduta di Alessandro Baratta rileva il territorio della città di Napoli libero dall'ingombro dei boschi. Abbastanza da poter porre in evidenza quali saranno le future colture che ambienteranno il teatro delle colline della città. Una città questa disegnata costretta nel desiderio di espandersi in un'epoca in cui però questa possibilità gli è sempre stata negata contro ciò che altrimenti come possibile evidenziarlo già in mappa si presenta come un sistema di relazione tra centro antico e territorio agricolo abbastanza evoluto in termini di connessioni territoriali. Essa, la mappa, esprime un buon punto di arrivo della cultura capace di interpretare la città come un sistema di relazione tra territorio agricolo e centro storico inteso come luogo degli scambi commerciali. Dalla mappa stessa è possibile estrapolare elementi sufficienti a realizzare in sintesi la mentalità del Baratta in relazione a quali, per quest'ultimo, fossero stati importanti segni di cambiamento, specie per quel che in uno studio di ricerca è stato definito il teatro dei colli. E quale valore fosse stato assegnato nel corso degli ultimi dieci anni del Cinquecento ed inizi del Seicento ai giardini di Napoli, le sue ville, le grandi aree di verde ad interesse naturalistico, e sopratutto il patrimonio immobiliare che in esso è nato e cresciuto in dimensione. Su di essa con gran stupore è visbile il borgo di Sant'Antonio Abate, quasi nel dettaglio la facciata della chiesa del Gesù Nuovo nell'omonima piazza a Spaccanapoli. Il fronte non omogeneo della facciata principale di Palazzo Reale a piazza Plebiscito. Sull'incisione è visibile chiaramente l'area su cui verrà fondato il palazzo Bernasconi, al di qua della scogliera frangilutti di San Pietro ai Due Frati a Posillipo e villa Volpicelli a via Ferdinando Russo.


Spazio note
 (1) Contributi estratti da un lavoro di dottorato e di ricerca Università degli Studi di Napoli, federico II. Lo trovi a questa nota.