Tavola Strozzi e la pianta Dupérac

L'analisi delle fonte cartografiche trova aiuto soprattutto nella trattazione della storia della città di Napoli, del suo Centro Storico, la situazione in tutte le sue fattispecie per il Lungomare ed infine le orografie terresti che compongono il suo sistema collinare.

Nota a tutti gli studiosi storici la prima delle fonti cartografiche da sempre menzionate è la Tavola Strozzi a confronto per ineguagliabile splendore segue la pianta del francese Lafrery, data 1566.

La pianta del Duperac è talmente precisa da individuare addirittura parti di palazzi all'angolo del vico Pallonetto a Santa Chiara con lo spuntare in quel punto del vico San Giovanni Maggiore Pignatelli, nell'area di Spaccanapoli.

La Tavola Strozzi è un dipinto olio su tavola, di datazione ancora da definire, forse XV secolo e di autore ignoto nonostante molte possibili attribuzioni.

  • Ritrae il rientro nel porto della città di Napoli della flotta aragonese all'indomani della vittoria contro l'esercito del pretendente al trono, Giovanni d'Angiò reclamato all'allora sovrano Alfonso d'AragonaSi è trattato inizialmente di un complemento d'arredo ma per la sua bella prospettica realistica fortunatamente riuscita rientrò nei doni offerti a re Ferrante d'Aragona dalla potentissima famiglia fiorentina degli Strozzi. Fu eseguito secondo studi mai verificati del tutto, con un metodo verosimilmente finto volo d'uccello, quindi con un presumibile valore di incertezza reso ancor più evidente dal molo grande del porto di Napoli dipinto con lampante imprecisione ben oltre la scarpata del Maschio Angioino. Anche questo straordinariamente reso visibile semplicemente arretrando con l'espediente dell'inesatta posizione il manufatto di Castel dell'Ovo nella sua fase più primitiva. Nonostante non sia stato il dipinto eseguito per questo scopo e nonostante molto del ritratto è considerato da studi storici novecenteschi addirittura quasi del tutto inesatto, è tuttavia finito considerato per esser la più importante delle fonti cartografiche della città di Napoli sopraggiunta alla storiografia moderna. Nel suo contenuto si evince la sistemazione di parte della città di Napoli tra l'area del golfo ed il versante delle colline nel momento in cui l'apparato immobiliare versa nelle condizioni lasciate dal succedersi delle amministrazioni di regno dell'età del Quattrocento. Lo sfondo della tavola è occupato come non potrebbe esser altrimenti dalla fascia delle colline sulle quali si adagiano poggi e terrazzi, ville e casamenti agresti tutti collegati tra loro da stradine scavate nel fianco del monte. Situazione che indica come in quell'epoca il versante della collina del Vomero avesse già ampiamente subito notevole disboscamento è quasi certo per opera dei monaci della Certosa in luogo di realizzare impianti di colture arboree ed arbustive. La teoria dei ciuffi di Pini che si osservano ascendere e discendere regolarmente serve solo come ingegno artistico per ridare al paesaggio urbano l'omogeneità inficiata proprio dalla trattazione del tema agrario delle colline. Non sono del tutto distinguibili gli elementi vegetali che compongono la macchia di verde che ammanta il versante esposto al golfo, ma non potrebbe esser altrimenti che molte delle specie ivi impiantate ed acclimatate avessero quanto meno lo scopo di contenere per intero la collina regolandone il sistema-idrogeologico. La pancia del dipinto presenta tinto di tufo pastello un agglomerato edilizio in cui si distinguono il Monastero di Santa Chiara, la chiesa di Monteoliveto, la chiesa del Carmine Maggiore, la Cattedrale ed infine immancabile, il palazzo della Vicaria.

Pianta di Napoli di Étienne Dupérac Lafrèry 1566.

E' principalmente nota agli studiosi per esser il documento in cui si testimonia come le colline di Napoli formano un perimetro ben più reale delle mura.

  • Ma è anche dopotutto il documentato eccezionale su cui si esprime tutta la storia dello sdoppiamento di residenza da parte di coloro che, nonostante vi sia stata almeno fino a tutto il 1717 il divieto di costruzioni emanato dagli editti dei vicerè hanno comunque compiuto buona parte dell'insediamento delle colline spinti nella spregiudicata corsa immobiliare per godersi il panorama ed il clima migliore. Non è affatto escluso che a trasgredite il divieto fossero stati anche i religiosi rimasti obbedienti alle prescrizioni di Roma, coloro che sulle colline venivano per costruirci conventi e case religiose, a differenza degli Ordini mendicanti che altrimenti sulle colline venivano per recuperare e trasformare in case di residenza ciò che era stato abbandonato. Il punto di saturazione del territorio delle colline comunque non è peculiare del periodo a cui si riferisce la carta del Lafrery se dopotutto è noto alla letteratura che per alcuni nobili del XVII secolo fosse stato realmente difficile reperire spazio a sufficienza per ambientare di parco e giardino la propria dimora. Étienne Dupérac Lafrèry di origini francesi sarà il disegnatore di corte in Italia sopraggiunto già in possesso dell'ampia formazione dell'arte delle vedute non solo della città di Napoli ma anche di altri prodotti simili per altre città, prima tra tutte, Roma.


Spazio note
 (1) Contributi estratti da un lavoro di dottorato e di ricerca Università degli Studi di Napoli, federico II. Lo trovi a questa nota.