L'area del bosco di mezzo

All'interno del bosco di Capodimonte a Napoli1 vi sono manufatti moderni volutamente disegnati come fossero antichi e finti ruderi che impreziosiscono il mondo circostante.

Tra l'altro va ricordato ed aggiunto che il parco è già di per sé molto artificializzato e presenta note caratteristiche assegnategli dal progetto di Dehnardt del 1840, riportato all'uso delle origini dal restauro del 1992.

Gli elementi di cui si è appena accennato sono il Grottino, l'area a nord del fabbricato della Vaccheria, la Fontana di Mezzo, la Statua del Gigante, il Fabbricato San Gennaro, il Roccolo ed il Cattaneo.

Il grottino è dunque un manufatto in pietra posto alla fine del primo viale di destra del tridente nell'area di mezzo del Bosco immerso nella macchia dei Lecci, in prossimità del fabbricato Cattaneo, ai confini così è scritto nei documenti e nelle carte antiche del sito reale, tra l'area trasformata dalla sistemazione inglese dei Giardini ed il sistema dei viali che ancora esprime il gusto del Settecento.

Sorge su di un luogo in cui, tempo prima vi era la Casa del Montiere, all'epoca posta nella lontananza prospettica dei viali che dipartono dall'emiciclo antistante Porta di Mezzo.
Secondo uno stile tipico dell'Ottocento il grottino in realtà tenta di simulare un rudere d'impianto più antico, alla stessa maniera di come accadeva alla fine di quello stesso secolo per molti altri ambienti interni o esterni che fossero, realizzati come spazi di architettura remota, tipo Casine Pompeiane disperse un po' ovunque.

Il manufatto riesce persino ad elaborare tecniche costruttive peculiari dell'epoca che evoca, come ad esempio, l'opus listatum, l'opera laterizia diffusa dalle architetture della grande Roma dei Cesari, idealmente in voga alla fine di quel secolo suggestionato dai tempi remoti ma che non attueranno mai, solo volutamente e forzatamente realizzati quasi trent'anni più tardi all'indomani dell'avvento fascista.
All'interno del finto rudere uno scenario cerca di ricostruire un mondo mistico, un luogo di meditazione con pareti dalle quali affiorano sempre in maniera sistemica finti paramenti murari ed ancora finte finestre al di sopra di sedili in pietra di Lavagna.

Molto probabilmente questo oggetto d'arredo ambientale perse quasi subito la funzione di finto rudere e nella tattica del riuso acquisì la forza di posta di comando delle guardie del re, nell'atto di presidiare la zona soprastante ed il vallone sottostante durante le attività venatorie, funzione resa possibile grazie ad una logistica terrazza realizzata sul tetto del Grottino accessibile da una scala ”provvudatemente” scavata proprio nel fianco sinistro dell'antro.


Area nord fabbricato della Vaccheria.

Subito dopo il giardino e la masseria Torre si apre questa grande prateria a secco, detta anche il prato rustico, sulle carte antiche del sito reale scritto come Area Nord Fabbricato Vaccheria.

  • Sta stretta tra il viale di Mezzo ed il Vallone dei Cervi, perciò dunque si appresta sulla toponomastica a stare tra le aree boschive e vallive dello stesso bosco, laddove un tempo prima della passione sia per i cervi che per i fagiani, quest'area ospitava il pascolo tranquillo delle vacche, alle quali, veniva foraggiato per aver latte gustoso, i prodotti che sempre qui venivano coltivati, ed ovvero, biada, fave, granturco. Tempo prima della sistemazione che ancora oggi si osserva non esisteva la finta collina che oggi la domina, ma nonostante tutto si sfruttò la sua lieve pendenza orografica per meglio catturare quanto più calore di giorno e quanta meglio brina e vento di calma durante le notti di bonaccia per farci crescere rigogliosa una vite poderosa sempre spoglia per il mosto settembrino, divelta dalle successive modificazioni che raggiunsero l'obiettivo nella sistemazione della zona in Giardino alla Inglese. Tornò nuovamente ad esser usata come area di produzione durante il governo sabaudo del Regno nelle tumultuose vicende storiche che ne videro il passaggio da un governatorato all'altro e qui in questo settore del bosco furono reintrodotte alcune particolari graminacee per alimentare la nuova specie selvaggia che iniziava a popolare le fronde delle Querce e dei Lecci. Ai margini della macchia della Vaccheria oggi dopo un attento ed accurato recupero della sua funzione secondaria si osservano acclimatati sul posto rigogliosi esemplari di Nocciolo, qualche Platano ed un Pino Nero. Ed ancora, sul ciglio del Vallone dei Cervi una ramificata Magnolia, e come sempre, laddove insiste una sistemazione a prato si serge un gruppo isolato di Lecci.

Fontana di Mezzo e Statua del Gigante

Sta impiantata allo storico incrocio dei quattro viali che definiscono la settecentesca maglia regolare del bosco di Mezzo.

  • È chiamata così, Fontana di Mezzo in quanto essa occupa una posizione baricentrica rispetto a tutta quanta l'area del bosco di Capodimonte. Si tratta altrimenti della pescheria in uso alla corte del XVIII secolo. Rimase attiva fino all'avvento dell'annessione del regno al Piemonte, allorquando alla vasca ci venivano mantenuti in vita certe varietà di pesci e di capitoni. Alla protezione dell'acqua e dei pesci una splendida balaustra di marmo bianco di Carrara andata rubata, ma ciò che la rendeva bella e ne impreziosiva ancor di più tutto il circostante fu l'incanto del verde che l'ammantava e di una specie arborea cinese che l'alimentava di continua suggestione. Aghi di Cefalotasso infatti pendevano a breve distanza dal pelo d'acqua, ed altre fronde del medesimo fusto ne ombreggiavano il resto. L'acqua proveniva come senza alcun dubbio dal vecchio Cisternone ancora oggi tra l'altro in piena attività e la fornitura d'acqua tuttavia fu garantita per le stesse condotte sotterranee anche al sistema idrico a scomparsa che irrigava il Giardino dei Fiori preso la vicinissima Masseria Torre.
  • Più prossima alla Fontana di Mezzo vi è la cosiddetta Statua del Gigante. Detta così per le enormi dimensioni che la caratterizzano, la silhouette del manufatto molto ricorda l'Erme Portavaso di villa Caprarola a Viterbo ed è la più pregiata tra le statue presenti in tutto il parco, in quanto fu costruita con pezzi avanzati da altro materiale ugualmente di fattura antica. Il busto e la testa col vaso provengono da villa Farnese a Roma. In effetti sarebbe anche corretto dire che si tratta di un assemblato del 1736, con pezzi giunti da Roma e rimessi insieme a Capodimonte dall'arte maestra di Giuseppe Canart e su suggerimento diretto di re Carlo di Borbone, a quell'epoca già molto avvinto dai ritrovamenti di reperti antichi sotto la coltre lavica sedimentata di Ercolano, Portici e la vicinissima Pompei. I pezzi per il montaggio della Statua del Gigante furono spediti a Napoli ma solo da Ferdinando Fuga condotti uno ad uno a Capodimonte e lì poi da Giuseppe Canart magistralmente assemblati uno ad uno, alla stessa maniera di quanto già ebbe egli compiuto anche per altri lavori presso le officine di Capodimonte. La Statua prima del 1900 poggiava su di una monumentale base di piperno e marmo che oggi non si ammira più perchè rimossa, ma quando esistente fu impiantata come manufatto a completamento del Viale di Mezzo. Col tempo la stessa opera fu ritrovata nei pressi del Cellaio e quindi collocata nell'attuale posizione.

Fabbricati Vaccheria, San Gennaro, il Roccolo ed il Cattaneo.

All'interno dell'area di mezzo del bosco di Capodimonte ancora oggi sono presenti i fabbricati della Vaccheria, di San Gennaro ed un altro manufatto detto il Roccolo.

  • Il fabbricato della Vaccheria sorge giusto al centro del Viale di Mezzo, si tratta di ciò che nel Settecento e anche in parte nell'Ottocento corrispose ad un moderno caseificio. Questo fabbricato era pur detto, ”Real Vaccheria”, il luogo del sito dove veniva prodotto il latte e tutti i derivati di esso, in parte rivenduti ed in parte a satollare la dispensa della reggia. Al pian terreno le stalle e le vacche, certe specie pregiate vaccine fatte giungere persino dalla Svizzera ed alcune coppie di buoi per il lavoro dei campi. Al piano superiore l'appartamento del vaccaro e di tutti i suoi famigli, e del massaro aiutante. Assunse l'aspetto proprio di una cascina all'indomani dell'avvento del regno di Ferdinando II, allorquando, al fabbricato vennero aggiunte facciate rivestite di legno, di modo che combinato molto col verde che lo ammantava il fabbricato riprendesse l'uso pittoresco tipico dell'Ottocento. Di questo rivestimento oggi non resta nulla e l'edificio risulta fin dal 1996 disabitato, pur tuttavia il complesso agreste mantiene la strutturazione ottocentesca, cioè, due corpi di fabbrica aggreagti assieme attorno ad una corte centrale.
  • Per quanto riguarda il fabbricato di San Gennaro, sede dormitorio di alcuni stipendiati di corte, addetti alla cura e la gestione dell'Uccelleria Reale, questo si trova alla fine di un sentiero tracciato al lato del Viale di Mezzo e sulle carte antiche lo si trova anche col titolo di Casa o Casino di San Gennaro. Si tratta di un caseggiato composto da pian terreno, primo piano e due lunghissime terrazze esposte direttamente al verde delle fronde. Il lato prospisciente il viale di Mezzo, quello che ha meno subito l'incuria dell'abbandono, mostra uno squisito androne d'ingresso, rimasto pressocchè intatto dalle origini. Da questo livello della casa non vi è null'altro da segnalare se non la presenza sui fianchi della struttura di finestre ad obolo per illuminare l'interno. Il Roccolo è invece un casamento costruito alla fine del Viale di Mezzo in una sorta di piazzale sistemato anche esso secondo codici estratti da uno squisitissimo stile di puro languore boschereccio. La struttura non ha nulla di rilevante sul piano architettonico, una specie di piccola torre in mattoni, che si eleva su pianta quadrata rastremandosi lievemente al piano superiore, fu usato per il magazzino attrezzi provvisorio per gli addetti alle attività venatorie dei dignitari della corte sabauda. Oltre questa struttura si osserva la primitività del sito e tutta l'asprezza dei luoghi vallivi di Miano. Ed infine, il fabbricato Cattaneo, altro edificio rustico a completamento dell'apparato immobiliare del bosco di Mezzo. Sta ubicato in vetta al vallone Amendola. L'edificio esiste lì dov'è e com'è dal Settecento e fu usato come posto di guardiacaccia e dal chirurgo di corte, Alessandro Cattaneo. Col tempo è stato preso in consegna dagli uffici della Soprintendenza che lo ha spesso talvolta usato per semplici incarichi ai dipendenti. All'ingresso dell'edificio uno splendido esemplare di Graevilea Robusta. Il suo ingresso principale, con bel portone in lengo, è comunque ancora una volta dato dal Viale di Mezzo su cui affaccia parte del corpo di fabbrica. Da questa parte del fabbrico aggetta un'ala dell'edificio con androne passante al piano terra. Al piano superiore gli ambienti sono occupati da abitazioni di privati residenti.
 

Spazio note

 (1) Liberamente estratto da: Delpinoa. n.s. 33-34:143-177. 1991-1992 La flora del Parco di Capodimonte di Napoli. documento in PDF rintracciato sulla rete. Di VINCENZO LA VALVA *, CARMINE GUARINO ", ANTONINO DE NATALE ***, VALERIA CUOZZO ***, BRUNO MENALE ". Dipartimento di Biologia, Difesa c Biotecnologie Agro-Forestali. Università della Basilicata, Via N. Sauro, 85 - 85100 Potenza. ** Orto botanico, Facoltà di Scienze, Università degli Studi di Napoli "Federico Il". via Foria, 223 - 80139 Napoli. n* Dipartimento di Biologia Vegetale, Università degli Studi di Napoli "Federico Il", via Foria. 223 - 80139 Napoli. Abstract In this paper is carried on a floristic study of Capodimonte Park. During this work the authors pickcd up and obscrved 399 entitics. Atout 14% of studicd entitis was exotic species introduced iato the park between the late I and early 18'" century. The Capodimonte Park flora has a feable Mediterranean character. Thc relatively clevatcd frequency of Eurasiatic and Widc-distribution species is explalned by the artificiality of piace. Altro contributo da Italo Ferraro, Architettura, Scuola, Città. Scritti 1973-1983 Clean Edizioni Napoli 1984 BNN Distribuzione A9878. Brevi accenni all'area in esame nel secondo e terzo capoverso alle pagine 108 e 109. 
 (2) Storia del Bosco di Capodimonte estratto da un documento a pagina 29 col titolo di Il Real Bosco di Capodimonte Guido Gullo e Attività culturali e iniziative per il Real Bosco di Capodimonte di Patrizia Nicoletti pagina 36 in Il Governo dei Giardini e dei Parchi Storici. Restauro, manutenzione, gestione. Atti del VI convegno internazionale 20-23 settembre del 2000 e raccolti a libro a cura di Francesco Canestrini, Francesca Furia e Maria Rosaria Iacono, per la Edizioni Scientifiche Italiane. BNN distribuzione 2002 C12. L'introduzione è di Ugo Carughi.