Aree Vallive del Bosco

L'area valliva del Bosco che ammanta la collina di Capodimonte a Napoli è costituita da tre diverse incisioni nella collina.

Esse sono rispettivamente il vallone Amendola, il vallone San Gennaro ed il vallone dei Cervi, ovvero, le aree che oggi offrono la visione complessiva delle origini dell'intricato parco di caccia borbonico.

L'estensione territoriale include parte delle aree che appartengono agli antichi casali di Miano e Mianella.

Laddove cioè è maggiormente sviluppata l'incisione che ha preso nome di vallone di Miano ed oggi quasi del tutto urbanizzata dal complesso architettonico dell'ex Birreria Peroni a Miano.

La morfologia valliva di questa zona del bosco rientra in una delle tre che compongono essenzialmente l'area a settentrione della città e diversamente dalle zone del parco trattate a prato e le zone trattate a bosco, qui in questo settore è fatto assoluto divieto di accesso, né quanto meno la pratica venatoria che fu abolita all'indomani dell'annessione del Parco alla Soprintendenza al seguito del riordino del 1992.

Tuttavia ancora per il persistere di criticità ambientali dovute principalmente ad una mancata pedagogia della natura da parte dei residenti, proprio le aree vallive del parco, a maggior ragione per il Vallone di Miano, sono precluse all'uso pubblico e non mancano episodi reiterati di infrazione del divieto imposto.


Il vallone Amendola e la grotta di Maria Cristina di Savoia.

Si tratta del fondovalle ampio e boscoso conforme ad un letto di fiume asciutto circoscritto e nativo del comparto nord dei Ponti Rossi.

  • Al vallone vi si accedeva prima della limitazione d'ingresso attraverso il sentiero in parte incassato tra i pendii ed in parte sinuoso e sterrato che ancora oggi inizia in discesa dal fabbricato Cattaneo, ma che fino a gli ultimi anni dell'Ottocento era collegato direttamente al viale che invece dal fabbricato Cattaneo portava dritto alla zona della Vaccheria. Il viale che attraversa da parte a parte la frattura Amendola ad un certo punto riacquista linearità col suolo di superficie, anche se ancora irregolare, ed è interrotto per breve dall'antro di Maria Cristina di Savoia, la mitica grotta di Maria Cristina, prima moglie di Ferdinando II, di cui, sembra senza fondamento storico che, la regina, se ne sia servita per un ritiro di preghiera austero. Oggi la grotta è impraticabile per un divieto imposto dopo il franoso dissesto della volta, sotto il quale persero la vita due giovanissimi che ivi vi si trovarono appartati come di consuetudine tra i frequentatori del parco durata fino a tutto il 1998, anno del tragico episodio. E' questa considerata una vera e propria cava anche se di piccole dimensioni, e ripresa dopo decenni di abbandoni ad un uso relativo all'esposizione museale del parco seppur non riuscirà tuttavia nell'intenzione di offrire il contenuto culturale che porta con sé. Durante il 1834, anno in cui, tutto il bosco subì un radicale cambiamento e rinnovamento, alla grotta vennero applicate suggestioni di sorta per adattarlo ad imitazione di un luogo dei sepolcri, laddove, furono scavati nella sostanza tufacea edicole votive e finti loculi in finte nicchie che un poco ricordano gli antichi colombari del sistema romano di seppellire i morti. Anche sullo stesso viale, che un poco per come è stato pensato e costruito tortuoso prima della sistemazione ottocentesca del parco vi si trovavano piantati sul posto proprio come fosse una sorta di piccolo cimitero, mausolei di pietra, Salici Piangenti e tanti tanti Cipressi, sradicati da questo territorio ed ancora in vita oggi trovano posto presso la collina di Lutrecco a Poggioreale. L'essenza arborea del vallone è prevalentemente Leccio per il suo bassissimo grado di umidità, accompagnato da specie acclimatate come la Roverella, il Carpino Orientale ed il Tiglio Selvatico. Siccome si tratta di un'area ad orografia fortemente in declivio con due versanti opposti l'uno all'altro, quindi anche due diverse altitudini orientate parallelamente, si è formato quel tipico manto boscoso che cresce sul fondo, all'incontro dei due versanti, il cosiddetto, sottobosco, abitato da rara fauna selvatica, forse volpi e rarissimo i rettili, ma tanta flora spontanea, tipo l'Edera, il Gigaro, il Pungitopo, la Viola Silvestre e la Pervinca.

Il Vallone dei Cervi.

Si tratta del vallone dei Cervi posto a settentrione del Vallone Amedola col quale crea sviluppo territoriale continuo tra il vecchio muro di cinta del bosco e la prateria a distesa della Vaccheria.

  • Vi si accede per un viale oggi mantenuto al massimo dei livelli di praticabilità a partire dal Giardino Torre nella masseria. Il viale è segnalato nel punto di partenza da un rarissimo esemplare di Ilex del Paraguay. Si chiama vallone dei Cervi per la presenza sulla sua distesa di questa specie di selvaggina lasciata libera di abitare i luoghi con primitività fittizia onde creare appositamente luoghi per espletare attività venatoria. La selvaggina fu poi trasferta a Persano all'indomani dell'insediamento al trono di re Ferdinando II e in vallone furono altrimenti impiantate ed acclimatate alberature aliene a questo spazio, soprattutto alla sommità e nella parte scoscesa dei versanti per approntare modiche e soluzioni di sorta e regolare così il deflusso delle acque meteoriche. Queste, cascando dal declivio confluiscono ancora oggi in una vecchia vasca usata a modo di collettore, impreziosita in questo settore, e quasi del tutto ammantate da alta vegetazione spontanea, un maestoso Acero di Monte ed una splendida Roverella poderosa, in ottimo stato di salute. L'Acero di Monte tra l'altro, anche se di dimensioni maggiormente ridotte, popola notevole assieme al Carpino Nero le parti più ombrose del vallone e le zone soggette a maggior depressione del terreno. Per quanto riguarda la vita nel sottobosco del vallone dei Cervi si segnalano specie a portamento minuto, tra le quali, l'Erba dei Porri, l'Anemome dell'Appennino e l'Erba di San Lorenzo. E nelle zone con maggior grado di umidità spuntano invece le Felci, quali, il Polipodio, la Scolopendria, l'Asplenio Maggiore e la Felce Aculeata.

Il vallone di San Gennaro.

E' la profonda incisione che segna il passo orientale del viale di Mezzo nella parte propriamente detta del Bosco di Mezzo.

  • Una stretta gola che taglia in senso longitudinale il settore a nord dell'intrigato bosco con un'estensione che parte dallo stradone Catena di San Gennaro fino al vallone di Miano, laddove risalente all'ultima sistemazione del parco della Reggia avvenuto nel 1992, vi cresceva e prosperava il Castagno Ceduo, poi soppiantato dalle specie boscose spontaneee. Mentre invece l'Acero di Monte e la Robinia formano costituiscono lo strato arboreo, accentuato in qualche punto anche dalla presenza del Leccio, e in modo piuttosto frequente sorgono anche il Nocciolo, e raramente il Carpino Bianco, la Roverella e l'Alloro. La mappatura delle specie vegetali del sottobosco rispetta l'essenza degli altri valloni e a partire dallo Stradone dell'Eremo il vallone è detto compone uno dei più suggestivi ed incantevoli dei luoghi del bosco. Infatti il vallone si snoda dalla verticale del viale di Mezzo attraversando zone boscose con gran varietà di specie a portamento arboreo come i Pini Neri e gli Abeti, le uniche specie che hanno superato indenni gli sradicamenti del 1834 e sopraggiunti all'attuale sistemazione del bosco ripulito degli elementi più antichi della vegetazione ma anche di alcuni pezzi dell'apparato lapideo. A parte le stesse varietà vegetazionali degli altri valloni, qui, presso il vallone San Gennaro il sottobosco è abitato anche dalla Brionia Comune.

Il vallone di Miano.

Si estende dal vallone di San Gennaro all'altezza del Ponte dell'Eremo fino all'ultimo strato inciso nella roccia sotto il casale di Miano e Mianella, ai piedi della nota ex-birreria Peroni.

  • Solo parte del vallone è interessato dalla perimetrazione di competenza del bosco di Capodimonte, laddove però è anche vero che la stessa Amministrazione del bosco ne ha impedito l'accesso per le continue frane conseguenti a smottamenti, verificatisi questi per mancata manutenzione del parco, che in questa zona soffre particolarmente della presenza di scarichi fognari e dunque di acque reflue confluite nei ristagni meteorici. Il restante del territorio ancora brullo ed incolto confluisce nell'antica piana detta della Corsea e si spinge tra le falde della collina settentrionale di Napoli insediata da costruzioni urbanistiche che hanno dato vita al complesso quartiere noto col toponimo di Ponti Rossi al limite di quest'ultimo con il ciglio di Secondigliano. La morfologia territoriale ancora lo disegna alquanto austero e primitivo, ma la vicinanza stessa alla massima pressione antropica dei quartieri di Miano e Secondigliano l'hanno sottoposto a perpetrati usi illeciti che hanno ridimensionato l'aspetto naturalistico modificando la copertura vegetale e le note condizioni floristiche caratterizzate in questo punto dalla presenza abbondante dei Lecci e di molte altre specie che si sono sapute adattare all'ambiente umfrofilo.
 

Spazio note

 (1) Liberamente estratto da: Delpinoa. n.s. 33-34:143-177. 1991-1992 La flora del Parco di Capodimonte di Napoli. documento in PDF rintracciato sulla rete. Di VINCENZO LA VALVA *, CARMINE GUARINO ", ANTONINO DE NATALE ***, VALERIA CUOZZO ***, BRUNO MENALE ". Dipartimento di Biologia, Difesa c Biotecnologie Agro-Forestali. Università della Basilicata, Via N. Sauro, 85 - 85100 Potenza. ** Orto botanico, Facoltà di Scienze, Università degli Studi di Napoli "Federico Il". via Foria, 223 - 80139 Napoli. n* Dipartimento di Biologia Vegetale, Università degli Studi di Napoli "Federico Il", via Foria. 223 - 80139 Napoli. Abstract In this paper is carried on a floristic study of Capodimonte Park. During this work the authors pickcd up and obscrved 399 entitics. Atout 14% of studicd entitis was exotic species introduced iato the park between the late I and early 18'" century. The Capodimonte Park flora has a feable Mediterranean character. Thc relatively clevatcd frequency of Eurasiatic and Widc-distribution species is explalned by the artificiality of piace. Altro contributo da Italo Ferraro, Architettura, Scuola, Città. Scritti 1973-1983 Clean Edizioni Napoli 1984 BNN Distribuzione A9878. Brevi accenni all'area in esame nel secondo e terzo capoverso alle pagine 108 e 109. 
 (2) Storia del Bosco di Capodimonte estratto da un documento a pagina 29 col titolo di Il Real Bosco di Capodimonte Guido Gullo e Attività culturali e iniziative per il Real Bosco di Capodimonte di Patrizia Nicoletti pagina 36 in Il Governo dei Giardini e dei Parchi Storici. Restauro, manutenzione, gestione. Atti del VI convegno internazionale 20-23 settembre del 2000 e raccolti a libro a cura di Francesco Canestrini, Francesca Furia e Maria Rosaria Iacono, per la Edizioni Scientifiche Italiane. BNN distribuzione 2002 C12. L'introduzione è di Ugo Carughi.