Real Bosco di Capodimonte

E' il bosco di Capodimonte a Napoli1 un luogo eminente della città, un bene culturale realizzato su 1.340.000 m2 di collina2.

Si tratta di un parco artificiale verosimilmente naturale riportato all'attuale sistemazione grazie ad un intervento di bonifica avvenuto l'ultima volta nel novembre del 1992.

L'area del bosco dal 1734 in poi fu interessata dalla fondazione di patrimonio immobiliare carolino giunto a completamento nel 1844.

La sistemazione del verde è a trattamento continuo diviso in aree prative, in aree boschive ed infine aree vallive, tutte quante estratte dalle prime propaggini settentrionali della città

Lo spettro biologico è composto dal 14% di specie esotiche impiantate sul luogo tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX ed acclimatate assieme ad altre varietà euroasiatiche.

Le specie autoctone condividono la mappatura delle specie spontanee fiorite sul posto grazie anche all'artificiosità del sito considerato un luogo rifugio delle entità Fanerofite (gli alberi) e Terofite (le piante) ormai estinte per l'espansione della città ed importantissimo in fatto di interesse naturalistico per la presenza dei taxa esotici importati ed acclimatati sul posto dal botanico napoletano Michele Tenore e dal botanico corregionale Giovanni Gussone nonché suo fidato collaboratore nella tenuta anche dell'Orto Botanico a Via Foria.


L'area della Reggia di Capodimonte.

La Reggia sorgerà nel 1734 su precise istruzioni di Carlo III di Borbone desideroso di collocarvi i pezzi della collezione farnese.

  • Collezione questa che rimase in dotazione al mandato del re, ma la costruzione della Reggia ebbe anche il compito di realizzare un'autentica riserva per le battute di caccia. Il compito sarà affidato all'architetto Sanfelice, al quale verrà chiesto di occuparsi personalmente nella sistemazione delle aree di giardino detto alla francese, nonché delle statue, le fontane ed i viali interni. Di questo amabile architetto napoletano è anche la Chiesa di San Gennaro eretta nello spazio dell'omonimo vallone alla fine del viale della Fagianeria. Al parco hanno acceso le vetture pubbliche e gli autoveicoli della locale stazione di Polizia Montata. Per tutti gli altri l'accesso è solo a piedi consentito dalle porte create ad hoc; esse sono Porta Grande su Via Capodimonte e Porta Piccola su via Miano lato della Delizia Reale amabilmente collegate tra loro da un viale pedonale ancora lastricato di sampietrini, comodo anche per il passaggio dei residenti che si recano tra due zone poste a differenti salti di quota; altro accesso di servizio fu realizzato agli inizi del Novecento sul fondo dei viali interni per favorire l'ingresso e l'uscita al parco dei pochissimi residenti.

Lo spettro biologico e corologico del Bosco di Capodimonte a Napoli.

Dal documento in analisi si rileva che la presenza delle specie floristiche autoctone, quelle esotiche e quelle coltivate nel parco sono in tutto 399.

  • Delle 15 specie floristiche segnalate da altri ricercatori in passato e trascritti nei testi di botanica ed agraria nove di queste pare avrebbero perso domiciliazione. La flora censita nel parco è stata divisa in 108 famiglie e 274 generi diversi. Delle specie floristiche esistenti le più presenti risultano esser 29 generi diversi per la famiglia Asteraceae ; 21 diversi generi per la famiglia delle Poaceae; 16 generi diversi per la Fabaceae, 14 per la Rosaceae ed 11 per la Brassicaceae. I generi diversi presenti col maggior numero di specie sono il Trifolium ed il Medicagpo, 6 specie, mentre son solo 5 le specie per i generi Hypericum, Chenopodium, e Quercus. Siccome che il bosco è in effetti una creazione umana, nulla di ciò che vive tra le specie floristiche in questo ambiente è risultato spontaneo e ne viene che il rapporto tra le specie è di profonda alterità rispetto ad ambienti boscherecci più primitivi. Soprattutto per l'insieme di specie arboree si segnala il numero enorme riscontrabile altrimenti in natura e solitamente in ambienti che abbiano in comune la stessa condizione bio-climatica, la stessa altitudine e la stessa latitudine. Le forme biologiche che ne costituiscono la popolazione arborea è rappresentata dal 32% di Fanerofite, una specie arborea che si distingue per gemmazione svernata a 30 cm dal suolo; è questa una percentuale di presenza degli elementi di questa specie comunque non attesa per ambienti posti a questa altitudine, e qui, e nel parco di Capodimonte l'aberrazione di percentuale è dovuta alla presenza di specie esotiche come l'Eucalitpo e la Magnolia e di specie non spontanee come l'Arancio ed il Nespolo ed escludendo queste ultime il suo valore percentuale per l'insieme Fanerofite è ridotto fino al 12% dello spettro biologico studiato e designato. Un ottimo 28% dello spettro biologico è rappresentato dalle Terofite, un tipo di erba che ammanta le zone tenute a prato e qualche chiazza la si vede fiorita anche nei settori tenuti a bosco. A bilanciare la presenza della Terofite in tutto il parco è il 26,3% di Emicriptofite, che però qui, in questo ambiente particolarmente artificializzato consta anche della presenza di altre specie a portamento emicriptofitico. Tuttavia in questo caso i ricercatori di botanica chiariscono che la presenza terofita è abbondante nelle aree pratose, asciutte e maggiormente frequentate dalla gente. Molto bassa è la presenza della specie Camefite, circa il 4%, più presente, 8% la Geofite e nei cespugli del Parco è stata individuata anche la Geofite rizomatosa. Per quanto riguarda l'aspetto corologico del parco si precisa anzitutto la presenza dei viali alberati che raggiungono Miano ed i primo tratto del vallone di San Rocco. Questi per aver essi stessi provveduti ad una passeggiata assistita, anche se in verità furono lastricati per lo scorrimento della carrozze borboniche hanno di fatto determinato l'andamento di proliferazione delle specie floristiche a destra e a sinistra di tutti i tre i viali principali della zona propriamente tenuta a bosco. Presente nel parco solo a scopo ornamentale la Philadelphius Coronarus, un tipo di pianta molto presente nei boschi termofili d'Italia e nelle macchie submediterranee. La Linaria Purpurea, una specie endemica italiana semi-ruderale nel parco è stata trovata in zone meno trattate dall'acqua, ai bordi delle aiuole prossime alla Reggia ed ai bordi dei viali alberati interni al secondo livello del bosco. Assieme alla Linaria a condividerne i luoghi aridi di fioritura anche l'Artemisia Variablis e su tutti i muri del parco attecchisce per bene l'Antirrhinum Siculum, una varietà rupicola, muricola, introdotta in questi ambienti nell'800 da Gussone il botanico delle Due Sicilie. Si è trovata anche l'Alnus Cordata, molto comune nei territori d'Italia e nei boschi caducifoglie eliofile e fin sotto.

Restauro del Bosco di Capodimonte del 1992.

Il recupero di buona parte del bosco di Capodimonte a Napoli ebbe inizio nei primi anni Novanta del Novecento.

  • Questo fu possibile grazie all'analisi cartografica e alla ricerca didattica da parte dei consulenti chiamati allo scopo dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici di Napoli e Provincia a partire già del 1988. La prima opera di bonifica effettuata sul parco della Reggia e lungo i viali alberati oltre porta di Mezzo fu lo sgombero forzato degli abusivi conclusosi il 15 giugno del 1992. All'interno del bosco ormai è notizia quasi mai più ripresa, per quasi cinque anni dal 1938 al 1943, i nazisti vi piantarono, laddove oggi sorgono le aiuole a prato, ma anche sull'emiciclo di Porta di Mezzo baracche in lamiera per organizzare una base logistica nazista; tra una baracca e l'altra vennero anche installate vere e proprie linee aeree per le comunicazioni, vennero abbattuti alberi per innalzarvi piccoli tralicci per la fornitura di energia elettrica all'uso degli strumenti di guerra. E cosa triste fu la momentanea perdita del sedime di tufo naturale della collina coperta da asfalto e calcestruzzo per resistere alle tremende sollecitazioni dei mezzi pesanti in dotazione all'esercito oppressore. Dopo l'armistizio i tedeschi rientrati non si preoccuparono di smantellare la piccola oasi logistica, che, altrimenti, fu presa come momentanea sede di residenza di alcuni profughi istriani. Anche questi ultimi l'abbandonarono in breve tempo, ma le baracche rimaste lì dov'erano e com'erano, pian pianino vennero occupate abusivamente da gente del posto, approfittando, c'è scritto sul testo, della passività o dell'assenza delle Amministrazioni dello Stato preposte alla cura e alla tutela del parco. Tutte quante le aree dove vennero installate le baracche in seguito all'avvento degli abusivi addirittura andarono crescendo in termini di patrimonio di fondazione abusiva, crebbero persino di numero gli stessi abusivi ed alcuni ivi vi nacquero fino a lasciar intendere una volontà collettiva d'uso esclusivo della zona, e trasformare in maniera zingaresca quella che fu qualche tempo prima un'elegante zona a verde. E non va trascurata la piantumazione sul posto di alberi da frutta, rovi e altro tipo di vegetazione. Questa situazione si protrasse per quarantanove anni dal 1943 e produsse residenza abusiva per 30 famiglie, a quell'epoca oltre duecento persone. Un primo intervento di sgombero fu tentato nel 1991 nell'aprile di quell'anno, ma vi fu un particolare che mandò a monte l'operazione: la resistenza degli abusivi, che, vistosi cacciati via dalle baracche minacciarono di incendiare il bosco. Trovata poi un'altra casa agli occupanti si potè iniziare la rimozione delle baracche nel giugno del 1992, con un ritrovato decoro iniziale del parco della Reggia avvenuto definitivamente nel dicembre di quell'anno. Furono rimossi 25.000 m3 di rifiuti e l'estirpazione di oltre 100.000 m2 di rovi e piante infestanti, ricollocate le specie arboree del programma ottocentesco di Dehnhardt, ricomposte nuovamente dieci ettari di zone a prato e sistemato nel sottomanto erboso un impianto di irrigazione automatico detto a pioggia, con un sistema a pressione adottata dalla rete idrica di distribuzione che ricava, oggi come allora, l'acqua necessaria dal pozzo artesiano profondo 110 metri. Siccome l'area da irrigare è estesa per 22 settori del parco della Reggia, le elettropompe per il ricavo d'acqua, son state posizionate direttamente nel ”Cisternone” la grande vasca di accumulo d'acqua piovana fatta costruire nel 1700 dai regnanti Borbone. Gli irrigatori d'acqua sono a scomparsa e nonostante tutto nel documentario vi sono note che denunciano il furto delle bocche di irrigazione.

Il Bosco di Capodimonte e la struttura spettacolare.

Nel suo scritto del 1984 il professor Italo Ferraro definisce il parco di Capodimonte a nord di Napoli una situazione urbana riuscita piuttosto come un legame tra strutture dello spettacolo.

  • E con questo non esita a specificare che per strutture dello spettacolo egli intende l'analisi dei problemi della città costituita da una metafora che rivela in senso analogico e complementare tutte quante le distorsioni emerse durante la costruzione millenaria della città e di tutte quante le sue stesse necessità. Egli scrive che il Parco di Capodimonte è di fatto un riassunto della città di Napoli come struttura definita lungo il corso del XVIII secolo e la Reggia in essa costruita avvolta dalle fronde del verde è il nodo principale del rapporto col territorio. L'unione della Reggia al parco ha messo in relazione tra loro due forme di artificialità: l'architettura con la natura, ed ancora una volta è l'uomo che nelle bellezze della natura tenta di includervi anche il proprio concetto di architettura. Esso, il parco in tutta la sua estensione, costituisce una cerniera interna e non certo periferica della metropoli, rimasta semplicemente ancora un valido, così scrive il professore, centro alternativo alla città. Quindi come grande, gigantesca struttura spettacolare, il bosco si presenta nel baricentro di Napoli come un vuoto interno, di cui la sua forma, quella naturale e quella artificiale, ed anche la sua stessa storia è utilizzata dalla città che l'ospita per definire ogni volta la sua forma nuova; e cioè: qui lo spettacolo della natura artificiale serve la struttura della città che è afflitta dallo spettacolo delle architetture industriali obsolete ed abbandonate che popolano la zona orientale. A sostegno di questa sua ipotesi, Italo Ferraro si serve di una brillante metafora con cui spiega meglio e più direttamente cosa è di fatto, per l'architettura, ovviamente, la situazione contestuale del parco di Capodimonte. Egli paragona il bosco di Capodimonte in una città come Napoli parlando come di una nave sul suolo e non in acqua. Giustamente una nave fuori dall'acqua, adagiata su terreno acquista un valore che è oltre quello suo proprio mutandone così il senso e la sua effettiva dimensione ed addirittura, aggiunge, meglio ne scopre sensi e dimensioni fino ad allora mai esplorati. Il bosco di Capodimonte va preservato perchè esso è ormai l'immagine della città di Napoli, riservata, poco conosciuta, fuori dagli schemi propositivi e fuori dal gioco del grande business delle immagini; in esso l'architettura rende necessaria la vita che vi si svolge tra specie botaniche e faunistiche ma altrettanto in maniera viceversa, il bosco rende il luogo alternativo alla città. Il bosco va preservato, curato e suggerito all'uso progettuale per ricomporre un paesaggio fino ad oggi mancato, trascurato, sconosciuto. Deve esser riproposto come un luogo in cui raggruppare tutto intorno le attività di genere, la produzione ed il consumo, la creazione e la fruizione.

Il real Bosco come Bene Culturale.
Di Patrizia Nicoletti.

Il bosco è lentamente, ma progressivamente cambiato dal 1992 ad oggi e si presenta quindi come un luogo comune, nel senso di un luogo-non luogo, impercettibile come un oggetto da possedere, usare o gestire a modo proprio.

  • Oltre agli sforzi compiuti nel 1992 per il riordino del parco della Reggia, delle aree prative dentro e fuori la delizia reale, oltre alla riorganizzazione degli spazi artificiali nelle zone boschive, il rafforzamento per arrestare il pericolo rappresentato dal fronte franoso prospisciente sui dirupi vallivi, si è adeguatamente lavorato per restituire il bosco di Capodimonte ai napoletani come un Bene Culturale. Non tutti sanno infatti, che l'azione di recupero delle aree abbandonate del bosco fondò le premesse per l'elaborazione di un programma che basava la sua consapevolezza sul miglioramento della vita residenziale degli abitanti di Capodimonte, specie quelli che risiedono sul fronte di Miano fino al deposito Garittone e di tutti i residenti che vivono sul versante opposto, ovvero, lato Ponti Rossi, che diversamente dal rione di edilizia popolare di Via Lieti, godono di una qualità territoriale indubbiamente migliore. E quindi è stato inevitabile per gli autori del restauro del Parco di Capodimonte intervenire piuttosto sulle abitudini di chi, vivendo in questo settore della città, vive il bene culturale. Ed è stata, c'è scritto sul documento, proprio l'abitudine a far perdere al giardino storico la sua ideale dimensione artistica l'intervento da considerarsi per i fruitori del parco il più traumatico. In quanto, al seguito di questo riordino, l'aspetto del bosco è lentamente, ma progressivamente cambiato, presentandosi quindi come un luogo comune, nel senso di un luogo-non luogo, impercettibile come un oggetto da possedere, usare o gestire a modo proprio. E per far fronte ovviamente alle problematiche legate proprio a questi traumi, la Soprintendenza ha divulgato con tutti i mezzi di diffusione di quell'epoca, 1992, i programmi di restauro e di valorizzazione che nel parco andavano attuandosi; a ciò è seguita anche la promozione di numerose iniziative culturali e di spettacolo, musica per i giovanissimi, mostre d'arte contemporanea, gare sportive di solidarietà, tutto per concentrare un gran numero di persone che ne ignoravano le visibili amenità o che semplicemente lo evitavano perchè purtroppo fino a quell'epoca il parco fu anche oggetto di scorribande tra delinquenti. La conoscenze e la consapevolezza del valore di un parco restituito alla fruizione di un pubblico sempre più eterogeneo ha certamente aiutato nell'azione di tutela. Ed ancora: in funzione di una restituzione legale del manufatto pubblico, così come osò considerarlo lo stesso Ugo Carughi, al parco di Capodimonte sono state realizzate guide e videoguide sulla scorta delle pregresse esperienze su Pompei, e visite guidate a tema, così da soddisfare le diverse valenze, storiche, architettoniche o botaniche fino all'istituzione di un Osservatorio sui Giardini Pubblici localizzato nel cuore del Giardino dei Fiori alla Masseria Torre nonché sede dell'Osservatorio sui Giardini Pubblici, dimora della museologia viva sulle specie botaniche estinte in altri luoghi della città storica.


L'itinerario del Parco della Reggia e le zone proprie del bosco.

 
Il Parco della Reggia e le Porte

 
 1Porta Grande    2) Fabbricato Colletta
 3I Giardini della Reggia    4) Porta Piccola
 5) Fabbricato Palazzotti    6) Fabbricato delle Scuderie
 7La fontana del Belvedere    8Maneggio
 9) Casino dei Principi  10Porta Bellaria a Miano

 Il settore di Mezzo del Bosco 
 
   1Porta di Mezzo ed il suo emiciclo     2) Il Fabbricato della fagianeria
   3) Stradoni del bosco e il Viale di Mezzo     4) Il Cellaio
   5Piana della Fagianeria     6) Zona nord e zona sud della Caccetta
   7) Chiesa di S.Gennaro alla Fagianeria     8) Edifici della Capraia
   9) Edificio della scuola di porcellana   10) Il Settore di Miano del Bosco
 11Stradone Catena San Gennaro   12) Ponte dell'Eremo
 13Civo della Regina   14Eremo dei Cappuccini
 15) Il Casino della Regina   16Il Cisternone
 17) Il Grottino
  18) L'area nord della vaccheria
 19) Fontana di Mezzo   20) Statua del Gigante

Aree di fondazioni del bosco  
I Valloni
 
   1) Aree prative del bosco   1) Grotta di Maria Cristina
   2) Aree boschive del Parco   2) Vallone dei Cervi e di Miano
   3) Masseria Torre   3) Vallone di San Gennaro
   


Spazio note

(1) Liberamente estratto da: Delpinoa. n.s. 33-34:143-177. 1991-1992 La flora del Parco di Capodimonte di Napoli. documento in PDF rintracciato sulla rete. Di VINCENZO LA VALVA *, CARMINE GUARINO ", ANTONINO DE NATALE ***, VALERIA CUOZZO ***, BRUNO MENALE ". Dipartimento di Biologia, Difesa c Biotecnologie Agro-Forestali. Università della Basilicata, Via N. Sauro, 85 - 85100 Potenza. ** Orto botanico, Facoltà di Scienze, Università degli Studi di Napoli "Federico Il". via Foria, 223 - 80139 Napoli. n* Dipartimento di Biologia Vegetale, Università degli Studi di Napoli "Federico Il", via Foria. 223 - 80139 Napoli. Abstract In this paper is carried on a floristic study of Capodimonte Park. During this work the authors pickcd up and obscrved 399 entitics. Atout 14% of studicd entitis was exotic species introduced iato the park between the late I and early 18'" century. The Capodimonte Park flora has a feable Mediterranean character. Thc relatively clevatcd frequency of Eurasiatic and Widc-distribution species is explalned by the artificiality of piace. Altro contributo da Italo Ferraro, Architettura, Scuola, Città. Scritti 1973-1983 Clean Edizioni Napoli 1984 BNN Distribuzione A9878. Brevi accenni all'area in esame nel secondo e terzo capoverso alle pagine 108 e 109. 
(2) Storia del Bosco di Capodimonte estratto da un documento a pagina 29 col titolo di Il Real Bosco di Capodimonte Guido Gullo e Attività culturali e iniziative per il Real Bosco di Capodimonte di Patrizia Nicoletti pagina 36 in Il Governo dei Giardini e dei Parchi Storici. Restauro, manutenzione, gestione. Atti del VI convegno internazionale 20-23 settembre del 2000 e raccolti a libro a cura di Francesco Canestrini, Francesca Furia e Maria Rosaria Iacono, per la Edizioni Scientifiche Italiane. BNN distribuzione 2002 C12. L'introduzione è di Ugo Carughi.