Navata sinistra del Duomo di Napoli

La navata di sinistra dalla parte sinistra del transetto del Duomo di Napoli si apre con la cappella dei Seripando, molto semplice ed asciutta con sepolcri del Cinquecento e due dipinti che un tempo stavano nella zona absidale.

Del 1599 circa sono opera del Balducci e ritraggono un San Gennaro ed un Sant’Agnello; e sempre in questa cappella un San Gennaro tutto in marmo che un tempo invece stava su un altare databile 1735 e che a sua volta stava nella cappella del Succorpo, opera quasi sicuramente di Domenico Antonio Vaccaro.

La cappella che sta appresso è la cappella di patronato dei Brancaccio con gradevole prospetto pensato e realizzato nel 1589 da Giovan Antonio Dosio e sculture di Girolamo D’Auria e di Pietro Bernini, rispettivamente i Santi Pietro e Paolo nelle nicchie e sull’altare ancora trovo posto un dipinto che ritrae il Battesimo, opera massima di Francesco Curia, uno dei più celebri nonché quello più conosciuto in Europa tra i tardomanieristi napoletani. 

Da ambo i lati che aprono alla basilica di Santa Restituta, la cosiddetta zona dei sepolcri murali i due sepolcri a destra del cardinal Alfonso Gesualdo, del Naccherino e Montani, opera datata 1603 e poco più avanti il sepolcro sacro a Giambattista Filomarino del 1647 attribuito al Finelli o in mancanza di accertamenti al Mencaglia. 

Dall’altro lato dell’ingresso vi sono i sepolcri del Cardinal, Alfonso Carafa, splendida opera di stile visibilmente ispirato a Michelangelo, voluta da papa Pio V e di Tommaso e Marcantonio Filomarino, tutti e due anche questi attribuiti o la Finelli o al Mencaglia. 

Per quanto riguarda la penultima cappella della navata di sinistra, patronato dei Teodoro, presenta una squisita incorniciatura ed un paliotto d’altare con una Deposizione del Cinquecento, da molti critici attribuita agli spagnoli Bartolomé Ordoñez o De Siloe e sull’altare, invece, l’Incredulità di San Tommaso, opera pregevole datata 1543 del senese Marco Pino, uno dei più grandi tra i protagonisti della pittura locale serpentinata affermatosi subito in seguito al Concilio di Trento. 

Nulla da segnalare per l’ultima cappella della navata di sinistra se non fosse che da qui si accede ancor oggi alla sala detta del Tesoro Vecchio, dal Seicento, sede della poco nota Arciconfraternita di Santa Restituta dei Neri La sede è aperta solo durante le riunioni, e solo allora è possibile ammirare le guaste pitture tardomanieriste e gli arredi lignei del Settecento e sull’altare una Natività di Fabrizio Santafede del 1590.