Navata destra del Duomo di Napoli

Si tratta di una notevolissima struttura creata a cornice attorno da un’antica vasca per l’espletamento del Sacramento del Battesimo, già di suo scolpita nel basalto egiziano, mentre a destra inizia il percorso di destra molto più frequentato rispetto alla navata di sinistra.
Essa inizia con le prime due cappelle dedicate rispettivamente a San Nicola ed al Crocifisso di patronato dei Diano dei Caracciolo Pisquizy; la prima, cioè la Cappella San Nicola è da notare solo per la presenza del quadro col santo titolare di Paolo De Matteis opera del 1695.
La seconda cappella, dedicata al Crocifisso è occupata dalla stupenda Croce lignea medievale, installata in questo ambiente già dall’Ottocento, e per qualche tempo allestito sulla tribuna, laddove fu possibile ammirarla in tutto il suo epico splendore, poi nuovamente ricondotta alla sua sede originaria. Quest’opera, intaglio in legno del primo del Duecento, mostra ancora viva l’angoscia del corpo che soffre alla maniera un poco iberica e un poco francese. In questa cappella sussistono anche un paliotto a rilievo del Seicento attribuito a Cosimo Fanzago, ed una serie di tombe del Tre e del Quattrocento.
Appresso a questa cappella segue il magnifico fronte della Cappella del Tesoro di San Gennaro.
Subito dopo di essa altre due cappelle dette minori chiudono la prospettiva della navata in questo punto influente nello spazio del lato sinistro del transetto. Sono le due cappelle della Pentecostee delle Reliquie, già di patronato ai Galluccio e Carbone.
La prima di queste cappelle detta: Cappella della Pentecoste ha sull’altare una tela ritraente la Discesa dello Spirito Santo sulla testa degli Apostoli, opera realizzata negli ultimi anni del Seicento da Andrea Malinconico, ed alle pareti un arredo ligneo di fine Cinquecento custodisce apparecchiatura sacra di teche e reliquiari, di cui la più antica, la stauroteca bizantina di San Leonzio del XII secolo.
La cappella successiva, cappella Carbone, ormai spoglia e privata di tutto, conserva ancora quel che resta del sepolcro di Francesco Carbone, morto nel 1405, ed attribuito alla mano del Baboccio, che, seppur non riconosciuto di quest’ultimo, è comunque un magnifico esempio di quanto abbia influito lo stile del nord sulla decorazione e la plastica napoletana. Ancora alle pareti restano anche i cenotafi di Francesco e Ferdinando Brancia, rispettivamente 1624 il primo e 1632 il secondo. Infine è da ricordare lo splendido ambiente recuperato proprio da questa cappella per alloggiare la primitiva sede dell’Arciconfraternita dei Bianchi del Sacramento, fondata nel 1549 dal cardinal, Giampiero Carafa, salito al soglio pontificio col nome di Paolo IV.
Il vano d’ingresso alla sede dell’arciconfraternita è interessante piuttosto per la suggestiva copertura realizzata con volta a lacunari, probabilmente del Trecento e per due lastre qui dentro contenute: una, molto abrasa di stile gotico, e l’altra frammentata, stile nettamente classico nel taglio, rilavorata con clipei e scene bacchiche di età alto medievale.
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