Alle origini del Clan Di Lauro

La vera storia di Gomorra ebbe inizio all'indomani dell'assassinio di Aniello La Monica, il 1 maggio del 1982, in via Cupa Vicinale dell'Arco a Secondigliano di Napoli.

A quel tempo la Polizia segnalò sui verbali di riscontro che " ... il La Monica Aniello in atti generalizzato, pregiudicato per contrabbando, reati contro la persona e il patrimonio, già denunciato per il reato di associazione per delinquere e omicidio è attinto da numerosi colpi d'arma da fuoco esplosi da ignoti"

L'uomo morto a terra era da considerarsi capo dell'area nord di Napoli, in particolar modo per la zona di Secondigliano in nome e per conto della cosca camorrista meglio nota alle cronache giudiziarie come "Nuova famiglia" a cui fecero capo anche i noti pregiudicati dell'epoca: Antonio Bardellino, Michele Zaza e Lorenzo Nuvoletta.

Sempre dai verbalizzanti poliziotti accorsi sul posto la sera dell'agguato si evince che la modalità dell'evento fu cosa impossibile da annotare in quanto al momento dell'agguato nessuno dei residenti era presente in strada e neppure fu possibile raccogliere informazioni di natura confidenziale su quanto accaduto in quanto al momento dell'agguato nessuno dei residenti era affacciato ai balconi.

Minuziosi nei dettagli come non poteva esser diversamente, i poliziotti segnalarono la presenza strana sull'asfalto di strisce indubbiamente lasciate da pneumatici di auto in frenata ed il ritrovamento di bossoli di diverso calibro, cosa che presumette il concorso di almeno tre persone contestualmente presenti sul posto alla medesima ora.

Antonio Ammaturo, il capo della squadra mobile di Napoli di quell'epoca, il diligente poliziotto assassinato dalle Brigate Rosse, alla lettura dei riscontri verbalizzati concluse che l'omicidio del La Monica oltre ad esser importante fu anche anomalo, poiché, come tutti i veri poliziotti che fanno bene il proprio mestiere sanno bene che a morte di un boss è consuetudine che in giro vi siano i propri sottoposti in segno di rispetto. Ma quella sera, attorno alla folla dei curiosi, mancavano proprio loro, i fidati del boss, che poi si saprà, furono proprio loro ad ucciderlo. Erano questi il gruppo di fuoco del clan con a capo Paolo Di Lauro, detto, Ciruzzo O' Milionario


Agguato e morte di Aniello La Monica.

Paolo Di Lauro capo gruppo degli affiliati minori del clan La Monica chiarì agli amici suoi di non fidarsi più Aniello La Monica che a suo dire ammancò sui fondi per i soldi ai carcerati. 

  • Si sa dalle rivelazioni dei pentiti che anche di par suo, il La Monica ebbe già sentenziato sui suoi colonnelli Paolo Di Lauro e Abbinante, i quali, ebbero già dura prova della condanna inferta. Le parole di un pentito di camorra confermerà la tesi del mancato agguato ai due a bordo della loro auto; specificò punto per punto cosa accadde una sera del lontano 1982. Dice che nel lungo viale alberato che corre parallelo a via Cupa dell'Arco negli antri di Secondigliano, due uomini a bordo di una moto a spirale stavano chiudendo il cerchio su Paolo e Abbinante e proprio quest'ultimo pare se ne accorse scappando e mettendo in salvo la vita sua e quella di Paolo che ne venne fuori illeso, mentre lui dovette riparare nel vicino ospedale Cardarelli per aver subito delle ferite. Cosa curiosa e che non si nasconde capita spesso negli ambienti della mala, subito dopo l'agguato fallito la famiglia criminale tornò nuovamente a congregarsi nei luoghi comuni, ognuno a suo modo tacendo le proprie accuse. E fu infatti così; nessuno ebbe il coraggio di accusare l'altro, nè dell'agguato subito, nè della questione dei soldi mancanti dal fondo dei carcerati. Ognuno a modo proprio faceva finta che tutto era apposto, tanto alla fine, la cosa si sarebbe sistemata comunque; La Monica credeva infatti nella riuscita dell'agguato della prossima volta e Paolo Di Lauro in cuor suo non credette al fatto che potesse esserci per il La Monica una prossima volta.  E non fu certo cosa facile. Paolo Di Lauro sopravvissuto all'agguato sapeva che prima o dopo ne avrebbe subito un altro e magari, al secondo colpo potrebbe non aver altrettanta fortuna. Bisognava che affrettasse la contromossa. Ma il La Monica non era certo un pesce piccolo e le sue amicizie coi gregari dell'Alleanza di Se condigliano ed i legami con Michele Zaza, e per tramite del quale, poteva contare anche sull'appoggio dei Gambino di New York lo rendeva in un certo senso, intoccabile. La sera prima dell'agguato al La Monica il gruppo di Paolo Di Lauro ebbe come dire il permesso di poter eseguire la condanna da parte dei Nuvoletta di Marano. Una sorta di precauzione. Si racconta che per riuscire nell'impresa di eliminare il La Monica, lo avrebbero fatto scendere di casa con un inganno, dovendo mostrargli certi diamanti da acquistare come capitava di sovente. Per tutta quanta Secondigliano a quell'epoca è infatti vero e mai è saputo fino a quando i boss trasformavano parte dei propri soldi in diamanti, da nascondere dentro a bottiglie di Coca-Cola da seppellire in luoghi segreti, da dissotterrare in caso di necessità. Anche questa storia dei diamanti è di per sé un altro ecosistema. I pesci piccoli sanno bene di non poter piazzare altrove la refurtiva delle rapine commesse al nord, nelle varie gioiellerie o nelle ville dei signori benestanti, se non ai boss delle zone in cui soono nati e cresciuti. Primo perchè una battuta di oro e diamanti te la può ripagare solo chi i soldi li tiene veramente, i boss per l'appunto; secondo perchè alla fine proprio il boss lo verrà a sapere cosa e dove e quando hai rubato e chi hai venduto quello che hai rubato, quindi, è supposto come vero che la rivendita al capo è dopotutto ancora una volta un segno di sottomissione; e terzo, non è escluso talvolta che queste rapine fossero state commissionate proprio dai capi, che spedivano i rapinatori al nord per rubare quello che dovevano rubare e portarlo al sud. La merce rappresentava per i boss una sorta di salvacondotto. I diamanti e l'oro non perdono mai di valore; le banconote possono anche esser rintracciate, i diamanti no! Si dice, che quasi tutta la radura immensa di Secondigliano potrebbe ancor oggi offrire molto di questo materiale prezioso, nascosto dai boss nel frattempo poi uccisi. Una scena nell'episodio numero 2 di Gomorra La Serie 2a Stagione racconta di questo interessante aspetto economico della camorra.  Genny Savastano, interpretato da Salvatore Esposito, è ripreso dalla macchina da ripresa mentre recupera una bottiglia con dentro dei diamanti di scarso valore da piazzare sul mercato illecito dei calabresi che vivono in Germania, in luogo di scambiarli con delle armi di grosso calibro, utili per riorganizzare il nuovo avvento dei Savastano, nel frattempo messi da parte dagli avvicendamenti determinati dagli scissionisti sul territorio. Il pentito rivelò che l'agguato a La Monica avvenne nel modo seguente; con l'inganno fu fatto scendere di casa e all'angolo di strada dove avrebbe dovuto trovare il contatto per visionare la merce da acquistare, venne invece travolto dall'auto guidata da Pariante. Il guardiaspalle del La Monica intuito l'agguato terrorizzato scappò via lasciando solo il capo senza iniziare alcuna difesa. Paolo Di Lauro fu il primo a sparare diversi e molti colpi d'arma da fuoco mancando precisamente l'obiettivo; fu Domenico Silvestri a centrare più volte ed uccidere il vecchio boss ed il pentito aggiunse che sentì dire dallo stesso Mimì rivolto a Paolo di Lauro che uccidere non è la stessa cosa che comandare. Quando il magistrato chiese al pentito se fosse vera questa circostanza dei soldi mancati dal fondo dei carcerati, motivo per cui si era arrivati a tutto questo, il pentito, che ne sapeva di queste cose, aggiunse, che la questione dei soldi ai carcerati era cosa complicatissima. Paolo Di Lauro era incaricato di spedire lui i soldi ai carcerati e i soldi a lui li dava il La Monica. Che fosse stato vero o falso nessuno potrà mai dirlo veramente. A quel punto anche il La Monica avrebbe potuto pensare che Di Lauro fingesse di spedire soldi ai carcerati e invece li rubava. All'interno di un gruppo di criminali, che non hanno nessun rispetto per la persona, nessun concetto del Bene del Male, è facile sospettare di tutti e di tutto.

La Monica e la lotta ai gregari di Cutolo. 

Alla morte di Aniello La Monica, per un certo tempo erroneamente se ne attribuì l'agguato ai cutoliani, all'epoca, di fatto gli unici capaci di poter eseguire un ordine simile.


  • Consapevoli delle modifiche irrimediabili alla posizione globale delle pedine sullo scacchiere ed anche perchè è noto che a Secondigliano, negli anni Ottanta del Novecento, non esisteva un dominio del clan Ricciardi, semplicemente chi comandava erano i La Monica, ed Aniello fu per molti e molti anni agguerrito nemico indiscusso di Raffaele Cutolo. Erano quelli gli anni in cui in Italia campeggiava sulle prime pagine di tutti i quotidiani, in primo luogo, l'Unità, giornale dichiaratamente di stampo comunista, la notizia del sequestro del cassiere dell'ex-partito DC, Ciro Cirillo, responsabile dell'assegnazione dei Fondi PSER, e liberato, si saprà poi tempo dopo solo grazie ad un riscatto girato in favore dei terroristi suo sequestratori e non senza la mediazione preziosa del camorrista per eccellenza, Raffaele Cutolo. Di queste dinamiche verrà dato conto in un documento poi fortemente osteggiato e considerato dalle stesse istituzioni, come un falso. Tutto questo non dice molto su Gomorra nel senso stretto del termine, ma sta ad indicare come premessa che Gomorra in realtà stava così nascendo; La Monica, il vecchio boss, odiava la droga perchè, come detto spesso detto dai pentiti, incapace di suo di seguire i cambiamenti che provenivano dalle sanguinose guerre della Provincia e piuttosto ostinato ad alimentare il clan coi soli proventi di un business dimostratosi fino a quel momento redditizio. Un ragionamento, questo portato avanti ancora in termini ottocenteschi; ovvero, l'unica vera e propria forma di arricchimento non poteva che esser l'estorsione da applicare a tutte quante le attività in essere che fossero queste quelle lecite o che appartenessero al sommerso. Aniello La Monica appartenne al cartello criminale di Secondigliano che lo guidava con l'assenso degli altri gregari, tra cui, Michele Zaza, un importante esponente di spicco dalla malavita napoletana, imparentato coi Mazzarella del rione Sanità. Seguono, Paolo Di Lauro, Domenico Silvestri, Raffaele Abbinante, Rosario Pariante, Raffaele Prestieri, ed Enrico D'Avanzo. Secondo le dichiarazioni del pentito, Gaetano Guida, Aniello La Monica abitava a Secondigliano, in una zona detta, ”Miezz all'Arco”, in una specie di villa blindata alla cui destra del cancello di ferro che ne sbarrava l'ingresso, un negozio di abbigliamento, proprietà sempre di Aniello La Monica, portava l'insegna luminosa con su scritto, Pyton, il nome della pistola che il La Monica portava sempre appresso con sé. Il restante del gruppo soffriva le lunghe lotte per presidiare il controllo del territorio assediato dai cutoliani, e si racconta, che fu proprio il La Monica ad uccidere, staccandogli la testa, ad uno soprannominato: ”Bambulella”, reo di aver fatto parte di un gruppo che uccise nell'ospedale del carcare di Poggioreale Antonio Palmieri, detto, O' Muscio, amico fraterno del La Monica.  Aniello La Monica, campava come campavano tutti alla sua epoca. Contrabbando di sigarette, e prima di morire pagava lo stipendio fisso a ottanta famiglie.  Furono queste le dichiarazioni di un pentito di camorra interrogato dal giudice sui fatti di sangue delle origini del clan Di Lauro. Lo stesso pentito raccontava che fu proprio il La Monica ad inventarsi il mestiere noto come il magliaro, ovvero: gente che espatriava, se ne andava in Germania, allora ancora divisa dal Muro di Berlino, e vendeva ai tedeschi indumenti stracci facendoli passare per roba americana, roba buona. Costosa. Tirando su una barca di soldi. Napoletani e romani assieme in Germania per vendere panni ai fessi e stringere sul posto amicizie e alleanze con gli italiani emigrati durante la guerra, per lo più calabresi. Napoletani, romani e calabresi, una triade di popolo per realizzare affari grossi. Ma a Napoli il La Monica impose il suo vieto: il no alla droga. Le ragioni passano forse per uno scrupolo sulla tossicità del prodotto e vuoi anche sulla moralità del vecchio capo, ma la verità starebbe che a conti fatti, se avesse voluto arricchirsi col business della droga, avrebbe dovuto sottostare alle leggi di Raffaele Cutolo, l'unico nel meridione a dettare leggi su questo aspetto della vita criminale. Era lui quello che impose il prezzo da pagare per ogni chilo. Paolo Di Lauro non era come il La Monica; no, lui era uomo d'affari, pensava solo ai grandi numeri, mentre Aniello, il reggente del clan di Secondigliano pensava alla guerra contro i cutoliani. Armi e morti ammazzati, così il La Monica intendeva andare avanti col suo clan, presidio del territorio e pizzo, nient'altro e soprattutto, no alla droga per dire no alla lunga ombra dei vesuviani. Risolto il problema con La Monica, il clan Di Lauro, non ancora consacrato come tale, strinse immediatamente accordo di reciproco scambio di interesse sugli affari della droga con le famiglie Nuvoletta di Poggiovalesana di Marano.  All'epoca dei fatti il gruppo o clan che dir si voglia era formato da Paolo Di Lauro, Paolo Micillo, Raffaele Prestieri, Domenico Silvestri, Rosario D'Avanzo e Raffaele Abbinante. Un gruppo poco noto, tutti giovanissimi, con uno spessore criminale alle spalle non ancora forgiato dall'esperienza e quindi escluso dalle decisioni che si prendevano in seno all'Alleanza di Secondigliano, alla quale dopotutto ancora mostrava rispetto. I soldi fino ad allora li guadagnavano rivendendo sul rione dosi di Hashish ed Eroina comprata attraverso il traffico di stupefacenti di Fuorigrotta ed Ercolano, a quell'epoca, le piazze di spaccio più grandi nel circondario campano. Niente di più.
 
Alleanza di Secondigliano. 

Ai margini della storia del clan La Monica viveva in pace relativa il cartello criminale noto col termine di Alleanza di Secondigliano.
  • Solo dal contestuale riscontro delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia con i risultati ottenuti dalla ricerca scientifica nel campo delle scienze sociali sul tema criminalità organizzata, per Alleanza di Secondigliano a Napoli, deve intendersi il gruppo degli appartenenti al cartello criminale di stampo camorristico, sorto nel 1980 dal sodalizio dei clan nativi del centro città e della periferia orientale, tra cui spiccano le personalità criminali di Edoardo Contini, Francesco Mallardo, e Gennaro Licciardi, detto, Gennarino, la Scimmia, legato, quest'ultimo, da interessi di natura associativa con i Nuvoletta di Poggiovallesana a Marano ma con i quali non trarrà alcun vantaggio personale per l'interposizione, come si scoprirà circa vent'anni più tardi, degli uomini del clan La Monica, i quali, come è noto, eseguiranno materialmente l'omicidio dell'omonimo capo, Aniello La Monica, il 1 maggio del 1982, di cui ne furono anche i mandanti grazie al patrocinio degli stessi Nuvoletta. I componenti dell'Alleanza di Secondigliano, fatta eccezione per i sottogruppi, furono tutti rigorosamente non imparentati tra loro, ma tra loro occorsi a stipulare patti di mutuo rispetto nell'interesse di salvaguardare i confini del territorio dalla minaccia rappresentata dall'avanzata dei gregari di Raffaele Cutolo. L'Alleanza di Secondigliano non ebbe più modo di sussistere all'indomani della partecipata collaborazione di giustizia del boss Luigi Giuliano e della morte di Gennaro Licciardi, in un carcere del nord d'Italia. Contrariamente a quanto si è creduto e sperato, l'Alleanza non ha provveduto ad unificare uomini e risorse per definire più nello specifico un autentico cartello criminale, quanto piuttosto vivere un decennio di pace relativa tenendo insieme un enorme gruppo di partecipanti al contrabbando delle armi e degli stupefacenti, mantenendo ognuno la propria posizione di potere intestina al proprio clan, senza beneficiare in alcun modo dell'unificazione. Altro punto mai chiarito né i sede di interrogatorio dei pentiti, né in esami di ricerca è che al cartello noto come Alleanza di Secondigliano nessuno degli affiliati ne divenne leader e nessuno osò modificare col cartello la mappatura del potere criminale fino a quegli anni.



Spazio note

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