Chiesa della Cesarea alla Salute Napoli

E’ la chiesa di Santa Maria della Pazienza, zona Salute a Napoli1, precisamente nel punto esatto in cui Via Salvator Rosa prosegue la discesa vero il colle medio di San Potito lasciandosi alle spalle il confine fisico della Salute col tracciato della Trinità della Cesarea ed il Vico San Mandato.
È detta di Santa Maria della Pazienza per la presenza nell’area presbiterale di una tavola ad olio di ignoto manierista, che ritrae per l’appunto la Madonna della Pazienza. 


Il quadro è collocato a latere del dipinto secentesco, ritraente la Fuga in Egitto, attribuito ad H. van Somer, ed un’Annunciazione, di Nicola Malinconico.

Pur se tuttavia, va ricordato che essa è più conosciuta col titolo di "Santa Maria della Cesarea", più semplicemente "chiesa della Cesarea", dal nome di Annibale Cesareo, segretario della Real Camera della Sommaria in Santa Chiara a Spaccanapoli, che la fondò nel 1602 assieme ad un annesso ospedale finito di costruire solo 32 anni più tardi.


La tomba del fondatore è collocata a sinistra della tavola ad olio nell’area del presbiterio.

Mutato durante il corso dell’opera e dai documenti in archivio datati 1611-1612 si evince che il sepolcro sia opera egregia di Michelangelo Naccherino.

  • Il Naccherino a quell’epoca era impegnato nella realizzazione di un mirabile Crocefisso marmoreo che nel corso dei secoli ha trovato posto in una cappella della chiesa di San Carlo all’Arena a Via Foria. Con facciata molto semplice e discreta, la chiesa sta seminascosta da una costruzione moderna sorta sul suo fianco sinistro, costruzione questa che isola effettivamente la chiesa dall’affaccio su piazza Giuseppe Mazzini e al tempo stesso taglia un vicolo che la collega al Corso Vittorio Emanuele. Delle sue origini oggi restano solo l’impostazione dello spazio chiestastico e tanti documenti che attestano le diverse maestranze che si alternarono nelle diverse ristrutturazioni, alcune delle quali significative piuttosto per il nome del restauratore; documenti di pagamento citano il nome dell’ingegner, Costantino Manni come direttore dei lavori nel 1733 e di Tommaso Eboli nel 1735. Ma più di tutti risultano esser notevoli per la presenza sul cantiere di Antonio Saggesse come maestro piperniere, coinvolto in numerose esperienze pregresse nel circondario delle zone di città extramoenia, e di Nicolò Tagliacozzi Canale, architetto del Settecento rimasto in ombra per più di due secoli, poi ripreso per le attribuzioni che lo hanno visto autore del palazzo Terralavoro a San Potito e del palazzo Ruvo a Materdei. Ed infine, da studi specialistici condotti negli anni Novanta del Novecento, finisce attribuita a Domenico Antonio Vaccaro, per evidentissime affinità stilistiche, i due angeli reggimensola in stucco, della quarta cappella di sinistra.

Il Cesareo, fondatore della chiesa e dell’ospedale pose l’opera sua sotto l’egida del re in persona.

Ottenendo da papa Clemente VIII il titolo di badia sine cura, riservando per se stesso e la sua discendenza il patronato.

  • La struttura ospedaliera attiva già dal 1603 fu terminata per sempre durante il corso del secondo Ottocento, mentre la chiesa, sottoposta alla giurisdizione arcivescovile solo nel 1876 fu eretta a parrocchia nel 1933. È inscritta sulla lapide alla base della statua della Vergine con Bambino, di Carlo Mele, la data 1638, probabilmente riferibile alla data di esecuzione dell’opera e la statua a sua volta è installata nella nicchia scavata al centro di un bellissimo portale in pietra, obiettivo centrale questo per racchiudere formalmente la facciata arricchita da mensole in stucco che adornano un frontone triangolare ed un campanile sul fianco destro. L’interno è a navata unica con cappelle laterali molto profonde, e nei soprarchi vi si custodiscono ancora intatti i lavori di Giovani Battista Lama, Allegorie delle Virtù, fatta eccezione solo per La Fede, ultima cappella a sinistra, opera di Lorenzo De Caro, firmata e datata 1761. Giovan Battista Lama è stato anche l’autore delle tele che ritraggono la Conversione di Saul e la Vocazione di Pietro, poste rispettivamente a destra e a sinistra dell’ingresso alla chiesa. Del medesimo sono anche il David, ed il Noè poste sulle due semilunette ai lati della finestra dell’abside assieme a tutte e dieci le tele poste tra i finestroni della navata centrale e nei pennacchi dell’arco trionfale, raffigurante i Profeti ed i Santi Evangelisti. Attribuzioni a Giovan Battista Lama sono anche le tele della quarta cappella a destra e che raffigurano la Flagellazione e la Caduta sotto la croce, successivamente attribuite entrambe ad Oronzo Malinconico. Ancora a queste attribuzioni risalgono, la Crocifissione, disposta nella cappellina cimiteriale ed una lavorazione ad olio nella volta del presbiterio ritraente una Santissima Trinità; son tutte opere datate tra il 1730 ed il 1732.

Entro lo spazio dell’unica navata è ancor opera di Giovan Battista Lama la Strage degli Innocenti. 

Mentre di Giuseppe Pozzovivo sul soffitto è il Riposo nella fuga in Egitto.

  • Alla seconda cappella di destra troviamo un quadro ritraente San Gennaro di Nicola Malinconico, ed alle pareti laterali le Storie del Santo e del Suo martirio, eseguite presumibilmente nel XVIII secolo. Nella cappella successiva altre due opere di Oronzo Malinconico ritraggono un San Giuseppe falegname e Morte di San Giuseppe. Nella quinta cappella di sinistra una Statua lignea di San Raffaele Arcangelo e Tobiolo, attribuita a tale Francesco Citarelli, opera eseguita nel 1860, mentre nella stessa cappella, di fronte alla statua vi è il quadro di Lorenzo De Caro eseguito tra il 1760 ed il 1765 e ritraente l’Estasi di San Pasquale Baylon. La zona absidale della chiesa contiene variamente elementi sopraggiunti superstiti allo smantellamento dell’altare maggiore avvenuto nella metà degli anni Settanta del Novecento, pezzi smembrati e riutilizzati in un impiego considerato improprio, specie per il destino del paliotto e di altri pezzi dell’antico altare rivisti nell’ambientazione di un muro che fa da quinta scenica al nuovo altare maggiore ricostruito e nel quale, sono visibili i pilastrini a volute del vecchio altare. A sinistra della navata partendo dall’ingresso la prima cappella conserva una tela attribuita pure questa a Giovan Battista Lama e ritraente un Angelo Custode, nella seconda cappella sull’altare un quadro attribuito a Paolo Finoglio ritrae un Sant’Antonio; nella terza cappella, un San Nicola di Bari, in sostituzione di una tela oggi in sacrestia avente per soggetto una Madonna delle anime purganti, di Giovan Battista Vela firmata e datata 1769; Stefano De Liguoro invece firma 1719 la tela di San Nicola dispuntante, sistemata a destra della cappella. Nella quarta cappella quindi, alle pareti laterali Presentazione e Visitazione al Tempio, seconda metà del XVIII secolo, sull’altare due Angeli in stucco presumibilmente opera di Domenico Antonio Vaccaro. Ed infine, nella quinta cappella di sinistra, due busti di legno di santi, forse opera di Gaetano Patalano opera più certamente del 1690. 


Spazio note

(1) Liberamente estratto da: Napoli sacra : guida alle chiese della città 13° itinerario da pagina 783 a pagina 784-786 Coordinamento scientifico: Nicola Spinosa ; a cura di Gemma Cautela, Leonardo Di Mauro, Renato Ruotolo. - Napoli : Elio De Rosa. - v. ; 33 cm. ((In cop.: Soprintendenza per i beni artistici e storici. Codice SBN NAP0150544.