Palazzo Ente Autonomo Volturno Napoli

È l’ex palazzo dell’Ente Autonomo Volturno, 1933-1937, il primo ad essere ultimato come elemento di testata sul lato settentrionale dello slargo antico del rione Carità a Napoli, pensato però anche come sfondo conclusivo per la lunga prospettiva di Via Toledo.

Questo tipo di epilogo architettonico molto suggestivo è ripetuto con maggior incanto dal prospetto angolare di palazzo Mannajuolo per via dei Mille allo storico incrocio di questa con via Filangieri, nel quartiere di Chiaia.


Fu portato a termine prima che lo slargo che l’ospita divenisse l'attuale piazza Carità, assegnando a tutto il comparto urbano di cui ne è divenuta centro di vita distrettuale, il nome di rione San Giuseppe-Carità.
L’immobile concludeva oltre tutto anche il lungo periodo necessario all’uso di riportare a vita nuova tutta quanta la città prima e dopo lo storico editto del piano regolatore del 1939, e nell’impresa di conferire grandiosità romana alla città fascistizzata, furono risparmiati gli accessi alle sole due chiese presenti nelle vicinanze: San Liborio e San Nicola alla Carità.


Senza dubbio di sorta si trattò di un impianto d'architettura forzatamente inattuale. 

Al palazzo infatti, mancano gli ornamenti e gli stereotipi classicisti, tipo colonnine, archi, balaustre, architravi e trabeazioni. 

  • Il palazzo è opera dell’architetto Marcello Canino, distintosi, quest’ultimo, oltre che per esser stato anche autore del palazzo Ina-Assicurazioni sempre in piazza Carità, come per il palazzo d’Angolo a piazza Municipio, ma, segnatamente per la sua propensione all’architettura classica e forzatamente inattuale, che questo stesso impianto testimonia senza dubbio di sorta. Si presenta quindi con un impaginato di facciata che rileva tutto il suo linguaggio essenziale e sintetico. Solo le facciate laterali, quelle su via Morgantini e via Toledo, sono state realizzate con alcuni accorgimenti stilistici, necessari per agganciare l’immobile agli ingressi speculari al centro storico UNESCO; da questa parte infatti, la restante porzione di via Toledo è tatticamente organizzata con cortina edilizia compatta e dinamizzata da corpi aggettanti, modello mittle europeo dei balconcini. Nella logica delle composizioni di Marcello Canino, anche questo immobile non fa eccezione e subisce alla base del disegno l’alzato sulla piazza fondato principalmente sulla forza del chiaro scuro equilibrato dalle suggestioni visibili nell’alternarsi dei verticali e degli orizzontali. Molto più carico di suggestione è invece la sensazione qui come in altri grandi successi dell’architetto, di una maschera che copra la muratura della facciata su piazza Carità, descrittiva complessamente dall’aggetto articolato ed alternato dei balconcini, laddove con balaustre metalliche e laddove rientrante con parapetti in muratura. Quindi va aggiunto che la battitura dei piloni va ad innestarsi con disegno lineare estremamente semplificato, funzionando sia come griglia cartesiana per meglio organizzare tutti gli elementi della facciata, sia come brise soleil per i terrazzini che s’aprono dietro. All’altezza del sesto piano poi, laddove cioè si concludono gli otto setti di facciata sotto il solaio del terrazzo con veduta sulla piazza, inizia una corrispondenza a nastro tutt’attorno al palazzo, sul quale, sono evidenti gli esili pilastrini. Ed infine, in alto, l’arretramento del piano ad attico sul golfo, chiude il crescente rastremarsi di tutto il palazzo, esternando frammenti di telaio e di pilastri che ne mettono a nudo la sostanza di tutto il sistema che è servito per realizzare l’immobile, il quale, così come dichiarato da Benedetto Gravagnuolo e Pasquale Belfiore, ” … hanno mostrato più sinceramente un edificio razionalista e non piuttosto monumentale”.


Spazio note

(1) Pasquale Belfiore e Benedetto Gravagnuolo Architettura e urbanistica del Novecento, premmessa di Mario De Cunzo, prefazione di Renato De Fusco Editori La Terza maggio 1994 BNN S C ARTE B 495/ter BNN SC ARTE B 495/ter pagina 183