Palazzina Rocco Napoli

È la Palazzina di Emanuele Rocco1, uno degli ingegneri firmatari del progetto di risanamento della città napoletana avviata dalla Legge del Risorgimento del 1904, condotta magistralmente al termine solo in epoca fascista, durante le sedi di prefettura commissariate da Michele Castelli nel 1925 e Pietro Baratono l’anno successivo.

La palazzina si trova al parco Margherita, quartiere di Chiaia a Napoli ed è questa l’unica opera lasciata dal Rocco sul territorio che mostrasse liberamente e senza limitazioni di sorta la naturale vocazione allo stile Liberty.

La Palazzina Rocco è del medesimo autore della Galleria Umberto I, fatta costruire, quest’ultima sullo scomparso Rione Santa Brigida e pensata con quattro ingressi speculari: uno a Via Santa Brigida, un altro a Via Toledo di fronte a piazzetta Augusteo, un altro ancora su via Verdi ed infine l’ultimo. l'ingresso principale, su via Vittorio Emanuele III di fronte al Teatro San Carlo.

L’adeguamento strutturale della palazzina medesima le permette di poter reggere un minimo di competizione con l’ordine architettonico che impegna invece il vicinissimo palazzo Acquaviva dei Coppola e come tutti i palazzi del parco Regina Margherita, compresa la villa La Santarella, la palazzina Rocco sorge arretrata rispetto alla quota della strada principale, per compensarne il dislivello e quindi tre piani stanno al di sopra della strada e due al di sotto di essa.


La classicità dell’impianto è richiamata anche dalle decorazioni dei puttini ad altorilievo.

L’immobile sta stretto in un angolo angusto, con una situazione plano-volumetrica assai articolata per il complesso gioco delle forme in superficie.

  • E, a parte la facciata che spunta su via San Pasquale a Chiaia, l’intero edificio è fortemente caratterizzato da una teoria di angoli acuti ed ottusi che si inseguono l’uno all’altro onde ricavarne ciò che si vede ad occhio, e cioè, un’altra ulteriore suggestiva teoria di balconi e finestre che spuntano dalle pareti dei palazzi, in una più ampia libertà d’impianto ed una chiarezza chiaroscurale tipica dei classicisti, che in un qualche modo ne contraddicono la naturale propensione. La classicità dell’impianto è richiamata anche dalle decorazioni dei puttini ad altorilievo, mentre le declinazioni floreali tipiche del settore e dell’epoca in cui sorsero, sono visibili sulla pensilina d’accesso alla palazzina, sulla struttura aerea che collega quest’ultimo alla strada maestra, e nel disegno degli infissi. La facciata retrostante è piatta e molto formale e senza alcuna decorazione in quanto facciata di servizio.


Spazio note

(1) Pasquale Belfiore e Benedetto Gravagnuolo Villa Oro. 1934-1937 scheda 83 a pagina 207-208 di Napoli, in: Architettura e urbanistica del Novecento, premmessa di Mario De Cunzo, prefazione di Renato De Fusco Editori La Terza maggio 1994 BNN S C ARTE B 495/ter pag. 133