Palazzina Velardi Napoli

La palazzina Velardi a Napoli1 è la prima palazzina costruita in città agli inizi del Novecento quasi del tutto in latero cemento armato, e diversamente dalla sua attuale composizione, sul progetto originario fu deciso che sarebbe dovuta sorgere giusto al centro di un giardino pensato grande quanto un parco.

Si tratta di una struttura di rilievo per la varia e complessa forma strutturale che presenta, anche in forza della conformazione orografica del suolo sul quale la struttura è stata installata nel 1906.


E' stata costruita su progetto e disegno di Francesco De Simome, medesimo autore di architettura di stile Liberty poco riuscita per il parco Carelli sulla collina di Posillipo.
Alla maniera non propriamente simile al Negozio Lotto O di via Filangieri, tutti i piani dell’edificio ruotano attorno al blocco scala, dai quali, restano comunque separati da un corridoio che disimpegna di volta in volta le camere della struttura. La palazzina si trova sulla cima delle rampe Brancaccio, al numero civico 6 dell’omonima via nel cuore del quartiere di Chiaia, alle spalle del palazzo Mannaiuolo, con differenti facciate favorite dalla base parallelepipeda della palazzina ed una seconda base triangolare.


La parte che affaccia sui gradoni D’Andrea è la facciata più antica della palazzina.

Sempre in cima alle rampe Brancaccio, si trova l’ingresso alla struttura, al di sopra del
quale, l’edificio continua ad elevarsi per cinque piani.

  • Cinque piani caratterizzati dall’inquietudine di volumi di corpi aggettanti, quali mensoloni e terrazzi. Le finestre della struttura, sia quelle bifore che trifore, fatta eccezione per quelle rivolte ad occidente, sono centinate, e prima d’essere semplicemente intonacate, subito dopo i disastrosi bombardamenti aerei del 1943 mostravano una decorazione a stucco su fondo scuro. Un’eccezionale trovata artistica e semplicemente geniale, mossa d’autore per questa struttura è il torrino in alto, all’ultimo piano che prospetta su via dei Mille. La torretta è a pianta poligonale a vocazione barocca per l’intaglio delle decorazioni incise nell’intonaco; si protende verso il vuoto che ha sotto di sé e per questo motivo se non altro dà l’idea di rimanere letteralmente aggrappato allo spigolo della palazzina. Mentre invece, la parte che affaccia sui gradoni D’Andrea è la facciata più antica della palazzina, riccamente motivata dalla presenza di corpi emergenti, dovuti al taglio della scala sulla parte basamentale. Primo e secondo piano sono divisi in unità abitative indipendenti, mentre in alto c’è solo un alloggio per ogni piano ed infine, l’ultimo piano è lievemente ridotto di spazio per l’adeguamento strutturale di un terrazzo. Le varie e diverse tecnologie che articolano l’intero impianto, lo suddividono in due diversi volumi; il primo arricchito di elementi orizzontali, composti per lo più da tavelloni e ferro, mentre, il secondo ordine, che ospita il torrino, ha tutti i solai composti di cemento armato.


Spazio note

(1) Pasquale Belfiore e Benedetto Gravagnuolo Villa Oro. 1934-1937 scheda 83 a pagina 207-208 di Napoli, in: Architettura e urbanistica del Novecento, premmessa di Mario De Cunzo, prefazione di Renato De Fusco Editori La Terza maggio 1994 BNN S C ARTE B 495/ter pagg. 129-130 BNN SC ARTE B 495/ter