Villa Nava a Portici

Villa Nava1 è una delle più antiche ville vesuviane del Miglio d’Oro, antica direttrice di penetrazione costiera dal ciglio delle paludi napoletane.

E’ ubicato al numero 247 di Corso Garibaldi a Portici uno dei comuni vesuviani adiacenti la città di Napoli. Con giardino alle sue spalle sommerso da calcina e viarie piante spontanee e selvagge, grande come un parco, fino agli ultimi vent’anni dell’Ottocento, la superficie del giardino si estendeva fino al mare.


La descrizione di quest’ambiente, fatta dal Nocerino, lo rimanda a quando, squadrato alla maniera di un chiostro, era occupato da un portico con archi e colonne rivestite di preziosi manufatti marini.
Un pavimento maiolicato di grossi vasoli levigati, alcune comodità per la sosta e soprattutto un’acqua sorgiva, presieduta allora da una figura di ninfa, con relativo epigramma in latino che ne descrisse la natura di dea somigliante ad Aretusa.

Oggi nulla resta del fasto che la caratterizzò nel secolo delle fondazioni immobiliari lungo il crinale della costa e la stessa facciata è di semplice stile ottocentesco a tre piani ed un bugnato aggancia a terra l’ordine superiore, medesimo capolavoro dell’estetica che non ha trovato, però, lo stesso spunto categorico per le ville Buono, Menna, Meola e Lauro dei Lancellotti con affaccio ugualmente sullo stesso Corso.


I vari possidenti di Villa Nava e lo stato attuale dell'immobile.

 Un atrio di modestissime dimensione nonché si semplice struttura e disegno architettonico conduce all’interno della villa occupato da un ampio cortile rettangolare.

  • Vivacizzato da alcuni busti alloggiati su mensole. Un’iscrizione romana lo divide dall’antico spazio dedicato al giardino, sovrastata da uno stemma ed infine, grazie al passaggio attraverso due arcate coperte da volte a vela, si arriva al giardino sistemato allo stato attuale, impreziosito di verde coltivato ed una semplice vasca in piperno al centro. Occupa gran parte del suolo della Leucopetra2 di Bernardino Martirano, segretario del regno di Carlo V, di cui una lapide a destra del portone di ingresso, unico reperto delle dimora abitata dal Martirano, ricorda l’ospitalità data per tre giorni in delizia all’imperatore nel 15353. La villa passò poi di proprietà al duca di Airola, di seguito a don Giacinto Testa e da questi a don Antonio Plastina, ed infine poi al principe della Torella, dinastia dei Caracciolo a cui appartenne fino a tutto il 1787. Gli ultimi proprietari la cedettero alla famiglia dei Vecchione e questi a loro volta la vendettero a Claudio Gaucher, e quest’ultimo la lasciò in eredità ad una sua figlia, futura sposa di Alessandro Nava4. Tuttavia, essa è importante per esser stata il compendio porticese di quel vivaio di artisti cinquecenteschi presenti a Napoli, venuti a studiare presso le accademie votate alla conoscenza agreste applicata alla pittura e alla scultura e che il Rapolla indica nelle persone di Costanzo, Rota, Tersiliio Venanzio e Giovanni Merliano, a cui, a sua volta il Nocerino attribuisce uno splendido crocifisso donato da Carlo V e custodito presso la cappella della villa. Fu anche però ritrovo di illustri scrittori calabresi, raccolti nelle memorie dello Spiriti e di altri visitatori, che, piuttosto che offrire una visione della distribuzione generale della villa, la ricordano semplicemente calata in un ambiente incantato di ”… verzure vaghissime, cascatelle, vasche e fiori”.


Spazio note

(1) Ville vesuviane del Settecento / Roberto Pane ... [et al.]. - Napoli : Edizioni scientifiche italiane, stampa 1959. - 345 p. : ill. ; 26 cm. Codice SBN NAP0071721 Collana Collana di storia dell'architettura, ambiente, urbanistica, arti figurative Istituto di storia dell'architettura, Universita degli Studi di Napoli Federico II, BNN SEZ NAP VI A 1299/41 PAGG 127-130
(2) Sull’origine del nome Leucopetra, si avanzano ipotesi che nel corso delle generazioni non hanno mai trovato fondamento alcuno; lo Jori scrive a riguardo che, probabilmente dovette trattarsi di un’area di confine stabilito da una grossa pietra messa lì a tracciare i limiti di una terra contesa dai Recco e di seguito dai Mazzarotta, ed ancora da tale S. Giuliano, che pure deteneva proprietà terriere sul posto. La pietra sarebbe stata posta all’epoca dei Goti e su cui sarebbe stata incisa la data 1539, da Porzia Carafa, zia e tutrice di Fabrizio Carafa duca d’Andria. Diversamente il Nocerino descrive di questa storia di una pietra bianca in segno di confine e su cui vi avrebbe visto scolpita la data 1629 e che sarebbe stata piantata innanzi ai due palazzi Scalea e Mazzarotta. Infine, girano notizia che la pietra bianca sarebbe il risultato di un sortilegio incantato, che avrebbe visto la ninfa Leucopetra trasformarsi in quella pietra. (3) Tutte le lapidi affisse ai muri della residenza abitata dal Martirano e che oggi sono state quasi tutte rimosse oggi sono descritte e fotografate nel Monnumentorum Italiae, quae hoc nostro saeculo e (sic) a Christiani posita sunt, editi da Laurentio Schradero Helmaestadii, MDXCII pag. 257 e segg.
(4) Portici e la sua storia, Napoli 1882, pag. 17