Villa Menna a Portici

Villa Menna, già d’Amendola, è una delle ville di Portici1, uno dei comuni vesuviani adiacenti la città di Napoli.
Unitamente a villa Buono, villa Meola, Nava e villa Lauro di Lancellotti, è inserita nell’elenco del Decreto Ministeriale 19 ottobre 1976 delle “Ville vesuviane del XVIII secolo relativo al territorio vesuviano, sul quale trovano posto le ville da restaurare2.
L’edificio è situato in Corso Garibaldi, sul tratto storico del Miglio d’Oro, una delle antiche direttrici di penetrazione costiera dal ciglio delle paludi napoletane.

La villa nella facciata è legata mediante un’altra costruzione a due piani alla villa Ruffo di Bagnara. Fu costruita nel 1742, probabilmente su dei resti di alcuni edifici scomparsi nell’eruzione del Vesuvio del 1697, dall’architetto Muzio Nauclerio, elogiato nel ‘700 dallo storico Nicola Nocerino che lo definì “celebre ingegnere“3.

Gli appartenenti alla famiglia d’Amendola furono i primi proprietari ed ospitarono più volte Re Carlo di Borbone e la sua famiglia come testimoniato dalla lapide posta nel vestibolo sinistro. Infatti, la villa era circondata da una palude e ciò la rendeva un luogo ideale per la caccia. Come attestato dalla pianta del Duca di Noja del 1775, già a partire dagli anni Settanta del Settecento la villa divenne il Casino del Signor Nicola Torre e della sua famiglia che ristrutturarono la facciata esterna sopraelevando di un piano l’edificio.


Villa Menna negli studi urbanistici del Nocerino.

Il Nocerino nel testo “La reale villa di Portici illustrata” del 1787, si espresse riguardo la qualità architettonica della villa con questi termini.

  • “Magnifico è invero per la sua bizzarra architettura, nobilissimo frontespizio, ricca galleria fornita tutta di rilievi, di stucchi indorati“4. Il palazzo ha avuto numerosi possessori: successivamente ai Torre fu acquistato nell’ordine cronologico da Carlo Cinque, dal Carrione, dalla Principessa Carolina Ruffo della Leonessa e dai suoi eredi. Nel 1880, la villa divenne proprietà di Federico Campanile e della sua famiglia che la mantenne fino agli anni Venti del Novecento. Anche se il braccio sinistro è scomparso, la planimetria originaria del complesso risulta chiara in quanto essa si basava su di uno schema a doppia L5. Nonostante le alterazioni subite, il parco è stato sostituito da costruzioni e nel Novecento il sito fu adibito a stabilimento balneare. E' pervenuta agli studi urbanistici l’impostazione assiale che lega la villa al giardino con il tracciato dei viali, caratterizzato dalla simmetrica gradinata che discende verso la spiaggia. Inoltre la villa è edificata secondo la tipologia architettonica con prospetto sul fronte strada e giardino retrostante tipica delle ville della zona, come analogamente accade per Villa Meola.

Il gioco dei vestiboli della villa ed il suo effetto scenografico.

L’edificio si svolge su tre piani e presenta una facciata anonima rifatta nell’800 con il pianterreno lievemente bugnato.

  • Il suo interno, invece, conserva l’aspetto settecentesco caratterizzato da sorprendenti motivi artistici ed architettonici. Il primo elemento di nota dell’interno è l’atrio, dalle pareti lievemente ondulate, composto da un doppio vestibolo; il secondo vestibolo dal portone d’ingresso eccelle per la qualità delle decorazioni in quanto le membrature di stucco, che ornano le arcate, convergono nella volta decorata dal gran rosone centrale a raggiera. In una delle fasce dell’atrio sono poste le lettere F.C., iniziali del proprietario ottocentesco Federico Campanile. Il cortile interno è l’altro elemento di nota. Esso è composto da massicci pilastri ottagonali, raccordati da archi e volte di diversa ampiezza, che reggono l’ampia balconata a cui si accede dall’ambiente maggiore del piano nobile. Ma a caratterizzare il cortile sono le arcate aperte del vestibolo centrale di cui una parte è protesa nello spazio interno. Dell’ambiente l’Alisio scrisse: “un movimento scenografico in piccolo spazio è offerto dal vestibolo, in rapporto alle due scale e alle cinque arcate di varia ampiezza, aperte sul cortile“1. Rispettivamente le due scale conducono al piano nobile, precisamente quella a destra dal lato di chi entra, ed al piano rialzato quella dal lato opposto. Inoltre, sulla sinistra, nel cortile è ubicata una colombaia composta da una base quadrangolare in piperno sulla quale si poggia la parte superiore, di dimensioni più piccole rispetto alla prima, traforata in stile neogotico che richiama una sorta di fantasia architettonica nella costruzione di una falsa rovina ad ornamento del giardino. Infine il lungo viale principale del giardino terminava con una scala rustica in piperno che univa la villa alla spiaggia. Dalla pianta Carafa risulta che l’originaria scala settecentesca era formata da due ampie rampe circolari che scendevano a mare partendo dalla fine del viale; essa fu tagliata e modificata nel 1839 per costruire il ponte della ferrovia Napoli-Portici, dal quale si accede per raggiungere la splendida terrazza sul mare.


Spazio note

(1) Liberamente estratto da: AA.VV., Ville vesuviane, ESI, Napoli, 1959; Cesare De Seta, Leonardo Di Mauro, Maria Perone, Ville vesuviane, Rusconi, Milano, 1980; AA.VV., Percorsi vesuviani. Architettura e paesaggio, Paparo, Napoli, 2005.
(2) AA.VV., Percorsi vesuviani. Architettura e paesaggio, Paparo, Napoli, 2005, pp. 10-11.
(3) La notizia è riferita da Roberto Pane, Le ville e la strada costiera, in AA.VV., Ville vesuviane del Settecento, ESI, Napoli, 1959, p. 12.
(4) L'elogio del Nocerino è riferito in Giancarlo Alisio, Le ville di Portici, in AA.VV., Ville vesuviane del Settecento, ESI, Napoli, 1959, pp. 138-140.
(5) E' possibile evincere la planimetria originaria a doppia L dal particolare della pianta del Duca di Noja pubblicato in Cesare De Seta, Leonardo Di Mauro, Maria Perone, Ville vesuviane, Rusconi, Milano, 1980, p. 91.
(6) Giancarlo Alisio, Le ville di Portici, in AA.VV., Ville vesuviane del Settecento, ESI, Napoli, 1959, p. 140.