Chiesa Santa Maria della Vittoria a Napoli

È una delle chiese di Napoli1, in loco ubi dictur “apigliano”, con affaccio sul primissimo tratto del Lungomare di Via Caracciolo, e più precisamente con facciata incassata in una costruzione postunitaria prospisciente su piazza Vittoria nell’omonimo rione

L'edificio è presentato sul manoscritto del D’Aloe come ”sacra casa intagliata nel monte sita presso il mare”, fondata nel 1573 dai padri Carmelitani del Mercato all'epoca nella zona detta Platamone, oggi il Chiatamone.

Tuttvaia è appartenuta poi ai Padri del Gesù, dalla donazione di donna Anna Maria Toraldo, marchesa di Polignano2, i quali, acquistandola la incorporarono nelle successive costruzioni da questi ultimi operati fin tanto che modificarono il paesaggio rupestre, al punto tale da farla sparire del tutto.

Il corpo di fabbrica della chiesa nella sua versione attuale mostra il fronte settentrionale a faccia dell’antichissimo giardino della famiglia dei Calabritto, oggi in parte occupata dall’omonimo palazzo, mentre il convento, inclinato d’asse finirà per ospitare, a partire dal 1775 in poi, il quartiere militare borbonico, presidio per il vicino Palazzo Reale ed ha mantenuto più o meno la stessa destinazione d’uso divenendo in parte l’edificio della caserma dei Carabinieri Vittoria, con ingresso indipendente su via Domenico Morelli.


L'onore della Vittoria dei Cristiani sui Turchi e le vicissitudini della chiesa.

Fu soppressa il 2 settembre del 18163 e venduta ai fratelli Nantes, a cui fece però seguito il recupero per grazia del concordato che ne affidarono l’immobile al Genio per Caserma delle Guardie di Sua Maestà.

  • Si chiama così in onore della vittoria riportata dalla Santa Alleanza pontificia contro i Turchi nella storica Battaglia di Lepanto, con a capo don Giovanni D’Austria, figlio di Carlo V d’Asburgo, il Celano lo dice fondatore medesimo della stessa chiesa. È la seconda chiesa napoletana sorta in memoria di quest’evento; l’altra è la chiesa dei Predicatori, Sant’Anna di Palazzo e si trova nella sezione di San Ferdinando ai Quartieri Spagnoli. La seconda chiesa della Vittoria, quella ancor oggi esistente1, dunque questa, rimane stretta in un’ambientazione caratterizzata da uno squisito stile Liberty di fine Ottocento, tipico del fondo valle di Chiaia e di gran parte della sua riviera, coprendo, in quel punto, l’angolo di via Gaetani Vannella, in ordine alle uscite di via dell’Arcoleo, piazza della Vittoria e via Calabritto, nel tridente che finirà per fare capo alla Villa Comunale. La presentazione più antica fatta con pio sacrificio per mano di padre Giovanni Antonio Alvina5, estensore di un manoscritto del Seicento, la descrive non ancora afflitta dalle costruzioni nobiliari che la cingono, e che, quindi, lui, la vede ancora fondata nel 1625, da don Giovanni d’Austria, nel principio di Chiaia, sotto la chiesa di Santa Maria a Cappella Vecchia, dove oggi alloggia la comunità ebraica napoletana. Alla morte del fondatore, sopraggiunta nel 1630, l’impianto religioso sarà affidato ai Chierici Regolari Teatini, impegnati a competere coi Bianchi della Giustizia nel dominio sul territorio qui in questo caso con gli stessi padri Crociferi che lì concorrono per la loro chiesa delle Crocelle sotto il Pallonetto a Santa Lucia al Mare, e la chiesa e monastero di Sant’Aspreno nel piccolo borgo dei Crociferi ai Vergini. La chiesa fu poi riordinata e restaurata in bellezza e magnificenza, da Margherita d’Austria Branciforte, figlia di Giovanna, nonché nipote dello stesso Giovanni d’Austria, che la restituisce al culto con la forma bizzarra di una cupola adagiata su quattro colonne di marmo scuro, così come voluto sul disegno del padre teatino Grimaldi, che però, il Savarese confuta a sua dire queste notizie, avendo trovato un documento sul quale vi sarebbe padre Pietro Caracciolo scritto come l’architetto disegnatore del progetto di restauro6La chiesa nel suo insieme ha mantenuto variamente la forma originaria della seconda sistemazione, sorta nell’angolo nord occidentale di un terreno confinato da un muro di cinta, visibile, non ancora a questa maniera sulla veduta del Lafrery del 1566, ma con forma planimetrica che darà definitiva sistemazione alla forma della chiesa del Seicento. Con un portico a tre arcate all’ingresso ed una propria controfacciata davanti al pian terreno, la sistemazione suggestiva si ripete nella pianta del Petrini7, verrà registrata e quindi ricordata nella platea dei Teatini e su un dipinto impresso su una porcellana appartenuta allo splendido servizio dell’oca, per Ferdinando di Borbone realizzato tra il 1792 ed il 17958.


Spazio note

(1) [7]: *Pizzofalcone e Le Mortelle / Italo Ferraro. - Napoli : Oikos, 2010. - p. 606 : ill. ; 31 cm. ((In calce al frontespizio : Fondazione Premio Napoli ; MN Metropolitana SpA Codice SBN NAP0544539 ISBN 9788890147883 BNN Sez. Nap., VII A 1638/6 pag 91
(2) Relazione dell’Ignegner Antonio Galluccio delle censuazioni del territorio dell’Echia, ossja Chiaia sopra a Pizzofalcone, 1689, Monasteri Soppressi, vol. 5519 pag. 53
(3) F. Strazuullo, Documenti d’archivio, situazione dei monasteri soppressi dop il concordato del 1818, in “Napoli Nobilissima”, vol. XIII Napoòi 1974, pag. 65
(4) Appena spunta dal tessuto urbano moderno cresciuto intorno, con ingresso a tre portici ed altro materiale di costruzione moderno, che in gran parte la nasconde, più o meno come capitò in sorte alla prima Santa Maria della Vittoria. Poiché, infatti è vero che la chiesa attuale non coincide nella forma e nella collocazione alla prima chiesa della Vittoria per la quale, resta suggestivo il racconto presentato dalla critica storica di questo scorcio di terra, laddove è scritto che: ”…un pezzo di terreno con giardino, la chiesa era solo un edificio a mare con pozzo e con cisterna in parte piano ed in parte in ripa per la quale si saglie al giardino della collina”, tratto quest’ultimo corrispondente al lotto occupato dalle fondazioni di Gennaro Sessa a Cappella Vecchia.
(5) Emilio Ricciardi: Precisazioni sul manoscritto di san Giorgio ad Forum, in “Napoli Nobilissima”, vol. VII, Napoli 2006, pag. 137 (6) S. Savarese, Francesco Grimaldi e l’architettura della Controriforma a Napoli, Roma 1986; cfr anche con: M. Lucà Dazio, Santa Lucia della Vittoria, in “Napoli Sacra. Guida alle chiese della città” 12° itinerario, Napoli 1996, pag. 730
(7) P. Petrini, Il Sciatamone, in Principal parte della città di Napoli adornata da ventuna veduta delle più belle fabbriche fortezze e strade di esse…., Napoli 1718
(8) AA.VV., Vedute di Napoli e della Campania, nel servizio dell’Oca, Museo di Capodimonte, 1999