Storia dei Mercati rionali di Napoli

I mercati rionali che oggi si vedono a Napoli1, costretti quasi tutti in un sistema urbano ”chiuso”, prospettati come tali probabilmente da un’iniziativa di Francesco Maresca del 1806 fondata sulla testimonianza del Sasso di dotare tutti i rioni di Napoli di una piazza di commestibili2, son quelli che hanno superato il piano di riforma dell’allora Ministro delle Finanze del governo Napoleone, Pierre Louis Roederer, secondo il quale, la situazione precedente che egli ereditava dal governo Borbone non era degna di documentare la vita quotidiana della capitale di un Regno, neppure nella gestione del mercato annonario.

Dell’anzidetto suggerimento del Maresca non ne resta che solo una testimonianza, in luogo invece di documenti più certi e conservati all’Archivio di Stato della città, con autografo di Stefano Gasse.

I quattro mercati rionali disegnati dall'architetto Stefano Gasse.

Si tratta di progetti redatti verosimilmente assieme al gemello Luigi3, presentati al Ministro dell’Interno nel 1807, sui quali vennero disegnati quattro dei sei mercati previsti per la città nuova da rifare. 

  • Uno nella zona di Santa Maria a Cappella Nuova, proprio nello spazio dell’omonima chiesa semidistrutta dal terremoto del 1805 e destinata alla demolizione4, ma soprattutto, il progetto di un mercato in questa zona ebbe in seno la preoccupazione di sgomberare Via Chiaia da capanni fatiscenti, dal vai e vieni di piccoli e grandi commercianti. Un altro mercato di rione era da sistemarsi nell’area un tempo occupata dal giardino del Monastero di Monteoliveto, ancora un altro a Montecalvario5 nella piazza antistante la chiesa di Santa Maria della Mercede onde riqualificare tutta via Toledo, che, giustamente pensata come asse stradale di collegamento da Palazzo Reale a piazza del Plebiscito al Museo di Capodimonte, una volta epurata di elementi architettonici bassi e spontanei, avrebbe rappresentato l’episodio iniziale del nuovo insieme viario con l’allora Corso Napoleone oggi Corso Amedeo di Savoia. Ed infine un altro al Largo delle Pigne, e cioè l’attuale piazza Cavour più specificatamente a ridosso della cortina edilizia che dal Borgo dei Vergini, alle spalle dell’attuale omonimo mercato, terminava nell’anfrattuosa scarpata del borgo delle Cavaiole e quest’ultima soluzione fu indicata come necessaria per sgombrare Via Foria dagli ambulanti, rei di aver ostruito il passaggio alla città antica dei maestri commercianti dai casali di San Pietro a Patierno e tutt’attorno all’area del Campo di Marte. Gli altri due, uno previsto per la Pignasecca e l’altro per il borgo di Santa Lucia a Mare, per mancanza di un’idea più urbana dei già esistenti mercati sorti spontanei fecero si che almeno sui Rapporti del Ministero venissero espunti dalla sistemazione definitiva della città relativa alla creazione della piazze porticate con tanto di botteghe per la vendita di derrate alimentari e vario genere di attrezzature comuni.


Gli altri sei mercati rionali di Napoli progettati. 

Ne esistono altri sei di mercati a Napoli che in questi documenti finiti al vaglio del Ministro dei Francesi come da razionalizzare.
 

  • Essi sono i mercati più antichi di Porta Capuana, zona Porto, al Pendino e a piazza Mercato ed, oggi scomaparso, l’antico mercato a Monteoliveto. Tuttavia, nonostante le sollecitudini del Consiglio degli Edifici il corrispondente dell’attuale Ministero delle Infrastrutture, nonostante anche la piena e pronta attuazione dell’organico programma di bonifica spaziale oltre che anche sociale della rete di mercati estesa largamente, tutto restò disatteso, appena due mercati effettivamente risorsero per le meraviglie prospettate e Villari suggerisce di rintracciare il seme dell’insuccesso non nel piano di riordino scelto dai francesi, quanto dalla riluttanza della compagine sociale, storicamente ostile a sottoporsi a controllo negli atteggiamenti della vita quotidiana o sul lavoro.


Spazio note

(1) [Liberamente estratto da: La cultura neoclassica napoletana nel dibattito europeo. La figura e l'opera di Stefano e Luigi Gasse. Facoltà di Architettura dottorato di Ricerca in Storia dell'architettura e della città XXI ciclo Coordinatore Architetto Starace, Tutor Architetto Buccaro, dottorando Architetto Marilena Malangone.]
(2) [C. N. SASSO, Storia dei monumenti di Napoli e degli architetti che li edificavano dallo stabilimento della monarchia, sino ai nostri giorni, Tipografia di Federico Vitale, Napoli 1856-58, vol. II, p. 36.]
(3) [Archivio di Stato di Napoli (in seguito ASNa), Intendenza di Napoli, III serie, fsc. 3107, f.lo 99, Lettere di invio dei progetti, 15 aprile 1807]
(4) [G. CECI, Monsignor Perrelli e la demolizione di S. Maria a Cappella Nuova, in «Napoli nobilissima», rivista di topografia ed arte napoletana, II serie, Napoli 1921 e G. A. GALANTE, Guida sacra della città di Napoli, riedizione a cura di N. Spinosa, Società Editrice Napoletana, Napoli 1985, p. 384. Per l’ordinanza di demolizione della chiesa cfr. ASNa, Ministero dell’Interno, II appendice, fsc. 1207, f.lo 2, Ordinanza Ministeriale, 21 novembre 1807.] ù
(5) [M. MALANGONE, Il programma urbanistico dei napoleonidi: l’apertura della città al territorio metropolitano, pp. 80-83.]