Palazzo Leonetti a Napoli

E’ uno dei palazzi del centro storico di Napoli1, uno dei pochi a mostrare il basamento in simil bugnato. Si trova al numero 40 di via Dei Mille e fu pensato e progettato inizialmente per diventare un albergo.

Ed inivece, diverrà un casamento d’affitto a più scale destinato a dover contenere gli esodati di via Duomo, tutti espropriati all’indomani dello sventramento dei quartieri detti Bassi dalla zona del Pendino.

I primi residenti quindi del palazzo Leonetti di Napoli furono gli espropriati dell’insula ad oriente del Borgo degli Orefici, durante l’azione del Risanamento commissariata dal prefetto Michele Castelli e del successore Baratono.
Ma l’epilogo ebbe tutt’altro risvolto ed il palazzo, poco dopo il completamento per l’insorgere di problemi finanziari di chi lo ebbe costruito, venne venduto ai conti Leonetti e da allora l’immobile fu destinato al ceto medio alto dei quartieri confinanti al Rione Amedeo ed il quartiere di Chiaia.

Alla stregua della palazzina del Paradisiello al Parco Margherita, il Palazzo Leonetti è attribuito al disegno di Giulio Ulisse Arata, architetto piacentino al soldo dell’impresa Borrelli&Mannajuolo.


Il Palazzo Leonetti a Chiaia e l'opera egregia di Giulio Ulisse Arata.

L'impresa Borrelli&Mannajuolo fu la medesima esecutrice delle fondazioni di un omonimo palazzo a via Filangieri e le terme di Agnano all’interno del cratere vulcanico dei Campi Flegrei che porta anche il suo nome.
  • Di Giulio Ulisse Arata sono anche i due palazzi Cottrau-Ricciardi, di cui, uno costruito a piazza Amedeo e l’altro alla Salita di Piedigrotta a Mergellina. Il palazzo è articolato secondo la pianta a U per un preciso obiettivo dell’Arata di opporsi al piano ottocentesco di ottenere una cortina edilizia su via dei Mille di gusto pienamente stile Borbone secondo come si è voluto e ottenuto per il Rettifilo. Il Palazzo Leonetti, ampio e massivo, con ambienti di servizio architettonicamente separati dagli spazi di residenza nobiliare, si apre su via dei Mille con un giardino e risolve efficacemente i problemi imposti dalle condizioni urbanistiche all’interno delle quali son cresciute durante il corso dei secoli aree verdi ed i palazzi D’Avalos e Roccella oggi sede del Palazzo delle Arti di Napoli. Il palazzo è stato costruito su basi di un programma figurativo molto articolato dato anzitutto dal trattamento degli stucchi da parte di maestranze napoletane abbastanza perite in questi affari, pure mantenendo tuttavia l’aspirazione al gusto classicista impostogli dal quadrato segmentato e dai motivi floreali tipici del Liberty. Certe timide figurazioni ad altorilievo producono una vibrante dinamicità ad effetto chiaroscurale insistente sul prospetto principale, laddove, scrive Fabio Mangone, ”repertori modernisti di matrice italiana o austriaca si oppongono ad altri elementi della tradizione dotta opportunamente distorti e modificati irrimediabilmente”. Le finestre del primo piano sormontate da vivaci timpani plastici partecipano alla finzione del bugnato che è stata affidata al basamento e a tutto quanto l’immobile nella sua falsa aspirazione ad una certa monumentalità composta dalla scansione ritmata del prospetto contrariamente alla gaiezza giovanile degli stucchi napoletani. Che si muovono, s’inerpicano sulla facciata, i fiori, le foglie, i grappoli, gli esili ferri modernisti sulle ringhiere, sul cancello d’ingresso. Ma i festosi motivi di una marca secessionista contraddistinguono il suo carattere in generale. E’ evidente insomma la formazione romana e milanese dell’Arata nel progettare il palazzo napoletano dei Leonetti ed ancor più vivo sarebbe stato il prospetto del palazzo se questo fosse stato compiuto rispettando il disegno originario dell’Arata che lo prevedette con una maggiore ampiezza delle aperture ai livelli superiori comportando in simil modo una più complessa smaterializzazione verso l’alto dell’edificio. All’ultimo piano del palazzo una galleria illuminata dall’alto da una struttura in ferro e vetro funge da disimpegno con la soluzione originaria degli altri appartamenti.


Spazio note

 (1) [Liberamente estratto da: *Giulio Ulisse Arata : opera completa / Fabio Mangone. - Napoli : Electa Napoli, c1993. - 192 p. : ill. ; 24 cm. Codice SBN VEA0047713 Sez. Nap. Sesto B 1682 pp 145/147 sulle fonti ARR, AAP e ADN]