Chiesa San Pietro Martire Napoli

E’ una delle chiese chiuse di Napoli1(1bis), con ingresso su piazzetta Ruggiero Bonghi al Corso Umberto I, confine fisico dello scomparso rione San Giuseppe dei Fiorentini, oggi inglobato dalle architetture Liberty sopraggiunte al risanamento fascista, nell’area di nuova fondazione del rione San Giuseppe-Carità.

Fondata nel 1294, dedicata a San Pietro Martire da Verona morto nel 1252 e conclusa inizialmente alla prima metà del ‘400, oggi posta di fronte all’ingresso sud di via di Mezzocannone.


Rappresenta il nucleo più primitivo del Centro Storico UNESCO di Napoli al di qua del Borgo degli Orefici, ed incluso nell’elenco del patrimonio antico della città da salvaguardare secondo le disposizioni suggerite dalla Comunità Europea e pubblicate assieme a cospiscui fondi economici nel 20142
E' praticamente inesistente nel disegno di riordino che la Società per il Risanamento presentava al Comune di Napoli nel 1975 ed è appartenuta da sempre ai frati Predicatori arrivati in città durante il pontificato di Gregorio IX, gli stessi che governano il tempio di San Domenico Maggiore a Spaccanapoli. Infine, si ricorda in chiesa, presso la cappella Pagano, la Predella di San Vincenzo Ferrer, documento di eccezionale valore artistico.


Storia breve della chiesa di San Pietro Martire. 

San Pietro Martire ha subito numerose trasformazioni anche in relazione alla sua destinazione d'uso.

  • Nell’attiguo monastero nel 1808 a seguito delle espulsioni degli Ordini religiosi, alla stessa maniera del Monastero di Sant’Agostino Maggiore a Forcella, eseguite nei locali le dovute trasformazioni, vennero raccolte le macchine confiscate alle officine per la lavorazione dei tabacchi nella vicina Dogana Vecchia e la fabbrica dei tabacchi proprio in questi locali avviò piena attività il 1° dicembre 1809 e lasciata a regime anche dopo il decennio francese e l’arrivo dei Borboni a Napoli. La manifattura dei Tabacchi venne poi fatta spostare in via Galileo Ferraris nel 1953 e buona parte dell’immobile venne acquistato dall’Università nel 1961. Un incendio disastroso durato oltre 8 giorni nel 1880 distrusse tutto ciò che dentro vi era stato costruito specialmente i corpi di fabbrica prospicienti la via Porta di Massa ed i locali ai piani superiori che affacciano su vico degli Scoppettieri. Si fece proposta di abbattere il monastero disperando il Governo di non poterne più recuperare l’edificio e destinare la chiesa a deposito di tabacchi, fase questa poi scongiurata dall’intervento del Ministero delle Finanze che provvide alla messa in sicurezza di lavori che durarono tutto il 1881 ed il 1882 e buona parte del 1883 anno a partire dal quale la Guardia di Finanza ne insediò i locali. Con la distruzione avvenuta durante i bombardamenti del 1943, son venuti alla luce archi e pilastri liberati dagli stucchi barocchi e scoprendo la veste trecentesca di purissimo stile gotico di San Pietro Martire precedente è ovvio alla struttura rinascimentale del ‘500 tutt’ora ricoperta dal rifacimento dell’Astarita. La chiesa è stata distrutta una prima volta in modo significativo nel 1343 da un maremoto che la coprì quasi tutta con le arene e riportata a regime dalle ricche donazioni di Cristofaro di Costanzo, gran siniscalco e Cavaliere dell’Ordine del Nodoalmeno così scrive il Celano, mentre il Sigismondo dice che dovrebbe esser stato così se è vero che gli stessi marosi abbiano semidistrutto la chiesa di San Pietro al Fusariello ai piedi della chiesa e del collegio del Gesù Vecchio sulla collinetta di Monterone; in quello stesso periodo venne costruito il primo portale della chiesa medesima e più precisamente nel 1374 a spese di Giacomo Capano, portale che, fatta salva solo per l’iscrizione gotica, verrà tolto e sostituito da un altro nel Seicento. Questa bella iscrizione oggi è esposta al Museo di San Martino; un secondo episodio fortemente distruttivo per l’istituto religioso avvenne durante il terribile terremoto del 1456, crollata assieme alla vota della Cappella palatina in Castelnuovo e l’abside della chiesa di San Pietro ad Aram non molto distante dal complesso.
Breve presentazione della chiesa.

La chiesa di San Pietro Martire si presenta con cupola e tribuna e navata unica, un tempo ingombrata per buona parte da un coro fatto spostare nel 1551 dietro l’altare maggiore dal priore Ambrogio da Bagnoli della famiglia dei Salvi.

  • Nei muri laterali sporgevano cappelle asimmetriche e all’entrata principale della chiesa nel tratto oggi occupato dalle cappelle sacre a San Gennaro e San Giuseppe, fu fatto costruire un gran cappellone come se fosse stata una grotta, il Cosenza scriverà di una chiesa nella chiesa appartenuta prima ai Maramaldo e poi ai Petrucci. Nel 1601 veniva abolito questo gran cappellone detto appunto La Grotta e le due cappelle che ne facevano parte, le prime due a sinistra di chi entra in chiesa vennero ridotte allo stato attuale e lo spazio in profondità esuberato dalla trasformazione fu utilizzato per farci delle botteghe. Le cappelle della chiesa di San Pietro Martire, ad eccezione della cappella di Sant’Agazio rifatta a spese dei Frati, vennero poi restaurate una per una dalle famiglie che l’ebbero in concessione, motivo per cui nel 1519 si segnerà l’inizio di lavori nuovi eseguiti per tutto quanto il fianco sinistro del tempio che nonostante il riordino compreso l’area dell’altar maggiore, la sua facciata resta come allora aperta nella regione detta della Calcaria, laddove si sentì la mancanza di un centro intorno a cui potersi sviluppare un nuovo piccolo quartiere.

La raccolta delle informazioni storiche sulla chiesa dai Fasci dell'Archivio di Stato. 

I fasci che riguardano questa chiesa negli anni di suo massimo splendore sono conservati all’Archivio di Stato di Napoli presso il monastero dei Santi Severino e Sossio a piazzetta Grande Archivio e vanno dal numero 693 all’818bis.

  • I fasci che vanno dal numero 734 al 735 raccolgono i documenti letti in copia dal notaio Francesco de Nubilis e scritte di pugno del magister di San Pietro Martire priore del convento nel 1725 e comunque riportanti notizie che risalgono al lontanissimo 1500, nel secolo che fu dei maestri pipernieri e fabbricatori oltre che di restauratori di parecchie chiese a Napoli, ed cioè: Benedetto De Falco e Cristofaro della Torre. Il libro dei Conti ovvero il fascio numero 719 chiarisce i profondi restauri avvenuti in tutto il primo ventennio del XVI secolo specie per la cappella di San Domenico in Soriano dei Serra patronato esclusivo della famiglia dei Belprato e della cappella dell’Incoronata. Solo e soltanto l’8 luglio del 1607 la chiesa di San Pietro Martire di Napoli assume definitivamente la forma architettonica che mantenne prima dell’intervento di Astarita secondo come fu comandato che avvenisse dal priore del convento Thomas Manuele di Napoli. Congregato da tutti i reverendi padri che si dovesse seguire il disegno proposto dal confratello Giuseppe Nuvolo converso della chiesa di Santa Maria della Sanità nell’omonimo quartiere poi nuovamente riveduta in seguito secondo la rinnovata offerta di mastro Giosuele.



Spazio note

(1) (1bis) Liberamente estratto da: *S[an] Pietro Martire : Università degli studi di Napoli. - [S. l. : s. n.], 1983 (Napoli : Arte tipografica). - 39 p. : ill. ; 30 cm. [[SCH 1814 e da: Restauri antichi e nuovi nella chiesa di San Pietro Martire di Gaetana Cantone per Napoli Nobilissima, BNN Per. Ital. 355 Fascicolo V e VI settembre e dicembre del 1966, pag 220-232
(2) Per il progetto di riqualifica del Centro Storico di Napoli secondo le disposizioni pubblicate dalla Comunità Europea apri questa nota.