Napoli e l'assetto urbano moderno

Dopo il periodo liberale a Napoli1, nella corsa delle fondazioni immobiliari avviati dal Risanamento di Michele Castelli, prima della storica presentazione del PRG del 1925 sotto l’Alto Commissariato Baratono, le società di costruzioni municipalizzate tenderanno a liberarsi della porzione antica di essa, cercando di distruggerla, interpretando i palazzi e le chiese, dalle aree decontestualizzate, come casi intermedi di utilizzazione pubblica o privata di esse.


Prima d’allora, Napoli ha mantenuto un assetto urbano composto prevalentemente da borghi isolati dal mondo e circoscritti all’antico perimetro murario, entro il quale, riusciranno a sopravvivere, non per molto, riti, usanze e costumi improduttivi ed afflittivi della condizione sociale dei residenti.

La situazione finale di questa speciale condizione della città contemporanea sarà il compromesso tra l’Amministrazione napoletana e la proprietà immobiliare posto poi a fondamento della città neo-conservatrice o post-liberale che dir si voglia L’Amministrazione per quanto vi riguardò prima e dopo gli anni del fascio napoletano, rinunciò a controllare l’insieme della città che le cresceva sotto gli occhi, garantendo il libero godimento dei privati sui lotti bonificati, gli stessi che oggi insediano le aree esposte ai punti di permeabilità sul Golfo e l’entroterra come le colline ed il quartiere del Vomero.


Le produzioni immobiliari di quegli anni anticiparono di poco la fascistizzazione della città.

Le linee di confine tra ciò che è stato ereditato dal passato come manufatto pubblico e quel che diverrà poi privato, finirà tutto sui fronti stradali.

  • Che da soli basteranno a formare il disegno definitivo della città nuova. Quindi si costruiranno le strade dritte del Corso Umberto I, il Corso Garibaldi, la bonifica dei cosiddetti Quartieri Bassi relativamente alle sezioni Porto, Pendino, Mercato e Vicaria. L’Amministrazione ha comunque mantenuto massimo controllo degli spazi che ha ritenuto indispensabili a servire e disimpegnare gli stessi lotti bonificati. La proprietà immobiliare a sua volta ha riconosciuto la presenza delle Amministrazioni negli alternati interventi precedenti, trattenendo, sotto forma di valore aggiunto, tutto o quasi tutto il vantaggio economico della stessa operazione. Gli interventi e le libere concessioni poi più di frequente emesse a favore di queste società, a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento, hanno avviato quel mutamento sconvolgente per la città di Napoli che di lì a poco si ritroverà in un assetto urbano di speculazione edilizia senza precedenti nella sua storia, ottenendone un quadro urbanistico della città di oggi che ancora riflette le operazioni fondiarie di sempre, come principale fonte di reddito di quella classe borghese che ha di fatto privato la città di Napoli dei contenuti di pubblica utilità, esasperandosi a questa maniera, una situazione di emergenza, seppur nella distribuzione delle risorse ugualmente immutata. Il regime delle architetture Liberty che, invece, hanno occupato l’area postunitaria di via dei Mille al rione Amedeo e le gigantesche residenze in cemento armato dei Ricciardi&Mannajuolo sia nel cuore del quartiere di Chiaia. Le loro produzioni anticiparono di poco la fascistizzazione della città2, operazione sociale dalla quale venne riordinato l’uso della Foresteria Borbonica a piazza Plebiscito. Nell’ingaggio dei nuovi poteri prefettizzi3 negli anni del Risorgimento economico del 1904 e dell’Alto Commissariato Fascista classe 19254 condotto in dieci anni da Michele Castelli, che ne ampliò il centro inglobando i Casali di San Pietro a Patierno, Barra, Ponticelli e San Giovani a Teduccio5 ed ancora, il Comprensorio 167 di Secondigliano, sul quale sorgeranno anche il complesso residenziale meglio noto come il Monte Rosa le Vele di Scampia, Chiaiano, Soccavo, Pianura e la piccola isola di Nisida di fronte al quartiere di Bagnoli6 ed i complessi residenziali Duca d'Aosta e Miraglia, opera dell'IACP, mentre sono del Piano napoletano INA-Casa le case popolari sulla cinta del cratere di Agnano e La Loggetta a Fuorigrotta ed il rione Santa Caterina alla Concordia dei Quartieri Spagnoli. Nell’ottica del regime, alle opere pubbliche veniva spesso associata la funzione di calmiere per il popolo, al quale si voleva anche dimostrare il fatto concreto e materiale dell’azione dello Stato, oltre all’impatto sulla disoccupazione spesso colmata nei periodi di crisi, fatto per cui coi fondi del Fascio7 nel 1940 sorse la Mostra d'Oltremare e quindici anno dopo, le prime forme dell’architettura del Risanamento di classe. Pur tuttavia nell’abitato della città, salvo rare eccezioni, non sono stati apportati significativi benefici8 ed il programma urbanistico di Carlo di Borbone non è stato affatto modificato all’interno della città consolidata9.

Spazio note

(1) Piazza Borsa e Piazza Nicola Amore di Giancarlo Alisio in: Aspetti della Cultura architettonica dell'800 a Napoli. Il risanamento e l'ampliamento della città in Rivista di Architettura, Cronache e Storia, numero 255, 948137 rivista mensile direttore Bruno Zevi Anno XXII n° 9 gennaio 1977 BNN SEZ NAP MISC. VI C 3/13 I quartieri bassi di Napoli dietro il risanamento progetto di Ludovico Fusco, F. Domenico Moccia, Salvatore Polito Litografie artistiche napoletane presso la L.N.n di Napoli febbraio 1984 BNN SEZ NAP MISC. C VII 3/33
(2) Renzo De Felice Breve Storia del Fascismo, Modadori, Milano 2002, pagina 42
(3) A Napoli non vi è mai stata dopo l’avvento del Novecento una vera e propria lotta politica, basata cioè su movimenti di massa ispirati; questo in un qualche modo ha permesso il perdurare di un clima di quiete socio-politico, al di là del quale, visse il trasformismo locale, consentendo così alle classi dirigenti liberali di poter sopravvivere agli anni del fascismo della prima ora. Alla volta della rinascita popolare dei quartieri e della città intera, i gruppi di potere seppero a loro volta cavalcare sia il liberalismo, sia il fascismo. Paolo Varvaro Una città fascista. Potere e Società a Napoli, Sellerio Napoli 1990. Vedasi anche: Alfio Signorelli Origini del fascismo e del comunismo a Napoli Istituto Gramsci Editore, Bologna 1972. Anna Granato, Il Fascismo a Napoli 1926-1937 Tempi Moderni, Napoli 1981
(4) Il 15 agosto del 1925 con Regio Decreto numero 1636, re Vitorio Emanuele III istituiva per la città di Napoli e Provincia l’Alto Commissariato volto a favorire un miglioramento delle condizioni economiche e sociali della città escluse quelle attinenti all’Amministrazione delle Carceri, della Guerra, della Marina, dell’Aviazione e delle Finanze. R.D 15.8.1925 1636 ASNa fondo Gabinetto di Prefettura II versamento busta 782
(5) Regio Decreto del 15 Novembre 1925
(6) Regio decreto del 3 giugno 1926
(7) Lettera di Mussolini a Michele Castelli del 14 luglio 1927, AC S, Fondo Michele Castelli busta 13
(8) Centro storico, Marina e Quartieri Spagnoli : progetti e ipotesi di ristrutturazione della Napoli storica : 1860-1937 / Fabio Mangone. – Napoli : Grimani & C., 2010. – 190 p. : ill. ; 23 x 25 cm
(9) *Architettura e urbanistica / a cura di Giancarlo Alisio. – [Napoli] : Electa Napoli, [1997]. – 189 p. : ill. ; 28 cm. Codice SBN VEA0099104 pag.13 BNN sez. Nap. settimo B 372