Palazzo del Panormita a via Nilo Napoli

E’ uno dei palazzi di Napoli1, agganciato al Palazzo dei Carafa di Montorio ed al Palazzo di Ludovico di Bux, compartito con calco architettonico tutto in piperno battuto, mosso da cornicioni e fasce verticali.
Fu fatto costruire sulla pendenza di via Nilo, nell’omonima zona, da Antonio Beccadelli altrimenti detto il Panormita perchè nato a Palermo nel 1394, poi passato alla storia come l’autore di sonetti epici a carattere erotico molto forti e quindi meglio noto come Antonio Beccadelli l’Ermafrodita dalla sua più celebre delle opere, l’Hermaphroditus.

Questo palazzo come la Cappella di San Severo ed il palazzo Spinelli di Laurino a via Tribunali presenta la conformità architettonica voluta dal proprietario medesimo.

Tuttavia, Pane ritiene che l’esecutore del progetto dovesse esser di Filippo Adinolfi intervenuto a completare la costruzione del palazzo interrotta alla morte del suo committente nonché principale architetto appunto il Beccadelli morto nel 1471.


Storia e minima presentazione di palazzo del Panormita. 

Il palazzo è anche conosciuto come il palazzo Mormando, appellativo datogli per aver sposato la figlia dell’architetto Giovan Donadio Mormando.

  • Per quanto riguarda il fatto che questo palazzo è anche noto come il Palazzo Palma a via Nilo, lo si deve, afferma Italo Ferraro a Nicolò Bologna duca di Palma poi erede dei Beccadelli e non piuttosto come fin d’ora creduto in riferimento a Giovan Francesco di Palma. L’impaginato della facciata medesima è l’elementare risultato di una ripetizione per circa sei volte di un modulo pensato per un edificio di quattro piani; al piano terra sul basamento lo zoccolo in piperno grigio vesuviano assorbe la pendenza della via Nilo su cui affaccia, con finestra e cornice quadrata; sul cornicione del basamento s’apre una teoria di finestre tutte ad arco su pilastrini con capitelli; altre finestre a cornice rettangolare e fregi distanziati tra loro, corrono in teoria anch’esse al secondo basamento del primo piano dell’edificio che passa per il portale del palazzo, il quale, è ben visibile, interrompe e il primo basamento e il primo ordine. Sul terzo cornicione che è il più complesso, sporgente, poggia un quarto ordine di finestre ad arco ma senza piedritti e volutamente più scarno e quasi senza cornicione. Entro ogni quadro dell’intelaiatura, la cornice della finestra è in risalto sul parametro di opere reticolari e filari in laterizi. All’interno del cortile il vestibolo è opera tipica mormandea, mentre il vestibolo corrispondente all’esterno venne sostituito da lavori di ammodernamento promossi dal nuovo proprietario Giacomo Capece Galeota, acquistato da quest’ultimo nel 1619. Giacomo Capece Galeota è stato un reggente del Tribunale della Vicaria e prima di lui questo palazzo, ormai alienato dalle proprietà Bologna, venne affidato al marchese del Lauro, poi solo nel 1624 tornerà alla famiglia Bologna grazie all’acquisto dell’immobile da parte di Cesare dei Bologna. Al Galeota si deve la sistemazione di certi ambienti del palazzo e della pagliera che affacciava su via Nilo. Di questo palazzo aggiungono gli studiosi di architettura moderna e formale, l’evocazione di tecniche antiche sono il rispetto di invenzioni formali. Roberto Pane ricorda e scrive di non peccar troppo di fantasia nel credere che la muratura di questo palazzo di cui non si conosce altra copia nel Rinascimento italiano saldatosi a Napoli, suggerisce di come il suo primo autore, l’ermafrodita, avesse desiderato di veder ripetuto nella sua casa fasti e grandezze dell’antica Roma. Nella seconda metà dell’Ottocento venne alzato il quarto piano e nei primi anni del ‘900 Giovanni Della Rocca da ordine di restaurare il palazzo che in un qualche modo gli appartiene e lo intonacare coprendo l’opera reticolare ed i cornicioni cinquecenteschi.


Spazio note

(1) Estratto da: *[1]: Centro antico / Italo Ferraro. - Napoli : Clean, 2002. - LXX, 599 p. : ill. ; 31 cm. ISBN 8884970822 Comprende Napoli : atlante della città storica