Catacombe di San Severo a Napoli

Catacomba di San Severo1 a Napoli1bis, ”crypta extra portam civitatis”, alle pendici della collina di Capodimonte, più propriamente ricadente nella zona dei Vergini, è il cubicolo di San Severo, appartenente ad un sistema di ambulacri e caverne di antichissima estrazione archeologica compresa nel circuito del sottosuolo di Napoli.

Più specificamente è posta sotto il fondo del piano di posa della chiesa e del convento nell’omonimo comparto urbano detto anche, San Severo Fuori le Mura.

Unitamente alle catacombe di San Gennaro e San Gaudioso, limitatamente al Rione Sanità, costituisce il nucleo primitivo della massa emersa in superficie e che oggi si ammira secondo la veste accordata dalle successive rifondazioni cinque e secentesche.

La bibliografia antica e recente, le dimostrazioni dei dati raccolti sul posto dalle indagini universitarie, la lettura più critica del rilievo agli esami e soprattutto i confronti della massa di informazioni estratte dalle altre indagini effettuate sugli scoprimenti degli ipogei di Via Cristallini, al vico Traetto e a Santa Maria Antesaecula dimostrerebbero le ipotesi che vorrebbero appunto, il complesso di San Severo, molto più riccamente stratificato, correttamente rappresentato nella sua forma urbana.
----------------------------------------------------------------------------------------------
Storia e breve presentazione della catacomba di San Severo fuori le Mura.

La conclusione verosimile è che il sepolcro vero e proprio, gentilizio, appartenuto al vescovo Severo, sia stato inizialmente solo una cavità trattata al pari di tutte le cavità del comparto, avvolto però da un’aurea di leggendario splendore avviato dagli adepti del vescovo dopo la sua morte, alimentato dopo la traslazione del suo corpo, e sul posto poi la costruzione di una chiesa ed un convento più e più volte rimaneggiati.

  • È stata sede della prima sepoltura del vescovo di Napoli, Severo, 364-410 d.C., poi fatto spostare a San Giorgio ai Mannesi, contro le agiografie saveriane che invece lo vorrebbero sepolto a Sant’Eframo Vecchio. Sono cavità terragne, un insieme multiplo di celle tricore ed ambulacri, opera ultima dell’attività estrattiva dei coloni greci, che l’hanno scavate nella viva roccia, con molta perizia di scalpello, per l’estrazione del tufo, la pietra dolce napoletana. Il materiale estratto da queste cavità è la sostanza usata maggiormente nella costruzione di moltissime case e chiese di Napoli, poiché fortemente resistente, facilmente lavorabile e discretamente impermeabile; presenta anche il vantaggio di una consistenza di media tenacità alle forme2. Abbandonate dai Greci, le catacombe furono recuperate ad uso di ipogeo dal sopraggiungere dei Romani, ed infine, vennero insediate dai Cristiani come luogo di ritrovo, di preghiera, di rifugio contro le persecuzioni , il riparo dal danno e dall’errore delle eresie ariane e di sepoltura degli adepti della nuova religione. Ed è qui, che, stante al racconto di Gennaro Aspreno Galante, all’inizio del secondo decennio del Quinto secolo, Severo si sarebbe fatto scavare il cubicolo per se stesso. Questo, interamente scavato nel tufo, col piano di posa sottoposto a meno di un metro dall’attuale pavimento della chiesa, va a distendersi fin sotto il lato occidentale del transetto della chiesa superiore. Alle catacombe si accede per mezzo di una scala sistemata sulla volta sfondata di una tricora all’altezza della terza cappella di sinistra della chiesa superiore. La diversa destinazione d’uso degli ambienti ipogeici e talvolta anche la ri-modellazione delle componenti strutturali non hanno affatto alterato la primitività dello scavo, che in sé è rimasto legato alla roccia. Per quanto riguarda la catacomba di San Severo è da notare, che, la modestissima estensione dell’area riportata alla luce corrisponde in superficie al pavimento della chiesa. La catacomba slargata ha formato un cubicolo sul fondo del quale trovano posto tre arcosoli. e più volte rimaneggiati.
---------------------------------------------------------------------------------------

Spazio note

(1) Estratto in massima parte da: Dipartimento di configurazione ed attuazione dell'architettura dell'Universtià degli Studi di Napoli "Federico II". Osservatorio permanenete per il monitoraggio dei complessi conventuali campani. Riabitare i conventi. Il complesso conventuale di San Severo alla Sanità in Napoli. Parametri per la valutazione della vulnerabilità indotta dall'impatto abitativo nei complessi conventuali napoletani. a cura di Claudio Grimellini, la stratificazione storico-strutturale del complesso architettonico è a cura di Ilia Delizia e Maddalena Vigo. Napoli CLEAN 2000 BNN SEZ NAP B 1647
(2) Il tufo giallo napoletano è anche detto anche cotico, ovvero sia la piroclastite litoide a matrice prevalentemente cineritica, ricca di pomici e di frammenti litici. Baldi A. Napoli Geologica, Napoli 1998, pagina 94