Direttrice di penetrazione costiera a Napoli

Nel Settecento, durante il regno indipendente, per la messa a fuoco dell’asse di adduzione costiero, relativamente all’area orientale di Napoli1 si pensò di abbattere le mura cittadine nell’intenzione di congiungere Via Nuova Marina con l’antica via del Piliero2.

Ma più sommariamente, il nuovo fuoco visivo della città capitale, e cioè l’area compresa tra l’Albergo dei Poveri di piazza Carlo III ed il Forte di Vigliena ormai scomparso ai Granili a San Giovanni a Teduccio, avrebbe previsto la costruzione di sempre nuovi immobili ad uso pubblico tutt’attorno al sistema degli ingressi ufficiali alla città, a partire dal Ponte della Maddalenaed il Serraglio del Sanfelice3, testimonianza visibile e tangibile della tensione di un sistema urbano atto ad appropriarsi adeguatamente di spazi appena conquistati.

Le mura non vennero ancora abbattute del tutto, nonostante ciò all’area venne conferito un ruolo urbanistico di primissimo livello tenuto conto anche del fatto che tutta quanta la costa venne considerata l’accesso urbano alla città per eccellenza.

Le paludi napoletane che fino a quel momento segnarono il confine tra due diversi mondi, vennero ripensate in un ruolo contestuale assolutamente ribaltato, iniziandosi a delineare con chiarezza, durante tutti i trent’anni di Governo austriaco, nuove opportunità di sbocco edilizio4 proprio su questi terreni accidentati, stagnati dalle acque piovane, comprese tra l’antico Castello del Carmine, via Marinella, al di là del Ponte della Maddalena verso Portici non oltre il confine di San Giovanni a Teduccio e l’area più interna nei pressi di Sant’Erasmo, fino alla sontuosa villa di Poggioreale.

 E costruendo, quindi si focalizzarono nuove direttici di penetrazione impresse sul territorio col proposito di fissare i nuovi accessi alla città, negati alle prossimità di quelle strutture che mantennero ancora vivo e attivo il sistema dei Borghi.

Si ottenne perciò, dunque, un primo saggio di quella che poi sarebbe diventata la nuova strada alberata di via Marinella, dotata di un doppio filare di salici, lastricata per parecchi metri alla maniera di come quasi un secolo prima il vicerè Medinacoeli sistemò parzialmente a verde tutta l’area di Chiaia esposta sul Golfo e che poi sarebbe diventata durante tutto l’Ottocento la Villa Comunale.


Ed è proprio nell’Ottocento che si vedranno realizzate la sistemazione alberata dell’Arenaccia, e della via dei Fossi, il prolungamento anche se primitivo di quest’ultima strada con Porta Capuana e Via Foria nell’ultimo tratto agganciato dal Borgo Sant’Antonio Abate.

Tutta roba già descritta minuziosamente nel bel progetto da pazzi dell’architetto Vincenzo Ruffo5(6) e nello specificare la tensione delle paludi o più precisamente una parte di esse, alla fine non resterà che la sola prammatica datata 6 gennaio 1779, con la quale, la città verrà divisa in dodici quartieri e all’interno di essa verrà definitivamente inglobata anche la Strada Regia per la Calabrie, il cosiddetto Miglio d’Oro, la versione cioè, borbonica di via Angelo Camillo De Meis e Via Argine a Ponticelli.

Il Miglio d’Oro, a quell’epoca indicato solo come Strada delle Calabrie, ottenne la risoluzione di principale linea di decompressione della densità metropolitana della città e al tempo stesso oltre a restauro della stessa linea di costa fino a Torre Annunziata, collegò in maniera adeguata il Palazzo Reale col fronte aperto su Piazza del Plebiscito con la Reggia di Portici. Già visibile nella veduta del duca di Noja, stagliata rigorosamente sulla collina verde dei Miradaois e l’area dei Miracoli ad ovest e con l’immobile fissato nella selva boschiva dei Ponti Rossi ad oriente con a chiesa di Sant’Eframo Vecchio, segna un evidente dinamismo tangenziale espresso soprattutto dalla facciata, l’esigenza dello spazio interno funzionalmente assorbito, capace in questo senso si spingere nella direzione opposta alle colline di Napoli.
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Spazio note

(1) Elementi primari ed originari della zona orientale di Napoli. B/ Invenzione di un paesaggio Lidia Savarese in: Un’alternativa urbana per Napoli. L’area orientale Analisi del Territorio e architettura collana diretta da Giancarlo Alisio Edizioni scientifiche italiane giugno 1983 Portici BNN SEZ NAP VII B 502
(2) Vincenzo D’Auria Dalla Darsena all’Immacolatella, in Napoli Nobilissima, vol. I 1892 pag. 157; A. Colombo, Il Porto e gli Arsenali di Napoli in Napoli Nobilissima, vol. III 1894 pagg 142-143
(3) G. Aprato Il Serraglio del Sanfelice al Ponte della Maddalena, in Napoli Nobilissima, vol III 1964, pagg 237-246
(4) Nel 1717 re Carlo di Borbone, il Sovrano illuminato, concesse di edificare a beneficio della regia corte sul territorio senza pagarne profitto, esclusa solo l’area tutt’attorno ai castelli di Sant’Elmo, del Castello di Sant’Erasmo e a tutti gli altri regi presidi. Varius Dominicus Alfenus Pragmaticae, edicta, decreta regia eque sanctiones regni neapolitani, Napoli 1772, vol. I, pag. 315
(5) Nei primi anni del ‘700 in questa zona venne costruito il forte di Vigliena, poi distrutto nel 1799. G. Abatino, Il forte di Vigliena in Napoli Nobilissima, vol III 1899, pagina 150-154; 168-171
(6) Giustiniano Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, ivi 1803, tomo VI, pagina 260