Villa Giulia a Barra Napoli

E' una villa nel quartiere orientale di Barra a Napoli1, eretta nell'antica masseria della Pietrabianca2 , inclusa oggi nel territorio vesuviano del Miglio d'Oro, alle pendici del Vesuvio.

Approfonditi studi archivistici e demoetnoantropologici hanno affidato alla mano di Luigi Vanvitelli e a quella del figlio Carlo e di Francesco Collecini il piantato della facciata completa di annotazioni e l'atrio antistante il manufatto eretto nella seconda metà del Settecento.


Ereditata nel 1866 da Giulia Cattaneo sposa del duca di Monteleone Diego Pignatelli Aragona Cortes  le fu relegato definitivo impianto e denominazione di villa Giulia. Fu poi ceduta poi al nipote Diego de Gregorio, principe di Sant'Elia.
Aperto sulla strada regia al di qua di un ampio emiciclo, l'edificio è stato realizzato nella sua prima fondazione per mano dell'architetto Luca Vecchione3, regio ingegnere provveditore di molte opere in stucco al Palazzo Sannicandro alla Stella e della chiesa di San Carlo all'Arena a Via Foria, altrettanto già in parte impegnato in rimaneggiamenti significativi della Villa Bisignano4, in favore di Domenico Cattaneo principe di Sannicandro, ajo di Ferdinando IV di Borbone.
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Storia e breve presentazione di Villa Giulia.

La facciata è conclusa da un'elegantissima balaustra mossa da un fregio centrale ed uno stemma si apre su tre ordini,

  • basamento alto zoccolo a bugnato piatto,
  • primo piano con un teoria di balconi e finestre sormontati da timpani triangolari ed incorniciati da nicchie alla maniera rinascimentale pieno Settecento napoletano.
  • Il secondo piano del Palazzo diversamente è caratterizzato da finestre a ridotte dimensioni rettangolari, il tutto delineato da lesene giganti doppie capaci di accentuare l'assialità e la simmetria dell'edificio. 

Al Vanvitelli attribuite le coppie di paraste disegnate nel progetto da Collecini spiccate al di sopra del bugnato in simmetria con due portali di gusto Barocco.

  • Al primo piano nell'arretramento dei balconi, all'interno di arconi a sesto ribassato e lì dove attualmente s'esibisce l'Arma di famiglia un tempo il Vanvitelli c'ebbe pensato di far installare un orologio. I figli Carlo e Pietro rileveranno la pianta della piazza con la tavoletta pretoriana. Il disegno dell'esedra, in realtà creduto fuori moda per la Villa Reale, è andato perduto, ma dalle incisioni acquarellate di Carlo Vanvitelli, in deposito presso gli Archivi del Comune di Napoli,5 si evidenzia il motivo costruttivo e decorativo dato da blocchi murari alternati a cancelli di ferro, costituiti da colonne e paraste listate orizzontalmente, nicchia centrale ed una statua, chiuso al di sopra con cornice ed elementi plastici decorativi quali i globi lapidei, i vasi ed un'urna centrale. Ma le opere poste in essere dagli specialisti vanvitelliani procedono a rilento per ragioni primariamente di salute di Luigi impossibilitato a comandare il gruppo fisicamente non presente sul posto ed in secondo luogo per delle difficili comprensioni intercorse nei periodi di convalescenza del maestro Vanvitelli e di suo figlio Carlo rimasto sul posto a tradurre in pratica i suggerimenti dettatigli dal padre allettato. Al quale non mancheranno, va aggiunto di dire, i continui solleciti del principe sull'esito dei lavori a tutto l'anno del 1761. I problemi di salute del Vanvitelli non sono affatto rimessi allorché ai lavori proceduti sulla facciata del Palazzo s'affianca la collaborazione di Marcello Fonton, pur tuttavia non riuscendosi a risolvere la moda tutta napoletana di imbrogliarsi su insignificanti particolari resi enormi che l'austriaco Vanvitelli non capisce e se ne rammarica col figlio che spedisce sul posto nonostante si fosse ammalato pure lui. In quello stesso anno si concludono i lavori felicemente al ritorno in cantiere del Vanvitelli, il quale con piena soddisfazione dei committenti riesce a vincere le resistenza del capomastro e della moda di realizzare primi i balconi onde metter subito in affitto i locali e dopo badare alla scenografia della facciata; risolse pure un po' di quei pasticci combinati sul piazzale antistante il Palazzo durante la sua assenza.
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L'amabile giardino di delizie di Villa Giulia.

I giardini della villa De Gregorio mostrano il tracciato di un vasto parco attraversato da viali allestiti di:
  • Camelie,
  • Yucca
  • e Cactus,
  • essenze arboree ed elementi decorativi sopraggiunti dal suo impianto originario, incrociati in atto di formare un invito alla sosta sui sedili di marmo e spalliere in piperno traforato sui quali poggiano amorevoli busti di terracotta.

Un'elegante balaustra in marmo e piperno centralizzata da un vasca a fondo in lastra vesuviana, colma d'acqua per il giogo delle ninfee, separa lo spazio dei giardini ad un boschetto di Lecci.

Negli ambienti attigui al giardino nel 1746:

  • Tommaso Alfano abbellisce finestre e sovrapporte,
  • Luca Vecchione tre anni più tardi provvede a realizzare un nuovo altare marmoreo per la Cappella del casino
  • e nel 1767, Crescenzo La Gamba attivo decoratore delle Ville vesuviane del Miglio d'Oro, organizza la decorazione della Galleria.
  • L'anno successivo da Massa Carrara giungono per la villa due statue di marmo.
  • Nel 1777 Antonio Nicola Alfano decora il giardino delle delizie come verrà d'allora in poi denominato e gli ambienti dei gabinetti;
  • nel 1886 ancora altri rimaneggiamenti secondo il gusto di quell'epoca realizzati per mano di Nicola Breglia per volere della duchessa Giulia Cattaneo Pignatelli, dama di corte di casa Savoia.
  • Sopraggiunte in perfezione le decorazioni tardo ottocentesche di Ignazio Perricci e Salvatore Cepparulo oltre ad un moderno pergolato in ferro per le passeggiate all'ombra, la serra in ghisa ed i banani.
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Spazio note

(1) [Liberamente estratto da: Università degli Studi di Napoli “Federico II “ anno accademico 2006-2007 Dottorato di Ricerca in Storia dell’Architettura e della Città XVIII ciclo Coordinatore: Ch.mo prof. Arch. Francesco Starace. Nella discussione si è fatto riferimento ai seguenti elementi bibliografici: G. FIENGO, Gioffredo e Vanvitelli nei palazzi dei Casacalenda, Napoli 1976. N. SPINOSA, Affreschi nelle Ville Vesuviane del Settecento, in "Antologia di Belle Arti",n. 1, 1977, p. 97 e segg. . V. FRATICELLI , Napoli, 1993 AA. VV., Napoli 1804 - I Siti Reali , la città, i Casali nelle piante di Luigi Marchese, Napoli, 1990. F. STARACE, L’ambiente europeo ed il giardino inglese della Reggia di Caserta, in AA. VV., “Il disegno di architettura”, Napoli, 1993]
(2) [A. Venditti, Le ville di Barra e di S. Giorgio a Cremano, in AA. VV. Ville Vesuviane del Settecento, Napoli, 1959, p. 53-54 e nota 1, p. 105. Vedi anche M. De Cunzo, Le ville vesuviane, in AA.VV. , Civiltà del Settecento a Napoli, Firenze, 1979/80, vol. II, p. 90.]
(3) [ R. Mormone, Documenti per la storia dell'architettura napoletana del '700, in "Nap. Nob. ", N. S. , vol. III (1963), p. 123, vedasi anche: A.S.B.N. Banco dello Spirito Santo Ivi, p. 124 alla voce Luca Vecchione ( regio ingegnere): 1749 – Per la Cappella del Casini si veda: Arch. not. Napoli; scheda Nicola Servillo, 1749, p. 91.]
(4) [V. Rizzo, Un archivio di delizie, in " Quaderni vesuviani", n. 6/7, 1986, p. 28]
(5) [Archivio Storico del Comune di Napoli, cart. X, n. 181, (dis. a penna acquerellato, firmato C.V., misure cm. 100 x 61)]